Bioplastica dall’agave: Ford ci lavora su con un big della tequila

Dagli scarti dell’agave blu, materia prima per la tequila, saranno realizzati nuovi componenti in plastica per le automobili

Bioplastica dall’agave: Ford ci lavora su con un big della tequila
Bioplastica dall’agave: Ford ci lavora su con un big della tequila

 

(Rinnovabili.it) – Cosa accomuna un noto marchio di tequila a uno dei maggiori produttori di auto esistenti al mondo? La ricerca di un nuovo materiale ecologico che elimini il problema dello smaltimento rifiuti del primo, rispondendo nel contempo alla domanda di materie prime low cost del secondo.

Nasce da questa doppia esigenza infatti l’accordo stretto tra la Ford Motor Company e l’iconico brand Jose Cuervo. La partnership ha un obbiettivo chiaro: studiare come recuperare le fibre della pianta dell’agave, scartate durante la produzione di tequila, e trasformarle in un nuovo tipo di bioplastica.

agave-blu_NG3Ford non è nuova a questo tipo di operazioni. La società sta letteralmente ricostruendo le sue auto con una lunga lista di materiali rinnovabili. Soia, ricino, grano, cellulosa, legno, noce di cocco e riso sono già stati da tempo trasformati in parte di veicoli, testando resistenza e sostenibilità. Ora tocca all’agave blu, o più precisamente ai residui fibrosi scartati durante la produzione del distillato. Le prime valutazioni del progetto, indicano come la nuova bioplastica sia promettente in termini di robustezza, resistenza e qualità estetiche.

 

“L’obiettivo di Ford è quello di ridurre l’impatto ambientale sul settore. Attualmente l’azienda sta sviluppando nuove tecnologie per utilizzare in modo efficiente materiali e fibre organiche che vengono scartate, riducendo contemporaneamente l’uso di prodotti petrolchimici, e alleggerendo in tal modo i nostri veicoli”, spiega Debbie Mielewski, a capo del dipartimento tecnico della azienda.

 

Il processo inizia con il ciclo di crescita dell’agave, che dura almeno sette anni. Una volta raccolta, il cuore della pianta viene cotto a vapore per estrarre il succo. Jose Cuervo utilizza una parte delle fibre rimanenti come fertilizzante per la propria azienda e come materia prima seconda per gli artigiani locali. Se questa fase pilota si rivelerà il successo sperato, le fibre vegetali potrebbero unirsi alla schiuma di soia e agli altri materiali sostenibili  per realizzare cablaggi, vani portaoggetti e alcuni pezzi dei climatizzatori.

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2 Commenti

  1. Ottima idea proseguire su questa strada. Del resto, mi risulta che la Mercedes Benz già dagli anni ’50 utilizzasse fibre di cocco per sedili e tappetini delle proprie auto. Così come per gli edifici, sarebbe opportuno sviluppare, se già non esistono, protocolli di certificazione di sostenibilita delle auto che prendano in considerazione naturalità e riciclabilità dei materiali con i quali sono costruite. Chi condividesse questa idea, può contattarmi all’ indirizzo lodialbe@gmail.com
    Alberto Lodi
    Segretario Chapter Lombardia GBC Italia, 2008-2016

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