Rinnovabili • consumi caseificio

Riduzione dei consumi e innovazione tecnologica in caseificio: il ruolo della ricerca

Da anni è attiva presso la SAFE dell’Università degli Studi della Basilicata, una intensa linea di ricerca e sviluppo sulle tematiche lattiero casearie, in collaborazione con alcune tra le principali realtà produttive della regione Basilicata e di regioni limitrofe, allo scopo di migliorare il controllo e la gestione dei parametri produttivi attraverso sistemi automatizzati

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via depositphotos.com

di Francesco Genovese

(Rinnovabili.it) – Il settore dei prodotti lattiero caseari, in particolare per mozzarella e fior di latte, è gestito a livello nazionale e internazionale da grandi produttori in grado di lavorare ingenti quantità di latte, con modalità tali da soddisfare la richiesta del mercato di prodotti con qualità e con caratteristiche costanti nel tempo. L’esigenza di mantenere nel tempo le caratteristiche qualitative e sensoriali del prodotto finito dipende dalla stretta correlazione che esiste tra le proprietà del coagulo e dei formaggi rispetto agli standard qualitativi della materia prima utilizzata (il latte) per la produzione, le scelte operative e tecnologiche adottate per la realizzazione del processo di produzione. La materia prima presenta un’elevata variabilità legata all’andamento stagionale e alla tipologia degli allevamenti di provenienza, mentre le scelte operative e tecnologiche dipendono da protocolli di produzione più o meno costanti e dalle decisioni del responsabile di produzione, che sulla base di rilievi e analisi dei campioni prelevati durante la lavorazione, valutati alla luce della propria esperienza, decide tempi e modi per l’esecuzione del processo.

In tali condizioni, mentre le grandi aziende sono favorite dalla dimensione economica del fatturato e dall’esecuzione di attività ricerca e sviluppo interne, volte all’innovazione di prodotto e di processo, la sopravvivenza sul mercato di nuove realtà produttive di dimensioni medio piccole risulta molto difficile se non viene supportato da una forte azione di ricerca e sviluppo. 

Recentemente, inoltre, il costo crescente dell’energia, e le mutate esigenze ambientali, impongono scelte nuove nello smaltimento dei reflui (siero, latticello e acqua di filatura) e nell’uso di energia elettrica e acqua, che vengono utilizzate spesso in modo non ottimizzato in polivalenti, filatrici-formatrici e nelle vasche di maturazione e raffreddamento. 

Infatti, le attrezzature tradizionali di trasformazione per la produzione di formaggi a pasta filata sono dotate di ridottissimi sistemi di monitoraggio e controllo automatico e il controllo dei principali parametri di processo (temperature, portate dei fluidi, etc.) è sostanzialmente affidato all’esperienza del casaro. 

Per tale motivo è attiva, da anni, presso la SAFE dell’Università degli Studi della Basilicata (https://machimplab.wordpress.com/), una intensa linea di ricerca e sviluppo sulle tematiche lattiero casearie, in collaborazione con alcune tra le principali realtà produttive della regione Basilicata e di regioni limitrofe, allo scopo di migliorare il controllo e la gestione dei parametri produttivi attraverso sistemi automatizzati, con la supervisione del tecnico addetto alla produzione, il risparmio e l’ottimizzazione energetica delle macchine utilizzate per la produzione e maturazione della cagliata, la filatura, la formatura, il raffreddamento e la salatura, il recupero e valorizzazione dei sottoprodotti e reflui della produzione. 

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Tini per la raccolta del concentrato di siero, e permeato di siero separati a mezzo di impianti di filtrazione tangenziale, durante le attività sperimentali condotte presso il laboratorio di Impianti tecnologici dell’Università degli Studi della Basilicata

Nell’ambito di alcuni progetti di ricerca, finanziati dal Mipaaft, dalla Regione Basilicata, e nell’ambito dei corsi di dottorato di ricerca attivi presso l’Università, è stato possibile trasferire alle realtà lattiero casearie, di dimensioni medio piccole, alcuni risultati significativi, che si possono così riassumere:

  1. definizione di modelli per l’analisi on-line delle caratteristiche del latte in ingresso all’impianto di produzione, per consentire al “casaro” un monitoraggio in continuo e in tempo reale di tutte le caratteristiche del latte in ingresso e quindi avere un supporto di informazioni tale da poter arrivare a un processo decisionale con la maggiore quantità di informazioni possibile, senza dover attendere i tempi tecnici di un campionamento e di un’analisi nel laboratorio aziendale o addirittura in un laboratorio esterno all’azienda;
  2. monitoraggio dei parametri operativi nell’operazione di filatura, per fornire indicazioni utili al responsabile di produzione e ottenere la tipologia di formaggio desiderata. In particolare, il sistema messo a punto consente il monitoraggio in filatura di pH, conducibilità e temperatura dell’acqua di filatura, coppia e numero di giri degli organi meccanici della filatrice, caratteristiche reologiche della pasta inviata alla formatrice.

Alcuni componenti utilizzati per la misura di pH, temperatura e conducibilità elettrica (a). Coppia di inverter elettronici per la gestione degli attrezzi nella sezione di taglio/alimentazione della pasta e nella sezione di filatura tramite braccia tuffanti (b). Coppia di sensori di pH, temperatura e conducibilità impiegati nelle attività sperimentali (c).

In sintesi, le attività di ricerca e sviluppo hanno come base di partenza l’ampia disponibilità di nuove tecnologie, spesso a costi limitati, per la realizzazione di sensori, controllori e software di monitoraggio, nonché una ampia esperienza maturata dai gruppi di ricerca sui processi lattiero caseari. La prosecuzione di queste attività mira a fornire un supporto di informazioni al responsabile di produzione e ai casari, per poter intervenire in modo consapevole sui processi decisionali alla base della trasformazione del latte. Inoltre, è obiettivo delle attività quello di realizzare una banca dati per accrescere nel tempo la conoscenza del responsabile di produzione, fino ad arrivare ad un software per il controllo del processo di produzione di tipo esperto che utilizzando le informazioni e le esperienze accumulate nel corso del tempo costituisca la base della conoscenza di una nuova generazione di tecnologi che si dedicano al settore della produzione delle paste filate.

Non da ultimo, è fondamentale diffondere le potenzialità dell’innovazione tecnologica e del controllo e automazione dei processi nell’industria casearia, e incrementare lo sviluppo di un’industria 4.0 nel comparto caseario.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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