Rinnovabili • Idrogeno low-carbon

Mancano all’appello 800 mld per mettere il turbo all’idrogeno low-carbon

L’agenzia guidata da Fatih Birol tira le somme: finora si è materializzato solo ¼ degli investimenti necessari entro il 2030. Sul lato policy c’è uno sbilanciamento: troppa attenzione al lato della produzione e troppo poca cura del lato della domanda

Idrogeno low-carbon
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Le stime dell’Iea sugli investimenti per l’idrogeno low-carbon

(Rinnovabili.it) – Da qui al 2030 servono 1.200 miliardi di dollari di investimenti per lo sviluppo dell’idrogeno. Ma gli Stati e il settore privato, finora, hanno messo sul tavolo solo ¼ del necessario: rispettivamente 37 e 300 mld. Con il rischio di rallentare la corsa verso la neutralità climatica. Lo sostiene l’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, nel rapporto Global Hydrogen Review 2021. La chiave? Mettere il turbo sull’idrogeno low-carbon con investimenti mirati.

L’idrogeno low-carbon può essere presto competitivo

“È importante sostenere lo sviluppo dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio se i governi intendono soddisfare le loro ambizioni climatiche ed energetiche”, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Iea. “I governi devono intraprendere azioni rapide per abbassare le barriere che impediscono all’idrogeno low-carbon una crescita più rapida, il che sarà importante se il mondo vuole avere la possibilità di raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050”.

Oggi siamo ancora all’anno zero o quasi, anche se le prospettive sono ottime e il potenziale per il vettore energetico nella transizione energetica è molto alto, nota l’Iea. Ma bisogna spingere sulle tecnologie che permettono di rendere più competitivo – meno costoso – l’idrogeno low-carbon. Quasi tutto l’idrogeno prodotto oggi, infatti, proviene da combustibili fossili senza cattura del carbonio. Di conseguenza, produrre H2 oggi dà origine a quasi 900 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, equivalenti alle emissioni combinate del Regno Unito e dell’Indonesia.

“A seconda dei prezzi del gas naturale e dell’elettricità rinnovabile, produrre idrogeno da fonti rinnovabili può costare da 2 a 7 volte di più rispetto a produrlo da gas naturale senza cattura del carbonio”, si legge nel rapporto. “Ma con i progressi tecnologici e le economie di scala, il costo della produzione di idrogeno con l’elettricità solare fotovoltaica può diventare competitivo con l’idrogeno prodotto con gas naturale”.  

L’idrogeno nel mondo oggi

Secondo l’Iea, le politiche odierne sul vettore energetico sono sbilanciate. Troppa attenzione al lato della produzione e troppo poca cura del lato della domanda: occorre creare le condizioni di un uso più vasto e capillare dell’H2 nell’industria e nei trasporti. Il che significa: misure politiche per favorire la costruzione dei necessari impianti di stoccaggio, trasmissione e ricarica. Soprattutto in settori come chimico, acciaio, trasporti pesanti a lunga percorrenza, navi e aerei.

Nel frattempo, la corsa dell’idrogeno procede abbastanza spedita. Nell’ultimo lustro la capacità globale di elettrolizzatori è raddoppiata. Ad oggi ci sono 350 progetti in fase di sviluppo e altri 40 che stanno muovendo i primi passi. Con l’aggiunta di questa capacità di idrogeno rinnovabile o low-carbon, il totale nel 2030 raggiungerebbe le 8 mln di t rispetto alle 50mila t di oggi. Ma ancora molto distante dalle 80 mln di t che l’Iea ritiene siano necessarie entro metà secolo.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.