Rinnovabili • Idrogeno verde competitivo: studio Harvard, resta un miraggio Rinnovabili • Idrogeno verde competitivo: studio Harvard, resta un miraggio

Perché il mercato dell’idrogeno in Italia non decolla?

Uno studio della società di ricerca Agici passa al vaglio lo stadio di sviluppo dei progetti legati all’idrogeno a livello globale, europeo e nazionale. Nessuna delle iniziative finanziate dal Pnrr è pronta. E restano grandi criticità tecniche, normative ed economiche

Idrogeno verde competitivo: studio Harvard, resta un miraggio
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L’Italia può giocare un “ruolo cruciale” nello sviluppo di un mercato dell’idrogeno europeo, ma è in forte ritardo su tutti i fronti per criticità tecniche, normative ed economiche. Manca una strategia nazionale sull’idrogeno (che dovrebbe finalmente essere presentata il 26 novembre), mancano meccanismi incentivanti, c’è poca domanda. Tutti ostacoli che affliggono sia il Belpaese sia gli altri paesi del continente. E così il mercato dell’idrogeno in Italia, così come quello europeo, resta ancora un territorio “largamente inesplorato” e incapace di superare i semplici entusiasmi iniziali.

Lo afferma uno studio dell’Osservatorio sul mercato internazionale dell’idrogeno della società di ricerca Agici, pubblicato a fine ottobre. Il rapporto ha analizzato oltre 1.900 iniziative sull’idrogeno, focalizzate sulle diverse fasi di produzione, trasporto e stoccaggio, in tutta Europa.

L’Europa non raggiungerà nemmeno il 50% del target 2030 di produzione di idrogeno

I numeri sono un bagno di realtà necessario quanto poco rassicurante per lo sviluppo di un vettore energetico che è considerato fondamentale per la decarbonizzazione, specialmente di determinati settori dell’economia. A livello globale, solo il 27% dei progetti sull’idrogeno è in uno stato avanzato, cioè 510. Quasi la metà è concentrata in Europa, che ne conta 208 a uno stadio maturo.

Ma il panorama europeo è ben meno roseo di quanto può apparire. Appena si entra più nel dettaglio, si scopre che ai ritmi attuali, nel 2030 i primi sette paesi Ue per capacità produttiva di idrogeno prevista non raggiungeranno nemmeno il 50% del target fissato con il piano RePowerEu, cioè 10 milioni di tonnellate di produzione. Si fermeranno a 4,8 mln t. D’altronde i progetti maturi sono cioè poco meno del 20% di quelli totali, e forniranno appena 2,8 GW di elettrolisi, cioè il 6% dell’obiettivo cumulativo sommando tutte le strategie nazionali (47 GW).

Mercato dell’idrogeno in Italia, dati aggiornati e prospettive

In Italia, i progetti censiti da Agici sono 144, che beneficiano di circa 2 miliardi di risorse già approvate da fondi Pnrr (le 6 linee d’investimento che riguardano l’H2, in tutto, hanno una dotazione di 2,9 miliardi). La maggior concentrazione è nel Nord Italia, con 693 milioni stanziati per 68 progetti. Segue il Sud con 506 milioni per 56 progetti e infine il Centro con 118 milioni per 20 progetti.

Ma i numeri sulla carta non corrispondono affatto allo stato effettivo del mercato dell’idrogeno in Italia. “Di tutti i progetti legati all’idrogeno che in Italia hanno ricevuto fondi Pnrr, a oggi nessuno è stato costruito, tantomeno è operativo. Ricordiamo che i primi bandi sono stati pubblicati nel 2022, ma la maggior parte delle graduatorie sono uscite nel 2023”, sottolinea Stefano Clerici, direttore dell’Osservatorio sul mercato internazionale dell’idrogeno di Agici.

C’è però un’expertise preziosa nel Belpaese. E c’è la leva del posizionamento geografico che rende lo Stivale un nodo importante per l’importazione dall’estero, soprattutto dal Nord Africa (con il progetto europeo del SouthH2 Corridor tra Italia, Germania e Austria).

L’Italia ha quindi le carte in regola per giocare da protagonista nello sviluppo dell’idrogeno in UE, ma sconta ritardi e criticità di diverso tipo. Agici punta i riflettori su:

  • la mancanza di una strategia nazionale ufficiale,
  • i vincoli imposti dal quadro normativo europeo, particolarmente impattante per il contesto italiano,
  • l’assenza di meccanismi incentivanti strutturati che comporta l’attuale insostenibilità economica dei business case, nonché l’identificazione della potenziale domanda, difficile da attrarre a causa delle scarse quantità e dei costi elevati garantiti dai progetti in essere,
  • la parziale defocalizzazione dei progetti finanziati dal Pnrr rispetto agli obiettivi del PNIEC al 2030,
  • le scadenze stringenti al 2026 per iniziative Pnrr ad oggi non ancora in costruzione,
  • l’isolamento territoriale degli impianti di produzione di idrogeno aggiudicatari dei fondi rispetto agli attuali centri di consumo regionali
  • lato operatori, emergono criticità relative a: la chiarezza delle procedure autorizzative, il recepimento tempestivo della normativa UE, la possibile cumulabilità delle fonti di finanziamento e le difficoltà legate alla capacità di fornitura della componentistica.

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