Economia circolare: a che punto sono le imprese italiane?

A che punto sono le imprese italiane nell’economia circolare? Un report di GS1 racconta lo stato dell’arte: la media settoriale ha raggiunto il 53%. Il settore più virtuoso è quello alimentare, seguono casa e cura della persona e retail.

Economia circolare imprese italiane
Foto di Robert Bye su Unsplash

(Rinnovabili.it) – Le imprese italiane stanno costruendo l’economia circolare? L’indagine “Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano” di GS1, in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, condotta in ambito ECR, fa il punto sullo stato dell’arte del mondo del business del bel Paese.

Il report analizza le performance di circolarità di 23 aziende, evidenziando un livello di media di diffusione di pratiche virtuose del 53%, ma molto ancora può essere fatto, rimuovendo una serie di ostacoli che frenano la crescita di questo processo. 

«Abbiamo riscontrato un buon livello medio di circolarità e abbiamo rilevato numerose buone pratiche, di natura materiale e immateriale, messe in atto in ciascuna fase della value chain» ha spiegato Silvia Scalia, ECR Italia e training director di GS1 Italy. «Questo dimostra, da un lato, che le imprese dispongono di un set composito di approcci e di metodi per ottimizzare i loro percorsi verso la circolarità e, dall’altro, che li hanno già integrati all’interno delle proprie organizzazioni per definire strategie e compiere azioni coerenti».

Lo stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano

Il documento elabora le sue conclusioni a partire dai dati aggregati forniti da 23 imprese italiane intervistate sull’applicazione di buone pratiche di economia circolare lungo le fasi del ciclo di vita dei prodotti: approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, utilizzo, fine vita e gestione dei rifiuti. Lo studio è corredato inoltre di 12 schede dedicate all’approfondimento di casi virtuosi in tre ambiti in particolare: alimentari e bevande, cura casa e cura persona, retail. 

I dati sono stati generati dall’utilizzo di Circol-UP, uno strumento elaborato da CS1 Italy per misurare le performance di circolarità e definire opportunità di crescita nei settori produttivi di filiera. 

Il quadro d’insieme risultato dall’analisi è positivo e mostra un impegno strutturale delle imprese italiane a costruire un’economia circolare, ma anche ampi margini di miglioramento. Il livello medio di circolarità è del 53%; il settore incoronato per le sue best pratices è quello di alimentari e bevande, che con il suo 61% contribuisce all’innalzamento della media generale; segue quello della cura della casa e della persona che arriva al 48% e, al terzo posto, si colloca il retail con il 45% di media di circolarità. 

Analisi settoriale dell’economia circolare nelle imprese italiane

Per quanto riguarda l’economia circolare nelle imprese italiane che si occupano di alimentari e bevande, il documento illustra i casi virtuosi del packaging riutilizzabile di Nutella e di quello circolare di Parmalat, lo sforzo di efficientamento idrico dei processi di produzione di Auricchio e del programma Manufacturing Integrated Lean 6 Sigma di Mondelez. Riportate come esempi virtuosi anche la logistica automatizzata di Bauli e l’app “Dove lo butto” del gruppo Nestlè Italia. 

I casi studio relativi al settore della cura della casa e della persona raccontano invece gli imballaggi circolari di Sutter Industries e le campagne di sensibilizzazione di Procter & Gamble; le storie virtuose nell’ambito del retail sono il trasporto “franco fabbrica” attuato da Conad Logistics e l’eco-valutazione dei fornitori di D.IT; gli strumenti di comunicazione per la sostenibilità di Bennet e la gestione dei rifiuti degli imballaggi di Esselunga. 

L’indagine inoltre riflette sugli ostacoli che impediscono alle imprese italiane uno sprint maggiore verso l’economia circolare, come riportato da Fabio Iraldo, dell’Istituto di Management della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa: «Questo studio ha fatto emergere alcuni gap strutturali, determinati da barriere di sistema che ostacolano l’implementazione di altre buone pratiche nelle aziende, come il trasporto intermodale o la raccolta differenziata di sotto-tipologie di rifiuti da imballaggio. Per questo nel report abbiamo raccolto e dettagliato le cinque condizioni abilitanti che, potenzialmente, potrebbero incidere in maniera significativa sulle performance dei singoli permettendo di generare un cambiamento sociale su larga scala».

I 5 passi per accrescere l’economia circolare per le imprese italiane

Le 5 “condizioni abilitanti” individuate dallo studio rappresentano una serie di passi da compiere per far progredire l’economia circolare per quanto riguarda le aziende del Belpaese:

1) elaborazione di un’agenda comune per rendere gli sforzi trasversali e, grazie a una mappatura di competenze, elaborare un piano strutturale in cui ogni organizzazione riveste un ruolo specifico, definendo chiaramente come condividere dati e informazioni;

2) definizione di un sistema di indicatori standardizzato e condiviso per misurare gli effetti delle pratiche circolari adottate, a partire dagli esiti del percorso di utilizzo di Circol-UP;

3) definizione chiara delle competenze specifiche di ogni organizzazione così da avere chiaro l’ambito di azione; un obiettivo del genere può essere raggiunto – secondo gli autori del documento – attraverso formazioni specifiche su quali sono le competenze chiave per adottare l’economia circolare, mappatura di competenze e networking tra le imprese italiane, anche grazie al contributo di GS1 che gode di un know-how specifico;

4) condivisione delle informazioni, che potrebbe essere facilitata da una digitalizzazione efficace;

5) individuazione di una cabina di regia che costituisca la “spina dorsale” del progetto, seguendone gli sviluppi e applicando una visione alla base del processo.

È possibile consultare e scaricare “Stato dell’arte dell’economia circolare nel largo consumo italiano” gratuitamente sul sito di GS1.

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