Il peso del Giappone sulla crescita del carbone estero

Il ministro giapponese dell’Ambiente, Shinjiro Koizumi, è pronto a rivedere norme e condizioni per il sostegno della nuova capacità termoelettrica all’estero

Giappone
Centrale a carbone. Credit: Tony Webster (CC BY 2.0)

 

Il Giappone promette di rafforzare la politica di esportazione delle centrali a carbone

(Rinnovabili.it) – Il Giappone è uno dei principali finanziatori di centrali a carbone nei Paesi asiatici in via di sviluppo. Tra il 2007 e il 2015, ha sborsato ben 22 miliardi di dollari per sostenere l’avanzata termoelettrica estera. Cifra che lo colloca al primo posto tra le nazioni dl G7 per gli aiuti destinati a questo combustibile fossile. I finanziamenti sono legati all’utilizzo della tecnologia “made in Japan”, ma il risultato finale non è garanzia di qualità. Al contrario. Secondo un recente rapporto di Greenpeace, gli impianti promossi da Tokyo in paesi come India, Indonesia, Vietnam e Bangladesh emettono un quantitativo di emissioni molto più alto di quelli nazionali: fino a 13 volte più ossido di azoto e 33 volte più anidride solforosa (dati del report A Deadly Double Standard).

Qualcosa potrebbe però presto cambiare. Il ministro giapponese dell’Ambiente, Shinjiro Koizumi, ha fatto sapere oggi di esser pronto a discutere delle questione con i colleghi dell’Economia, dell’Industria e di altre agenzie governative. L’obiettivo sarebbe quello di rivedere le condizioni alla base dell’esportazione di nuove centrali a carbone, attraverso l’introduzione di norme più rigorose. Il ministro non ha nascosto che la scelta di affrontare il problema arrivi dalle recenti pressioni pubbliche. “La comunità internazionale vede il Giappone come se non si muovesse di un passo su questo tema, quindi agire o meno significherà molto”, ha affermato Koizumi.

 

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Oggi la nazione è l’unico paese del G7 che sta ancora costruendo nuove centrali a carbone in patria e all’estero ed è il secondo investitore pubblico in tali progetti tra i paesi del G20, dopo la rivale Cina. Ma le critiche indirizzate a Tokyo hanno già raggiunto i grossi gruppi bancari nazionali, i primi a muoversi in questo contesto. La  Mitsubishi UFJ  Financial Group, uno dei maggiori finanziatori mondiali di combustibili fossili, ha annunciato a maggio 2019 che avrebbe smesso di foraggiare nuovi impianti termoelettrici a carbone. Poco dopo, la rivale Mizuho ha rafforzato la sua politica sul clima per escludere il finanziamento di progetti carboniferi di bassa qualità e altamente inquinanti.

Il governo potrebbe quindi allinearsi a queste nuove direttive anche per scrollarsi di dosso l’attuale immagine. “Il Giappone era un paese avanzato nella strategia ambientale, ma oggi non è più visto in questo modo”, ha affermano Koizumi. “Voglio aiutare a ravvivarne l’immagine”.

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