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La Spagna al buio: un campanello d’allarme per il sistema elettrico europeo?

Rinnovabili pubblica in anteprima esclusiva l'analisi di Berizzi e Delfanti, del Dipartimento Energia del Politecnico di Milano, sul blackout spagnolo. Una ricostruzione basata su dati di monitoraggio in tempo reale e su registrazioni di apparecchiature sperimentali legate al progetto di ricerca MedFasee coordinato da INESC P&D Brasil, a cui partecipa il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano

Blackout Spagna: un campanello d'allarme per il sistema elettrico europeo?

di A. Berizzi, M. Delfanti – Dipartimento di Energia, Politecnico di Milano

Il blackout che ha interessato la penisola iberica il 28 aprile 2025 costituisce il primo incidente significativo su un sistema elettrico alimentato in prevalenza da fonti energetiche rinnovabili (qualche commentatore, con buona semplificazione, lo ha definito “il primo blackout dell’era green”).

Analisi complete, che consentiranno una dettagliata ricostruzione dell’evento, sono in corso da parte di varie entità: prima tra tutte, l’organizzazione dei TSO elettrici europei (ENTSO-e), che ha impostato un percorso di indagine destinato a durare qualche mese.

Nel frattempo, passato qualche giorno dall’incidente, è possibile tratteggiare una ricostruzione plausibile: quella che proponiamo in questo articolo è basata su dati di monitoraggio in tempo reale (come i portali dati di Red Eléctrica de España -REE – e la piattaforma di trasparenza di ENTSO-e), nonché su registrazioni di apparecchiature sperimentali legate al progetto di ricerca MedFasee coordinato da INESC P&D Brasil cui partecipa il Politecnico di Milano, Dipartimento di Energia.

Nell’articolo, a partire da una panoramica tecnica dettagliata della rete spagnola, inclusa la sua struttura, il mix di generazione, le interconnessioni transfrontaliere, ci si concentra sui fattori che influenzano la stabilità della rete. Si riporta poi una possibile sequenza degli eventi accaduti il 28 aprile 2025. Si propone infine qualche parallelo tra il fenomeno del 28 Aprile 2025 in Spagna e l’analogo incidente accaduto in Italia il 28 Settembre del 2003, per poi dettagliare alcune misure specifiche messe in atto nel nostro Paese.

Si tracciano infine alcune conclusioni, senza dubbio provvisorie, e alcune prospettive future, anche alla luce della profonda mutazione che sta interessando i sistemi elettrici ed energetici di tutto il pianeta.

Parco di generazione del sistema spagnolo

La capacità installata totale nel sistema spagnolo è di circa 125 GW, con oltre il 60% proveniente da fonti rinnovabili come eolico, solare e idroelettrico, mentre la rimanente percentuale è da ascrivere a impianti nucleari e a gas naturale. 

In particolare, circa le fonti di energia rinnovabili (FER), l’energia eolica è la principale fonte di generazione, con circa 30.8 GW installati, che rappresentano circa il 25% della capacità totale. L’energia solare ha visto una crescita rapida, raggiungendo circa 30.1 GW di capacità fotovoltaica, che rappresentano il 21% della capacità totale; oltre al fotovoltaico, sono presenti anche alcuni GW di capacità solare termica. Infine, l’energia idroelettrica contribuisce con circa 17 GW di capacità, fornendo tra il 10% e il 15% della produzione elettrica annuale. Da rilevare la presenza di circa 3.3 GW di centrali di pompaggio che possono contribuire anche allo storage dell’energia nelle ore in cui la produzione è in eccesso. 

L’energia nucleare gioca un ruolo cruciale con 7 reattori (circa 7 GW di capacità installata) che forniscono circa il 19% della generazione, mentre le centrali a gas naturale, in particolare i cicli combinati (CCGT), fondamentali per la flessibilità del sistema, contano circa 30 GW installati

Figura 1 - mix energetico in Spagna nel 2024 (da sito https://app.electricitymaps.com/zone/ES/all/yearly)
Figura 1 – mix energetico in Spagna nel 2024 (da sito https://app.electricitymaps.com/zone/ES/all/yearly)

Dal punto di vista dell’energia prodotta nel 2024, le rinnovabili hanno fornito circa il 59% dell’elettricità in Spagna (Figura 1). 

Interconnessioni con i sistemi confinanti

La rete elettrica della Spagna è interconnessa con i sistemi dei paesi vicini in punti chiave, come visibile dalla Figura 2. 

Figura 2 - Rete elettrica nella penisola iberica e interconnessioni (da sito entso-e)
Figura 2 – Rete elettrica nella penisola iberica e interconnessioni (da sito entso-e)

Le principali interconnessioni sono:

Spagna-Portogallo. La Spagna e il Portogallo operano come una singola zona sincrona, spesso chiamata sistema iberico (a riprova, dal punto di vista commerciale, il MIBEL costituisce un mercato elettrico unico). Diverse linee ad alta tensione (400 kV) collegano le reti spagnole e portoghesi, per una capacità di trasferimento di circa 4.5 GW. 

Spagna-Francia. Questo è il principale collegamento tra la rete iberica e il resto dell’Europa continentale; consiste di diverse linee AC attraverso i Pirenei e un collegamento HVDC (Santa Llogaia-Baixas) da 1400 MW. La complessiva capacità di questa interconnessione è di circa 2.8 GW in entrambe le direzioni in condizioni ideali. Questa capacità è relativamente ridotta, meno del 10% del carico di picco. 

Spagna-Marocco. La Spagna è anche collegata al Marocco tramite due cavi sottomarini AC da 400 kV attraverso lo Stretto di Gibilterra, con una capacità di trasferimento combinata di circa 1300 MW. Questi collegamenti sincronizzano la rete del Marocco con quella iberica (e europea), rendendo il Marocco parte della più ampia area sincrona dell’Europa continentale. 

Fattori che influenzano la stabilità della rete

I diversi fattori tecnici che influenzano l’esercizio della rete spagnola, così come di ogni rete inclusa nell’ambito ENTSO-e, sono di seguito elencati.

Controllo della Frequenza e Riserve: Per gestire le fluttuazioni del normale esercizio, la Spagna, come gli altri membri ENTSO-e, ha sistemi di controllo automatico della frequenza (riserva primaria; riserva secondaria).

Controllo della Tensione e Potenza Reattiva: La rete spagnola utilizza banchi di condensatori, bobine di reattori e controllo dell’eccitazione dei generatori per mantenere le tensioni entro i limiti. L’instabilità della tensione può verificarsi se un grande trasferimento di potenza viene improvvisamente perso o se c’è una carenza di supporto della potenza reattiva, portando a un collasso della tensione in alcune aree. 

Ruolo delle Interconnessioni: La relativa debolezza dell’interconnessione con il resto dell’Europa è una limitazione nota del sistema iberico. Nei fatti, è già accaduto nel 2021 che un disturbo significativo in Spagna portasse alla perdita di sincronismo della penisola iberica intera con il resto d’Europa e alla separazione della rete.

Topologia della Rete e Eventi N-1 vs N-2: La rete è pianificata ed esercita per gestire, senza perdere carico, un evento N-1 (un solo componente fuori servizio, per esempio una centrale o una linea). Se gli eventi indipendenti che si verificano sono tali da perdere la funzionalità di due elementi di rete, è possibile, nel rispetto del criterio di sicurezza, che il sistema debba ricorrere al distacco di carico per evitare un blackout esteso. Tale distacco di carico dovrebbe comunque evitare l’insorgere di un effetto domino, anche grazie ai piani di difesa della rete, che, impiegano ad alleggeritori di carico basati sulla frequenza e sulla sua derivata. 

Inerzia del Sistema: L’inerzia è la resistenza del sistema elettrico ai cambiamenti di frequenza; normalmente, essa è fornita dalle masse rotanti degli alternatori. In Spagna, l’inerzia tradizionalmente proveniva da grandi unità termiche (nucleare, gas, carbone) e idroelettriche. Con l’aumento delle FER e il conseguente limite posto al dispacciamento delle fonti basate su grandi alternatori, l’inerzia di rete è destinata a diminuire, perché turbine eoliche e solare fotovoltaico sono principalmente basate su inverter il che limita – salvo speciali controlli associati agli inverter – il contributo di tali fonti all’inerzia del sistema.

Potenza di corto circuito: le fonti connesse alla rete mediante inverter forniscono anche un contributo limitato (se confrontato con quello generato da grandi alternatori rotanti) alla potenza di corto circuito della rete, il che la rende più suscettibile a problemi di collasso di tensione e di instabilità indotta da transitori di tensione. 

Nuovi strumenti per la Stabilità: Il TSO spagnolo, REE, sta integrando nuovi strumenti per migliorare la stabilità: compensatori sincroni, BESS in grado di fornire una risposta rapida alle variazioni di frequenza e controlli più intelligenti sulle rinnovabili (alcuni di questi sono in fase pilota). Per il momento risulta che tali provvedimenti siano ancora in fase di studio e non abbiano ancora trovato piena applicazione pratica. 

Stato del sistema la mattina del 28 aprile

Qualche istante prima del blackout, a fronte di un carico di circa 30 GW, la produzione è costituita da circa 3 GW da fonte eolica, circa 19.6 GW di produzione fotovoltaica (per un totale di circa il 70% della produzione connessa mediante inverter), 3.5 GW di produzione idroelettrica, 3.4 GW da fonte nucleare e 2.2 GW da cicli combinati a gas Circa 3 GW sono assorbiti da impianti idroelettrici di pompaggio. L’andamento del carico nonché la generazione impiegata sono visibili dalla Figura 3 (i dati successivi all’evento non sono ritenuti attendibili).

Figura 3 – Impianti di produzione sulla rete della Spagna durante la giornata del 28 aprile 2025 (fonte: entso-e)
Figura 3 – Impianti di produzione sulla rete della Spagna durante la giornata del 28 aprile 2025 (fonte: entso-e)

I flussi fisici registrati sull’interfaccia in questione, cioè tra Spagna e Francia, sono disponibili grazie alla piattaforma di trasparenza di ENTSO-e, come da Figura 4. In particolare, si può osservare che la Spagna, e quindi la penisola iberica, stava esportando più di 1 GW, peraltro in diminuzione, verso la Francia, mentre, nelle ore successive al blackout l’importazione dalla Francia ha consentito una veloce procedura di riaccensione della rete. 

Figura 4 - Andamento dei flussi di potenza tra Spagna e Francia (fonte: ENTSO-e)
Figura 4 – Andamento dei flussi di potenza tra Spagna e Francia (fonte: ENTSO-e)

Le oscillazioni inter-area

Nella tarda mattinata del 28 aprile, sono state registrate delle oscillazioni elettromeccaniche di significativa entità, rilevate dalle PMU del progetto MedSee già menzionato. Si tratta di oscillazioni di frequenza intorno al valore nominale, caratteristiche di sistemi molti diffusi geograficamente in cui porzioni del sistema possono oscillare tra loro. In particolare, si sono osservati due fenomeni differenti, alle 12.04 (durata 4 minuti, con una frequenza di circa 0.7 Hz, certamente associata ad una perdita di generazione) e alle 12.19 (durata 5 minuti, con frequenza di circa 0.2 Hz, quest’ultima riconducibile certamente ad una oscillazione interarea sul sistema elettrico europeo). 

Non è chiaro al momento quale sia il legame tra queste oscillazioni registrate minuti prima rispetto all’incidente che poi si è verificato; una possibile indicazione è quella di una generica debolezza o vulnerabilità del sistema già prima che la perturbazione principale si sia verificata. 

Figura 5 – Andamento della frequenza in Portogallo e Italia (fonte: MedSee)

Una possibile ricostruzione dell’incidente

Quanto viene proposto nel seguito è frutto della analisi dei dati e delle informazioni con un minimo grado di attendibilità disponibili. Naturalmente, per stabilire definitivamente quanto avvenuto, sarà necessario disporre della esatta sequenza degli eventi, che al momento non è nota (dati registrati in diverse locazioni da parte dei sistemi SCADA di REE). Per il momento, ci si limita ad esporre alcune ipotesi, ritenute plausibili dagli autori, e a correlarle con le misure disponibili. 

Nei minuti precedenti al blackout, come si è verificato, il sistema iberico ha subito oscillazioni elettromeccaniche di diversa natura. Di particolare interesse, alle 12.19, una oscillazione interarea, poco smorzata, a circa 0.2 Hz: probabilmente per contrastare tale fenomeno, il TSO spagnolo (REE) ha iniziato a diminuire l’esportazione come risulta dagli andamenti dei transiti ES-FR (Figura 4) Tale ipotesi è confermata dall’andamento della frequenza (Figura 6): pur non conoscendo l’esatto istante in cui è avvenuta la separazione tra Francia e Spagna, non si osserva né un aumento della frequenza nella penisola iberica né una significativa diminuzione della frequenza nel resto della rete europea (misurata in Italia dalle apparecchiature di MedSee, variazioni che sarebbero evidenti nel caso la disconnessione fosse avvenuta in condizioni di export significativo dalla penisola iberica. Di conseguenza, dato l’andamento della frequenza (profilo decrescente), sembra improbabile che l’evento iniziale sia stata la totale perdita dell’interconnessione con la Francia.

Più probabile invece lo scenario di un improvviso deficit di produzione, che corrisponde al calo di frequenza osservato.

Più in dettaglio, nell’attesa di ricostruzioni ufficiali, è possibile riferirsi alla Figura 6: alle 12.32:57, la frequenza nella penisola iberica inizia a manifestare variazioni significative rispetto al centro del sistema europeo. Il rapido collasso della frequenza inizia alle 12.33:16 e termina con il blackout 6 s dopo. 

Come è noto, il discostarsi della frequenza dal valore nominale di 50 Hz indica uno squilibrio del carico rispetto alla generazione. Tale squilibrio è inizialmente moderato, nei primi 4 s, ma poi diventa sempre più marcato negli ultimi 2 s. 

La distinzione delle curve di frequenza tra le PMU installate in Portogallo e in Italia indica che a quel punto la penisola iberica è separata elettricamente rispetto al resto del sistema, con un deficit che aumenta. Tale diminuzione della frequenza, forse parzialmente contrastata all’istante 12.33:21 dall’intervento del piano di difesa della rete, porta rapidamente al blackout.

Figura 6 – Andamento della frequenza in Portogallo e Italia (fonte: MedSee)
Figura 6 – Andamento della frequenza in Portogallo e Italia (fonte: MedSee)

Vale giusto la pena ricordare che la disconnessione dei generatori rotanti in condizioni di frequenza molto degradate (ad esempio sotto i 47,5 Hz) è una azione opportuna al fine di preservarli da danni permanenti, in modo da averli disponibili alla ripresa del servizio.

Analisi dei fenomeni chiave

I dati a disposizione mostrano che, probabilmente, qualche minuto prima delle 12:33 era in corso da parte di REE qualche manovra su impianti di generazione, forse per contrastare la presenza di oscillazioni di rete. E’ plausibile ritenere che tali manovre fossero in corso su qualche impianto di taglia significativa e dispacciabile, in grado di avere un impatto sull’export che si stava cercando di ridurre. E’ possibile che qualcuna di queste manovre (o un errore durante qualcuna di queste manovre) abbia causato inopinatamente una riduzione eccessiva di potenza (peraltro indicata inizialmente da REE tra le cause dell’incidente), che ha portato a una diminuzione della frequenza. Tra l’altro, risulta che tra le 12.25 e le 12.30 (quindi prima del blackout) un gruppo di una centrale nucleare in Francia nell’area di Tolosa diventa indisponibile (fonte EDF), ad indicare la sussistenza di qualche problema tecnico.

A questo punto, è pure plausibile ipotizzare l’intervento delle protezioni delle linee di interconnessione con la Francia: è noto che in presenza di incidenti rilevanti la rete elettrica europea cerca di garantire il supporto all’area nella quale si verifica il problema, ma le protezioni devono comunque evitare che la perturbazione si propaghi al resto del sistema. Questo spiega la completa disconnessione della rete iberica, che quindi rimane isolata plausibilmente dall’intervento delle protezioni sulle interconnessioni (questo è visibile in Figura 6 nel momento in cui le curve delle frequenze divergono; la circostanza della separazione dovuta all’intervento di protezioni sulla interconnessione è confermata da RTE). Una simile separazione si era già verificata il 24 Luglio del 2021, senza tuttavia dare luogo ad un blackout.

La rete spagnola rimane isolata e quindi padrona del proprio destino, con uno sbilanciamento che inizialmente non è particolarmente marcato. Il crollo della frequenza indica che il deficit di potenza, a differenza dell’evento del 2021, si aggrava, evidentemente a causa della perdita di ulteriore generazione

Si può anche analizzare l’andamento delle tensioni, che consente di svolgere ulteriori considerazioni (Figura 7). Come si osserva, le tensioni tendono ad aumentare nel minuto precedente al blackout: tale fenomeno può essere attribuito ad un progressivo alleggerimento del carico della rete (il che appare poco verosimile, se non negli ultimi istanti) oppure, più probabilmente, ad una progressiva perdita di controllo delle tensioni, che sarebbe correlata con la perdita di impianti di produzione che prima quella tensione controllavano. 

Figura 7 – Andamento delle tensioni misurate (fonte MedSee).
Figura 7 – Andamento delle tensioni misurate (fonte MedSee).

Alcune osservazioni sono a questo punto necessarie: il crollo vero e proprio della frequenza avviene molto rapidamente (nel punto peggiore con una derivata superiore ad 1 Hz/s) e il fenomeno si completa, come detto in 6 s. Questo implica che si possa cercare di individuare alcuni aspetti critici, di seguito elencati.

1. La rapidità del fenomeno porta a considerare che:

  • L’entità dello squilibrio era molto significativa inizialmente, e si è aggravata durante l’evento, e/o.
  • L’inerzia del sistema era ridotta, in quanto non erano presenti in quantità sufficiente dispositivi che forniscono inerzia (gruppi rotanti o compensatori sincroni, magari dotati di volani).
  • Non era presente (o non è stato sufficiente) un sistema di regolazione rapida della frequenza (ad esempio, tramite la funzionalità FFR, Fast Frequency Regulation, basata su sistemi BESS).

2. La risposta della regolazione primaria di frequenza (ammesso che la riserva fosse sufficiente e che non fosse tutta già utilizzata prima del crollo repentino della frequenza) non ha avuto il tempo di esplicarsi efficacemente.

3. Il progressivo aggravarsi del deficit, e il conseguente rapido decadimento della frequenza, indicano che, probabilmente, la risposta del piano di difesa è stata insufficiente. Tra le possibili ragioni:

  • Il piano di alleggerimento in emergenza non è intervenuto in tempo, oppure 
  • il piano di alleggerimento non ha ottenuto l’effetto desiderato, magari perché è andato a disconnettere (anche) feeders della distribuzione che in quel momento stavano iniettando potenza da impianti fotovoltaici verso la rete di trasmissione, aggravando quindi lo squilibrio iniziale.

Analogie con il blackout in Italia del 28 settembre 2003

Dando per buona la ricostruzione condotta sin qui (ne esistono altre, meno credibili sulla base dei dati attualmente disponibili), esistono significative analogie tra il fenomeno registrato in Spagna alla fine di aprile del 2025 e l’incidente accaduto in Italia verso la fine di settembre del 2003.

Si ritiene opportuno tracciare un breve parallelo tra i due eventi, perché l’evento del 2003 è stato ormai storicizzato, ed è stato esaminato tutte le sue sfaccettature tecniche, da diverse commissioni indipendenti (per inciso, il Politecnico, l’allora Dipartimento di Elettrotecnica, prestò supporto tecnico per le analisi condotte dall’autorità di regolazione indipendente, allora AEEG). Inoltre, è di interesse osservare quale fu nel caso italiano la conseguenza dell’incidente in termini di contromisure prese sia sul fronte tecnico sia sul fronte regolatorio. Infine, esistono significative analogie strutturali tra il sistema iberico e il sistema italiano:

  • costituiscono entrambi delle “appendici” geografiche significative rispetto all’area sincrona centro Europea (rispetto quindi al baricentro naturale del sistema elettrico continentale);
  • sono sistemi in cui è già grandemente in essere (Spagna) oppure è già presente ed è prevista espandersi a breve (Italia) una forte quota di generazione da rinnovabili (generazione statica).

I tratti comuni dei due incidenti sono riportati brevemente nel seguito.

  1. Evento Iniziale. Entrambi i blackout sono iniziati in condizioni di stress del sistema. In Italia, la situazione critica è stata causata da un flashover su un albero (linea del Lucomagno [1]), mentre in Spagna da una preventiva riduzione della produzione interna (il guasto su una linea al confine francese è stato escluso da RTE).
  2. Separazione della Rete. In entrambi i casi, la situazione critica iniziale ha portato alla separazione della rete nazionale dal resto del sistema europeo. Nel caso italiano, la disconnessione è avvenuta per opera delle protezioni di linea su tutto l’arco alpino, interessando diversi Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria, Slovenia); nel caso spagnolo le protezioni di linea hanno (probabilmente in modo corretto) operato sia sul versante nord-occidentale del confine con la Francia, sia su quello meridionale di una interfaccia che è comunque di capacità limitata.
  3. Squilibrio generazione-carico. Ampi squilibri tra carico e generazione hanno portato a un crollo della frequenza del sistema rimasto in isola (durato circa un minuto e mezzo nel caso italiano, sei secondi nel caso spagnolo), e poi allo spegnimento del sistema. Sia per il caso italiano sia per il caso spagnolo, si è indicata come critica l’inerzia di rete, e si sono chiamati in causa i sistemi di regolazione della frequenza (nel 2003 non si parlava di funzioni di regolazione rapida).
  4. Cascata di eventi di distacco. Il calo repentino della frequenza ha innescato una serie di perdite di generazione in cascata. Nel caso spagnolo, la più ampia diffusione di sistemi inverter-based (al 2003 molto ridotti) mette in evidenza la necessità di aggiornare (o mantenere aggiornate) le protezioni (concepite per guasti locali sulla rete MT) rispetto alle (ora) critiche esigenze di stabilità delle reti di trasmissione, nonché i piani di difesa. In ambo i casi, si discute della disconnessione o spegnimento intempestivo dei generatori.

A valle delle analisi tecniche condotte sul disservizio in Italia, furono tratte alcune raccomandazioni, riguardanti il funzionamento dei sistemi, sia a livello Internazionale (valide per tutto il sistema europeo, allora UCTE), sia a livello nazionale. In particolare, a livello UCTE, fu segnalata la necessità di procedure di emergenza obbligatorie, di armonizzare il criterio N-1 (con riferimento al tempo massimo di ripristino alle condizioni di sicurezza N e N-1), di meglio valutare la stabilità della tensione, nonché di estendere lo scambio di dati in tempo reale. Si indicò come necessaria la armonizzazione dei requisiti minimi per apparecchiature di generazione, piani di difesa e piani di ripristino, nonché l’evoluzione del controllo frequenza/potenza. Fu anche fortemente suggerita l’introduzione dei sistemi WAMS per analisi dinamica e monitoraggio (proprio grazie ai WAMS oggi abbiamo molti dati già sincronizzati sul disservizio appena avvenuto).

A livello nazionale, fu posta attenziona a requisiti più restrittivi nel codice di rete per i generatori, nonché al coordinamento e a una migliore strutturazione dei piani di difesa.

I generatori e la stabilità di rete

Dal confronto appena tratteggiato, emerge come il ruolo dei generatori sia cruciale per evitare disservizi di questo tipo; in particolare:

  • nella fase iniziale del disturbo, specialmente se in grado di provvedere inerzia al sistema, così da rendere il transitorio di frequenza meno repentino;
  • nella fase di propagazione dell’incidente, quando hanno il compito di rimanere connessi anche in condizioni degradate, per permettere il dispiegarsi dei piani di difesa e, in definitiva, il mantenimento in servizio di parti del sistema, nella prospettiva della rapida ripresa di normali condizioni operative.

Concentrandosi su queste due potenziali criticità (provvedere inerzia; evitare disconnessioni indebite) si può osservare come, in Italia, si siano state adottate diverse misure per migliorare la resilienza del sistema, anche in presenza di ampie quote di generazione statica.

Sul fronte della necessità di provvedere inerzia al sistema, è stata disposta (e ulteriormente pianificata) l’installazione di compensatori sincroni, che sono fondamentali per migliorare la stabilità e la resilienza della rete elettrica italiana. Anche i sistemi di accumulo sono in grado di fornire servizi rapidi di regolazione della frequenza (FFR, atta a stabilizzare la rete durante i transitori rapidi). L’installazione di simili sistemi è già in parte avvenuta; più in generale, nei prossimi anni, secondo il Documento di Descrizione degli Scenari (DDS) di Terna-Snam (congruente con il PNIEC), saranno dispiegati sistemi di accumulo per 71,5 GWh (fabbisogno al 2030) [1]. Questo valore esclude i pompaggi idroelettrici esistenti, e rappresenta la capacità necessaria per integrare efficacemente le energie rinnovabili nel sistema elettrico.

Sul fronte della prevenzione delle disconnessioni indebite, è bene ricordare che, storicamente, tutti i generatori connessi alle reti MT e BT erano dotati di protezioni di interfaccia concepite per disconnetterli molto rapidamente (frazioni di secondo) in caso di anomalie (anche ridotte) di frequenza e tensione (+/- 300 mHz). Analoghe protezioni erano previste in altri paesi d’Europa.

Simili regolazioni, imposte per garantire il buon funzionamento delle reti MT e BT in presenza di piccole quantità di FER, sono poi divenute incompatibili con la stabilità dei sistemi interconnessi, in presenza di quote crescenti di FER. Per compendiare queste esigenze contrastanti, e in definitiva per prevenire disconnessioni indebite (come quelle verificatesi nell’incidente che nel 2006 causò la separazione in più aree sincrone della rete europea interconnessa) in tutta Europa si sono implementate nuove prescrizioni tecniche ai generatori statici, avviando nel contempo un programma di retrofit degli impianti esistenti.

Nel nostro Paese, le nuove prescrizioni sono state implementate tramite l’Allegato A70 del Codice di Rete di Terna, che stabilisce requisiti specifici per i generatori rinnovabili, inclusi criteri di ride-through della frequenza e della tensione. Inoltre, è stato perseguito un percorso di retrofit molto ampio e rigoroso, in modo da rendere il più possibile i generatori statici (nuovi ed esistenti) idonei a rimanere operativi durante le fluttuazioni di frequenza e tensione.

Sempre con specifico riferimento al nostro Paese, è opportuno ricordare che la sinergia tra il regolatore di settore (ARERA), il normatore tecnico (CEI) e i vari attori coinvolti (TSO; DSO; produttori) ha dotato il sistema italiano di regole tecniche di connessione (Codice di rete; Norma CEI 0-16 e 0-21) in grado di recepire rapidamente le necessità di adeguamento alle nuove tecnologie, costituendo un esempio a livello continentale.

Conclusioni

Le considerazioni sviluppate nell’articolo portano ad alcune conclusioni preliminari e certamente parziali: solo l’attività di analisi, appena avviata nelle mani di ENTSO-e, potrà fornir elementi certi sul disservizio del 28 aprile.

L’incidente è da ascrivere ad una problematica di sistema: non imputabile soltanto alla generazione (e in particolare alla generazione rinnovabile), né soltanto alla rete, ma al sistema elettrico nel suo complesso, che sta cambiando in modo radicale come non mai negli ultimi 80 anni. Alcuni tratti del cambiamento: l’estensione del sistema sincrono europeo è sempre più ampia dal punto di vista geografico (Marocco-Ucraina; Finlandia-Turchia); il carico è sempre più costituito da dispositivi statici, con meno inerzia; la generazione decarbonizzata è basata prevalentemente su inverter. Tutti questi fattori di cambiamento rendono critico l’esercizio, in quanto non sono (ancora) stati internalizzati appieno nelle procedure di gestione dei sistemi stessi.

Guardando nello specifico all’incidente che ha colpito la rete iberica, il fenomeno iniziale sembra essere un distacco significativo di generazione. Attacchi cyber, incendi presso le linee, fenomeni meteo intermittenti: tutte queste possibili cause, inizialmente comparse sui media, sono ormai definitivamente smentite da fonti ufficiali. Per le informazioni oggi disponibili, non è chiaro se si sia trattato di un comando intenzionalmente disposto dal gestore (per alleggerire i transiti in esportazione) o di un accadimento non intenzionale (guasto o anomalia) o una combinazione di tali fattori. In entrambi i casi, il problema può essersi originato, indistintamente, su centrali convenzionali o di tipo rinnovabile. 

A segnare il passaggio da una fase critica iniziale al crollo della frequenza è stata la disconnessione (intenzionale) del sistema iberico dal resto della rete europea. La successiva cascata di eventi di distacco ha coinvolto una larga parte di generazione eolica e fotovoltaica, inverter-based, i cui sistemi di protezione e controllo sono molto sensibili alle perturbazioni di rete; del resto, non poteva essere altrimenti, visto che il 70% della produzione al momento proveniva da quelle fonti (non si può “perdere” della generazione che non è connessa). 

Tuttavia, bisogna osservare che i rimedi per rendere la generazione inverter-based immune alle perturbazioni di rete sono disponibili da tempo e sono già messi in atto in molti paesi, con investimenti significativi che hanno l’obbiettivo di rendere tali tecnologie “nuove” sempre più integrate nei sistemi elettrici a pari sicurezza di rete. 

Ci si riferisce, ad esempio, all’insieme di regole tecniche di connessione che hanno adeguatamente tenuto in conto gli insegnamenti dell’incidente che nel 2006 causò la separazione della rete europea e l’aggiornamento dei requisiti rispetto alla cosiddetta low voltage ride through, e che, stando al documento ENTSO-e relativo all’incidente in Spagna del 2021, non era stata pienamente presa in considerazione da REE.

Ci si riferisce, ancora, ad una accurata fase di operational planning, che tenga in conto la sicurezza di rete in tutti i suoi aspetti, unitamente alla disponibilità di risorse in grado di fornire tempestivamente soccorso alla rete: fast frequency regulation, da attuarsi grazie ad un adeguato parco BESS, sufficiente inerzia, da realizzare con l’insieme delle macchine rotanti connesse, rinforzata con la presenza di un numero adeguato di compensatori sincroni, magari ad inerzia aumentata, e con l’implementazione di inerzia sintetica da parte dei convertitori in grado di farlo.

La fase di real-time operation, infine, deve essere aggiornata includendo tecnologie di monitoraggio della rete che, unitamente a adeguati algoritmi, mettano l’operatore di rete in grado di mantenere sempre un margine di sicurezza rispetto ai fenomeni dinamici, anche veloci, che possono causare blackout più o meno estesi. 

In definitiva, generalizzando il ragionamento al di là del caso specifico (“il primo black out dell’era rinnovabile”), più che additare le nuove tecnologie come responsabili di un problema, (che invero è da ascrivere, come abbiamo visto, all’intero sistema, certamente incluse le nuove tecnologie), sarebbe opportuno perseguire con decisione la strada di una piena integrazione di tali tecnologie nel sistema stesso. Magari osservando che le nuove soluzioni hanno capacità e potenzialità (ad esempio, inerzia sintetica; fast frequency regulation; inverter “grid-forming”) oggi scarsamente valorizzate.