Il Piano ministeriale per quest’anno aveva a disposizione 1,84 miliardi di euro. Per l’anno prossimo, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha chiesto che la legge di bilancio stanzi 2,5 miliardi
La Finanziaria 2025 potrebbe portare in dote 2,5 miliardi di euro per affrontare il dissesto idrogeologico e alcuni impatti degli eventi estremi. È la richiesta avanzata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase). Lo ha reso noto il titolare del ministero, Gilberto Pichetto, durante un question time alla Camera il 25 settembre.
Il Mase chiede 2,5 miliardi per il rischio idrogeologico nel 2025
“La rilevanza del tema e la necessità di garantire una corretta programmazione degli interventi hanno portato il Ministero a richiedere, per la prossima legge di bilancio, una dotazione di 2,5 miliardi di euro per l’attuazione dei programmi triennali delle Autorità di bacino”, ha spiegato il ministro.
Queste risorse sono da sommare a quelle già previste da altri canali e iscritte a bilancio, ha specificato Pichetto, citando le “risorse della nuova programmazione degli FSC”, il Fondo Sviluppo e Coesione europeo “con accordi di programma con le singole regioni”.
Risorse dissesto, possibile aumento del 35% rispetto al 2024
Le risorse mobilitate per il 2024 ammontavano invece a 1,84 miliardi di euro, ha continuato Pichetto. Si tratta dei fondi resi disponibili con il “Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico 2024”, lo strumento con cui ogni anno il ministero distribuisce le risorse tra enti locali e autorità competenti, ovvero regioni e autorità di bacino.
Il titolare del Mase rispondeva all’interrogazione della deputata del M5S Ilaria Fontana, che aveva accusato il governo di aver “disatteso tutti gli impegni presi nei confronti dei cittadini a partire dall’alluvione del 2023”, quando era stato annunciato “un piano di sicurezza su tutto il nostro territorio nazionale”.
Pichetto: “Serve nuovo approccio”
Il ministro ha poi concesso che serve un approccio nuovo al dissesto idrogeologico. Finora, la formulazione del Piano avviene con la raccolta, regione per regione, delle esigenze avanzate dai territori. I bisogni vengono poi verificati con un passaggio presso le Autorità di bacino distrettuale che hanno competenza territoriale e valutano la coerenza dei fondi con i piani di assetto idrogeologico e quelli per la gestione del rischio alluvioni.
Con l’aumento di frequenza e intensità di eventi come l’alluvione in Emilia-Romagna di metà settembre – il 3° evento del genere in 16 mesi – il titolare del Mase sostiene che sta emergendo “l’esigenza di un approccio nuovo che consenta interventi più solleciti per l’emergenza dissesto”.
La stessa ragione sta portando il governo a obbligare le assicurazioni a rifondere immediatamente il 30% dei danni causati a beni assicurati da rischi catastrofali, nel provvedimento che definisce l’obbligo dal 1° gennaio 2025 per tutte le imprese di assicurarsi contro alcuni tipi di eventi estremi.
Dissesto idrogeologico, i numeri del rischio in Italia
D’altronde, l’Italia ha un territorio particolarmente esposto al rischio che deriva dal dissesto idrogeologico. Secondo l’ultima relazione dei commissari del governo per il contrasto del dissesto idrogeologico, aggiornata al 31 dicembre 2022, questa è la fotografia del rischio idrogeologico in Italia:
- il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è interessato dal rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera;
- 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane;
- 6,8 milioni di abitanti sono a rischio alluvioni;
- le famiglie a rischio sono quasi 548.000 per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni;
- su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 565.000 (3,9%);
- gli edifici che si trovano in aree inondabili nello scenario di media pericolosità sono oltre 1,5 milioni (10,7%).
Dati che sono riportati anche nel Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (Pnacc) approvato dal Mase con il decreto 434 del 21 dicembre 2023. Il Pnacc consiste però soltanto in una lunga lista di azioni possibili per la prevenzione e il miglioramento della resilienza, da selezionare a seconda del contesto e del tipo di rischio. Il Piano non prevede alcuna risorsa propria né dà una forma di coordinamento a livello nazionale per stabilire le priorità di adattamento.