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Progetto RETURN, i batteri “buoni” bonificano i terreni inquinati

Il progetto RETURN usa i batteri “buoni” per risanare in modo naturale un ex-sito minerario in Sardegna. L’obiettivo è la rigenerazione ambientale di un’area gravemente inquinata dai metalli pesanti ricorrendo a soluzioni sostenibili

Progetto RETURN, i batteri “buoni” bonificano i terreni inquinati
Panoramica del sito minerario di Ingurtosu, Mediocampidano. Nella parte centrale della foto è visibile il campo sperimentale oggetto dei trattamenti (foto ENEA)

Il risanamento naturale di un ex-sito minerario in Sardegna

Il progetto RETURN promette una rivoluzione ambientale a base di batteri “buoni”. Questa iniziativa nazionale finanziata dal PNRR coinvolge l’ENEA e altri 26 partner tra università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche e private.

L’obiettivo di RETURN (multi-Risk sciEnce for resilienT communities under a changiNg climate) è decisamente ambizioso: oltre a rafforzare la ricerca sui rischi ambientali, naturali e antropici, il progetto intende anche promuovere la rigenerazione dell’ambiente grazie a soluzioni sostenibili.

Bonifica naturale con i batteri

L’ENEA, in particolare, sta sperimentando un processo di bonifica naturale all’interno del Parco Geominerario storico e ambientale patrocinato dall’UNESCO.

Nell’ambito dell’area tematica “Degrado ambientale”, lo studio dell’ENEA ha per oggetto lo sfruttamento della collaborazione tra piante spontanee e batteri nativi dell’ex-sito minerario di Ingurtosu che si trova nel sud-ovest della Sardegna.

Le attività di estrazione mineraria hanno causato un grave degrado ambientale in quest’area, esposta all’inquinamento da metalli pesanti come piombo e zinco.

Gli impatti della filiera estrattiva

Recuperare i siti minerari è una grande sfida perché si tratta di ridurre gli impatti ambientali, sociali, economici e sanitari della filiera estrattiva.

Per raggiungere questo obiettivo, l’uso di tecnologie e metodologie ad alto impatto deve lasciare il posto a tecnologie alternative più sostenibili in un’ottica di circolarità.

Spiega Chiara Alisi del Laboratorio Tecnologie per la Salvaguardia del Patrimonio Architettonico e Culturale, che l’ENEA aveva iniziato dal 2011 a collaborare con il dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari per «studiare i cambiamenti della quantità dei metalli pesanti in relazione alla presenza di piante spontanee e all’attività microbica del suolo, testando anche tecniche di fitorisanamento con microrganismi.

Ora stiamo recuperando l’area inquinata sostenendo la crescita di piante di Elicriso, tipiche della zona».

La bioaugmentation

Il cuore del progetto RETURN è la bioaugmentation. Questo processo consiste nell’introduzione di ceppi microbici, in questo caso isolati dagli scarti di miniera, per favorire la degradazione/trasformazione di elementi inquinanti.

Nello specifico, gli studiosi introducono nel suolo 11 ceppi batterici nativi isolati direttamente dagli scarti minerari.

Questi microrganismi riescono a sopravvivere in ambienti ad alta concentrazione di metalli pesanti. Inoltre, producono sostanze che stimolano la crescita delle piante, migliorano la biodiversità microbica e la qualità del suolo, e contribuiscono alla stabilizzazione del terreno.

I batteri favoriscono la rigenerazione del terreno

«I batteri non possono degradare i metalli pesanti, ma possono contribuire a immobilizzarli e a favorire la rigenerazione del terreno. Le piante, infatti, stentano a crescere in un suolo contaminato. Qui entrano in gioco i batteri, che producono sostanze nutritive permettendo alle piante di attecchire.

I risultati ottenuti ci incoraggiano a sviluppare un modello sostenibile e replicabile, con benefici in termini di riduzione della concentrazione e della pericolosità dei metalli, aumento della vegetazione spontanea e miglioramento della salute del suolo».

Gli obiettivi di RETURN

Il progetto RETURN persegue diversi obiettivi, tutti rivolti alla salute dell’ecosistema. Dal migliorare la comprensione dei rischi ambientali, naturali e antropici, nonché la loro interrelazione con gli effetti dei cambiamenti climatici ad ottimizzare la previsione dei rischi e le metodologie per la prevenzione, l’adattamento e la mitigazione. L’iniziativa si propone anche di: sviluppare nuove metodologie e tecnologie per il monitoraggio; promuovere un uso più efficiente e sostenibile di dati, prodotti e servizi; rafforzare il ponte tra la ricerca e i prodotti finali, valorizzando trasversalmente le competenze, il trasferimento tecnologico e l’integrazione dei servizi.

Gli 8 Spoke del progetto

RETURN (multi-Risk sciEnce for resilienT communities under a changiNg climate) consiste in 8 Spoke, ovvero in 8 aree tematiche:

  • acqua
  • instabilità del terreno
  • terremoti e vulcani
  • degrado ambientale
  • insediamenti urbani e metropolitani
  • multi-risk resilience of critical infrastructures
  • comunità resilienti: le dimensioni sociali, economiche, legali e culturali
  • science underpinning climate services for risk mitigation and adaptation.

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