I biocarburanti possono davvero sostituire i combustibili fossili?

Se il biofuel vuole davvero sostituire le fonti energetiche più inquinanti, occorre condurre analisi approfondite, in grado di restituire un’immagine realistica del bilancio del carbonio.

Un team di ricerca della CSU ha analizzato i flussi di carbonio nella produzione di biocarburanti

(Rinnovabili.it) – Un nuovo studio condotto da un team interdisciplinare di botanici, ecologi ed ingegneri della Colorado State University ha analizzato quali potrebbero essere i vantaggi climatici derivanti dall’uso di tecnologie avanzate per i biocarburanti.

I biocarburanti e la bioenergia sono parte integrante degli scenari per sostituire i combustibili fossili e produrre emissioni negative attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Tuttavia, la mitigazione dei gas a effetto serra derivante da questi sistemi ha aspetti controversi, dovuti soprattutto ai cambiamenti nell’uso del suolo.

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Per questa ragione, il team di ricerca ha analizzato i flussi di carbonio dei sistemi di biocarburanti e li ha confrontati con quelli delle praterie e delle foreste, scoprendo l’esistenza di specifiche strategie affinché i biofuel possano rappresentare un vantaggio netto in termini di bilancio del carbonio. Lo studio è stato pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences.

I ricercatori hanno utilizzato la modellazione per simulare la coltivazione di panìco verga (un’erba autoctona del Nord America candidata leader per la produzione sostenibile di materiale vegetale) usata per la produzione di biocarburanti cellulosici e la cattura e lo stoccaggio del carbonio, monitorando l’ecosistema e i flussi di carbonio da essa derivanti.

Così facendo, il gruppo ha confrontato questo modello con metodi alternativi per immagazzinare il carbonio nel suolo, inclusa la coltivazione di foreste o prati. Quello che è stato scoperto è che la coltivazione di panico verga per la produzione di etanolo cellulosico ha un potenziale di mitigazione per ettaro paragonabile al rimboschimento e diverse volte maggiore del ripristino dei prati.

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Infatti, come sottolinea John Field, ricercatore presso il Natural Resource Ecology Lab della CSU, “circa la metà del carbonio nel panìco verga che entra nella raffineria diventa un sottoprodotto che sarebbe disponibile per la cattura e lo stoccaggio del carbonio”. Questo significa che l’uso del panìco verga può essere particolarmente utile in quelle zone in cui piantare più alberi non è un’opzione.

Secondo i ricercatori è imperativo assumere una posizione più proattiva sui biocarburanti e sulle altre tecnologie per le emissioni negative, specie in quei paesi “grandi inquinatori” come gli Stati Uniti che vogliono limitare gli impatti del riscaldamento globale. “Se vogliamo raggiungere questo obiettivo, dobbiamo davvero implementare alternative all’uso di combustibili fossili il più rapidamente possibile“, ha concluso Field.

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