Trattato sulla Carta dell’Energia: RWE chiede l’arbitrato sul carbone olandese

Il colosso tedesco vuole compensazioni per il phase out del carbone dal mix elettrico entro il 2030 deciso dall’Olanda. E attiva il meccanismo ISDS previsto dall’accordo

Trattato sulla Carta dell’Energia: RWE chiede l’arbitrato sul carbone olandese
Nella foto la miniera a cielo aperto di Hambach, in Germania, gestita da RWE | via depositphotos.com

Senza riforma del Trattato sulla Carta dell’Energia arriva un nuovo intoppo per l’agenda sul clima UE

(Rinnovabili.it) – Il Trattato sulla Carta dell’Energia colpisce ancora. Stavolta è il turno dell’Olanda, che se la dovrà vedere in tribunale con la multiutility tedesca RWE. Il colosso con forti interessi nel settore minerario infatti ha deciso di fare ricorso al meccanismo di arbitrato previsto dal Trattato. Secondo l’azienda, la decisione olandese di programmare il phase out del carbone dal mix elettrico entro il 2030 lederebbe i suoi interessi. Per accettare la scelta, RWE chiede di essere compensata.

La vicenda legale minaccia strascichi in tutto il continente. L’Unione europea è alle prese con il Green Deal e l’avanzamento dell’agenda climatica. Il phase out del carbone è un passaggio pressoché obbligato per tutti i paesi membri visto l’obiettivo comunitario della carbon neutrality entro la metà del secolo. Per questo il Trattato sulla Carta dell’Energia è una vera spada di Damocle che incombe minacciosa sulle capitali del vecchio continente.

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Le regole del Trattato, un accordo internazionale sul commercio, sono sempre più disallineate dalle necessità europee (e non solo). Creato negli anni ’90 e in vigore in 54 paesi, l’accordo permette uno sbilanciamento notevole di forze tra Stati e compagnie fossili. Queste ultime sono tutelate dal meccanismo ISDS (Investor-State-Dispute-Settlement), che permette loro di accedere all’arbitrato internazionale, e dalla tutela degli investimenti nelle fossili iscritto nel Trattato.

Risultato? Le compagnie possono rallentare la transizione energetica. Intentando cause miliardarie ai paesi. Finora in Europa non era ancora successo, RWE ha rotto il ghiaccio. L’unico precedente è di fine 2019 e riguarda la Uniper, proprietaria di una centrale a carbone anche questa in Olanda. Ma l’azienda non ha chiesto l’arbitrato (per ora, almeno).

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La vicenda RWE conferma una volta di più l’urgenza di riformare il Trattato sulla Carta dell’Energia, direzione in cui si sta muovendo Bruxelles. La Commissione però propone un approccio cauto e vorrebbe lasciare intatte le tutele previste per gli investimenti in gas, petrolio e carbone fino al 2030. Proposta irricevibile per una buona parte dell’europarlamento (e per diversi governi europei), che sta mettendo l’esecutivo comunitario davanti all’aut aut: una riforma ambiziosa e in tempi brevi, oppure l’uscita immediata dei Ventisette dal Trattato.

Una posizione, quest’ultima, sposata da parte del mondo delle ong ecologiste. Per il direttore del Climate Action Network (CAN) Europe, Wendel Trio, “è oltraggioso” che le aziende fossili usino l’arbitrato “, ed è quindi giunto il momento che i paesi europei “si ritirino da questo pericoloso accordo e non perdano altro tempo in inutili tentativi di riformarlo”.

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