Smart CER, il biellese scrive il futuro della comunità energetica rinnovabile

Il 13 dicembre il lancio ufficiale del progetto promosso da Ener.bit con il supporto tecnico-scientifico dell’Energy Center del Politecnico di Torino e di WEC Italia. Interesserà 74 comuni della provincia piemontese coordinati da un unico regista con competenze tecniche e capacità amministrative e finanziarie. Un caso unico nel panorama italiano. Rinnovabili.it ne discute con il professor Sergio Olivero del PoliTO

Comunità energetica rinnovabile: il caso di Smart CER nel biellese
via depositphotos.com

Una comunità energetica rinnovabile che punta molto sull’idroelettrico

(Rinnovabili.it) – Una comunità energetica rinnovabile di area vasta, che metta in rete le risorse del territorio, con al centro un soggetto aggregatore forte e capace di sfruttare al meglio le occasioni del PNRR. Un progetto unico, finora, in Italia, nasce in provincia di Biella, in Piemonte: è Smart CER, promosso da Ener.bit con il supporto tecnico-scientifico dell’Energy Center del Politecnico di Torino e di WEC Italia.

“Il progetto Smart CER intende costruire modelli innovativi di sviluppo territoriale basati sull’energia, configurandosi come Dimostratore di Eccellenza Sovracomunale”, spiegava Paolo Maggia, presidente di Ener.bit, durante la presentazione della CER il 13 dicembre. Innovazione e creazione di valore per il territorio sono i due binari lungo cui si muove la CER biellese. “L’obiettivo strategico di Ener.bit è costruire un modello di business in grado di assicurare a partire dal 2022 un flusso costante di risorse economiche generate dalla governance dell’energia, capaci di creare valore per il territorio e finanziare anche l’operatività dell’Ente”, precisava Alberto Prospero, direttore di Ener.bit.

Abbiamo chiesto di accompagnarci nella scoperta della nuova comunità energetica rinnovabile del biellese a Sergio Olivero, Responsabile Business&Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino.

Prof. Olivero, il progetto prevede una CER pilota e poi la creazione di una rete di comunità energetiche nei 74 comuni dove opera Ener.bit. A che punto è l’esperienza pilota e quali caratteristiche ha?

La stiamo definendo. Dal punto di vista giuridico, sarà ancora aderente ai vecchi limiti dell’art.42bis del Milleproroghe, con stessa cabina secondaria e potenza massima 200 kW. Vogliamo creare una competenza interna. A tendere l’obiettivo è ovviamente il dlgs 199/2001 (che recepisce la direttiva UE RED II, ndr): visto il territorio biellese ci sarà più di una CER e come Politecnico stiamo facendo tutte le simulazioni del caso. In parallelo, Ener.bit sta conducendo una campagna capillare di sensibilizzazione in tutti i comuni coinvolti, oltre al comparto degli industriali di Biella e nelle prossime settimane ci saranno incontri anche con i cittadini.

Quali sono gli aspetti innovativi della Smart CER del biellese?

Quella di Ener.bit è un modello di CER innovativo, è una comunità energetica del territorio (CET): un’entità aggregatrice di comunità energetiche. La logica della CET è che non ha senso moltiplicare per ogni CER l’ufficio tecnico e quello amministrativo. Ha senso invece che le CER siano soggetti giuridici estremamente snelli, con un soggetto che le gestisce. Ener.bit è proprio questo: un regista delle CER su scala territoriale.

Cosa significa “regista”?

La novità del caso biellese è che Ener.bit riunisce competenze tecniche e capacità di aggregazione. Da un lato è una ESCo, dall’altro è un soggetto di diritto privato ma interamente posseduto dai comuni. Può funzionare da subito da catalizzatore del processo di gestione, che è tipicamente l’aspetto che manca. Un esempio unico nel panorama italiano. Nel caso più simile perché di area vasta, cioè il progetto RECOCER che riunisce 15 comuni del Friuli, abbiamo invece un soggetto pubblico che si sta dando un’organizzazione e delle competenze per gestire le CER. Peraltro, la funzione di regista facilita l’accesso ai fondi PNRR.

Il PNRR stanzia 2,2 mld ai comuni sotto i 5.000 abitanti sotto forma di prestiti decennali. In che modo il regista della Smart CER aiuta a sfruttare questi finanziamenti?

Si tratta di definire un piano di rientro del prestito, in 10 anni, con alcune variabili, come il prezzo dell’energia per la parte immessa in rete, l’efficienza della CER nel massimizzare l’autoconsumo. Per farlo serve un’organizzazione con competenze, un ufficio tecnico, un ufficio legale, e anche con autorevolezza sul territorio. Non si può pensare, ad esempio, di dare 1 mln di euro da spendere in 6 mesi a un’organizzazione che deve partire da zero. In questo senso, un soggetto come Ener.bit è una garanzia di capacità di utilizzo dei fondi.

La comunità energetica rinnovabile del biellese punta anche sull’idroelettrico. Quali sono le prospettive?

L’idroelettrico è un po’ il “sogno proibito” delle CER, la fonte perfetta. Che sia a condotta forzata o ad acqua fluente, al netto della variabilità del regime idrico, garantisce più una produzione più costante e anche di notte. Nel biellese si guarda alle concessioni idroelettriche in scadenza e agli impianti costruiti da poco che non hanno accesso agli incentivi. In questo contesto, la CER può diventare un fattore game changer.

Qual è l’impatto complessivo dell’idroelettrico nella Smart CER?

Lo stiamo ancora valutando, tra qualche mese avremo i dati. Valuteremo anche l’idroelettrico da acquedotto, già in sperimentazione nella CER di Rittana (ECOSOM). Guardiamo alla situazione della provincia di Trento, che sta per varare una legge che permette alle concessioni fino a 250 kW che scadono al 31 dicembre 2023 di non andare nuovamente a gara se dimostrano che tutta l’energia è consumata localmente. Ovvero, se entrano in una CER la concessione è rinnovata. Così le CER diventano un modo per mantenere la ricchezza generata dall’idroelettrico a livello territoriale. Trento ha interpretato – a mio giudizio, correttamente – la RED II. L’auspicio è che anche il legislatore nazionale opti per un regime analogo. Darebbe un booster alle CER.

Come dialoga la CER biellese con le altre esperienze italiane?

La Smart CER si candida a diventare un modello replicabile. Credo sarà possibile costruire delle CET come questa in altre parti d’Italia. È poi la logica della rete di collaborazioni che il comune di Magliano Alpi (dove è nata la 1° CER italiana, ndr) sta stringendo con altri comuni (Collesalvetti in Toscana, Montelabbate nelle Marche, Ventotene in Campania, Carrù in Piemonte, Dolceacqua in Liguria, la comunità collinare del Friuli di RECOSOM). In prospettiva dovremmo avere centinaia di comuni in rete, che si scambiano buone pratiche e possono essere pronti a creare dei soggetti gestori simili a Ener.bit. Peraltro, non devono per forza essere territori contigui.

Una sfida importante in questa direzione sarà garantire che le varie piattaforme ICT o IoT per la gestione delle CER siano interoperabili. Noi come Energy Center stiamo lavorando alla definizione di criteri di valutazione delle piattaforme digitali.

A quando una prima valutazione di come sta andando la CER biellese?

Probabilmente entro fine 2022 avremo già qualche indicazione ma i tempi li detta la normativa. I bandi PNRR sono attesi a febbraio ma credo usciranno contestualmente a norme più consolidate per le CER, che sono attese a maggio. Nella seconda metà dell’anno dovremo preparare i progetti esecutivi. (lm)

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