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Nasce Energitismo

Il movimento culturale che trasforma le tecnologie rinnovabili in opere d’arte

Saper creare tecnologie è uno dei caratteri distintivi fondamentali della specie umana. Eppure il nostro rapporto con la tecnologia al giorno d’oggi non sempre è sereno, soprattutto se nuova. Solo in alcuni casi è veramente positivo, ma molto più spesso è ostile e genera timori e reticenze; in altri, invece, è spontaneo. Questo avviene soprattutto quando ci troviamo di fronte a tecnologie che si adattano a noi, alle nostre esigenze e alla nostra natura, ossia tecnologie dal volto umano.

Se siamo in grado di creare prodotti come questi è perché la Apple abita all’incrocio fra la tecnologia e le liberal art: prodotti avanzati, intuitivi, facili e divertenti da usare” – dichiarava Steve Jobs. I prodotti della Apple sono sicuramente un perfetto esempio positivo del rapporto uomo tecnologia. Steve Jobs in questa sua semplice dichiarazione afferma di voler affiancare la tecnologia all’arte, e con questo pone la chiave del successo dei suoi prodotti.

Ma perché mai il mondo della tecnologia – e nel nostro caso delle tecnologie rinnovabili –  dovrebbe rivolgersi al mondo dell’arte?

Il valore aggiunto di un oggetto, anche tecnologico, non dipende soltanto dallo scovare le tecnologie più giuste e competitive, o nell’essere meticolosi nella produzione e nella buona qualità dei prodotti. Bisogna saper cogliere tutte le diverse sfaccettature che un oggetto tecnologico può dare, tutte le sue potenzialità; bisogna andare oltre la mera analisi empirica di un processo tecnologico. Ad esso bisogna saper applicare intuizione, creatività e sensibilità estetica. Bisogna dare all’immaginazione un impatto reale.

Con una mente al solo servizio della tecnica, non ci sarebbe via d’uscita dai solchi già tracciati dalla conoscenza empirica, si tarperebbero le ali a quella capacità intuitiva di esplorare nuove vie suggerite dall’immaginazione.

L’arte è un indispensabile ponte fra la conoscenza delle cose e la conoscenza di noi stessi, e soprattutto del nostro rapporto con il mondo. Essa, infatti, coglie spesso anche in anticipo quello che qualcuno ha chiamato “l’alone” delle cose, quel rapporto assolutamente soggettivo con esse, ma al tempo stesso condivisibile con gli altri e per qualche aspetto anche universale, che è fatto di ricordi, pensieri, stati emotivi, aspettative, immaginazioni, e lo rende esplicito, visibile, concreto.

Infatti, è proprio l’arte che ci riconduce ad un rapporto d’identità con l’oggetto.

Bisogna coniugare arte e tecnologia, bisogna godere della cooperazione di ingegneri e di artisti, perché è l’immaginazione è la vera forza propulsiva per la riuscita di un prodotto tecnologico.

L’arte e la tecnologia sono insufficienti a loro stessi, hanno bisogno l’una dell’altra.

Così nasce Energitismo, il movimento artistico che vuole promuovere l’incontro tra arte ed energia con lo scopo di ottenere una più massiccia diffusione delle tecnologie rinnovabili.

Energitismo si sviluppa da una presa di coscienza critica del rapporto tra uomo, tecnologia ed arte, con una ribellione contro dei canoni antiestetici imposti dagli “addetti ai lavori”, distruggendo i vecchi stereotipi di tecnologie, le sue brutture e mettendo fine a questo suicidio estetico perpetuato in nome del bisogno energetico.

Questo movimento mette in gioco un attivismo creativo necessario per rendere “ben volute” e desiderate le tecnologie energetiche.

Energitismo porta avanti una concreta battaglia rinnovabile attraverso il linguaggio e i canali dell’arte, perché sa che solo attraverso la bellezza ed un istinto creativo visionario si potrà avere la piena diffusione delle tecnologie rinnovabili.

L’arte può allargare a dismisura la potenzialità delle tecnologie energetiche.

Energitismo non è altro che il risultato di una strategia industriale sulla competitività delle nostre aziende (generalmente di piccole e medie dimensioni) che si trovano a competere con colossi soprattutto cinesi. Per poter fronteggiare tali nazioni esiste una sola strategia, bisogna posizionarsi in maniera decisa su segmenti “nobili” dei mercati internazionali, traendo in questo senso forza, dall’inimitabile combinazione di design, stile, qualità e soprattutto creatività, che rendono quindi i prodotti italiani altamente competitivi. Così da non dover necessariamente competere con produttori che seguono esclusivamente politiche incentrate sulla competitività di prezzo. La competizione sul prezzo è fatale per l’occidente, mentre se immettiamo valore aggiunto, allora la competizione non solo è possibile ma le nostre imprese sono in posizione di forza. Fino ad adesso le industrie cinesi sono state fortissime nel copiare, forti anche del fatto di avere abbondante manodopera a bassissimo costo, ma il discorso cambierebbe notevolmente se  a competere è l’opera d’arte, il prodotto di lusso, l’artigianato. Ognuno combatta (competa) con le proprie armi e l’Europa lo può fare solo con l’arma del valore aggiunto, il cambiamento di rotta è necessario altrimenti  si incorre nel rischio di generare ricchezza ma non per Italia e ne tanto meno per Europa ma per questi grandi colossi.

Conoscenza, ricerca e innovazione, per di più, sono determinanti per attrarre capitali esteri da destinare ai segmenti di mercato tecnologicamente all’avanguardia. Questi ultimi rappresentano un’importante fattore di natura competitiva, poiché sono in grado di innescare un processo virtuoso di diffusione e radicamento delle innovazioni, provocando l’innalzamento degli standard tecnologici propri di un paese con consecutivi effetti a cascata che favoriscono processi di trasferimento di tecnologia in settori privi di dinamismo perché incatenati in prassi consolidate o poco stimolanti della ricerca e delle nuove applicazioni.

Purtroppo subiamo il risultato di politiche economiche miopi che non sanno guardare al di là del brevissimo tempo, mentre sarebbe proprio una scelta economica strategica a dover guidare una politica rivolta alle tecnologie rinnovabili di design. La maggioranza delle aziende del settore, ragiona ancora solo in termini economici e di prestazioni, senza capire che vi è un business maggiore e più duraturo se si uniscono competenze tecnico-energetiche ad altre, ad esempio quelle artistiche e di marketing, o forse sono troppo presi dall’analizzare la prossima trimestrale senza comprendere che così facendo le ditte chiudono.

Lo scenario energetico è chiaro, in una sorta di selezione Darwiniana andranno avanti solo le tecnologie rinnovabili più belle.

“Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi è la miglior cosa possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall’ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. E’ nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro! L’unica  crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla.” Albert Einstein (1879-1955).

Questi sono momenti cruciali in cui si vedrà chi diventerà leader di questa crisi energetica, trovando soluzioni innovative e creative e chi invece seguirà passivamente questa rivoluzione artistica rinnovabile senza aver apportato vero cambiamento. Da che parte vogliamo stare?

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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