Fotovoltaico efficiente a punti quantici colloidali, quando sul mercato?

Sviluppata una tecnologia per accelerare la commercializzazione del solare a base di quantum dots. Le nuove celle si mantengono stabili dopo oltre 300 ore di funzionamento

punti quantici colloidali
Credits: AntipoffCC BY-SA 3.0, Collegamento

Migliorata la stabilità dei punti quantici colloidali per un fotovoltaico più economico

(Rinnovabili.it) – I punti quantici colloidali (Colloidal Quantum Dots – CQD) rappresentano una promettente classe di materiali per il fotovoltaico efficiente ed economico di prossima generazione. Si tratta di minuscole particelle di semiconduttore, le cui proprietà optoelettroniche cambiano in funzione della dimensione e della forma. Usarle come materiale attivo di una cella solare significa poter sintonizzare lo spettro di assorbimento luminoso e, quindi, aumentare l’efficienza. Inoltre sono leggeri, flessibili e comportano bassi costi di produzione, il che li rende alternative attraenti al tradizionale silicio.

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Tuttavia, il fotovoltaico a punti quantici colloidali soffre di una forte instabilità all’aria, limitazione che ne ostacola l’impiego commerciale.

L’Istituto di scienza e tecnologia di Daegu Gyeongbuk, nella Corea del Sud, spera di aver trovato una soluzione al problema. Un gruppo di ricerca guidato dall’ingegnere Jongmin Choi ha identificato la causa del degrado delle prestazioni, sviluppando un metodo di elaborazione dei punti quantici colloidali in grado di stabilizzarli.

Una protezione per il solare quantum dot

Il team di scienziati ha studiato il processo di degrado, ricreando le reali condizioni operative. Nel dettaglio, ha esposto in maniera continua le celle solari a CDQ a luce e ossigeno per lunghi periodi di tempo.

Il procedimento ha permesso di identificare la rimozione degli ioni iodio, tramite ossidazione, dalla superficie dei quantum dot e successiva formazione di uno strato di ossido. Questo strato provoca la deformazione strutturale del punto quantico, riducendo così l’efficienza del dispositivo.

Per evitare l’ossidazione, i ricercatori hanno impiegato una “reazione di sostituzione dei leganti”. In poche parole, hanno aggiunto ulteriore ioduro di potassio sulla superficie del CQD, che si comporta come una sorta di strato di schermatura e quindi ostacola l’ossidazione. Come risultato dell’applicazione, il dispositivo ha mantenuto le prestazioni sopra l’80 per cento per 300 ore. Una valore mai raggiunto prima con questa tecnologia. Non solo. La schermatura fornisce anche una migliore passivazione superficiale e, di conseguenza, una maggiore efficienza di conversione della potenza, pari al 12,6 per cento.

“Lo studio dimostra che il fotovoltaico a punti quantici colloidali può funzionare in modo più stabile nell’ambiente operativo reale”, ha commentato il professor Choi. “I risultati dovrebbero accelerare ulteriormente la commercializzazione del dispositivo FV CQD”. La ricerca è stata pubblicata su Advanced Materials (testo in inglese).

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