
(Rinnovabili.it) – Trasformare i rifiuti elettronici in oro. Ci sono riusciti i ricercatori dell’Università del Saskatchewan, in Canada, che hanno trovato un sistema veloce, economico e rispettoso dell’ambiente per estrarre questo prezioso metallo da apparecchiature elettriche ed elettroniche giunte a fine vita.
Oggi si utilizzano principalmente due procedimenti industriali per rimuovere l’oro dagli scarti elettronici:
– La pirometallurgia, cioè l’estrazione del metallo dai minerali con temperature superiori ai 1.000 °C. Si tratta di un metodo ad alta intensità energetica, costoso e impattante, dal momento che rilascia composti organici come le diossine.
– L’Idrometallurgia, o metallurgia per via umida, che impiega solventi liquidi per ottenere la separazione dei metalli dal minerale. Le soluzioni impiegate coinvolgono l’uso di cianuro, acido nitrico, acido cloridrico.
A seguito di questi trattamenti, il materiale che conteneva l’oro non è più recuperabile: un grosso problema per l’industria del riciclo, che si vede privata di molti rifiuti preziosi in un’ottica di economia circolare. La bella scoperta dei ricercatori canadesi permette, invece, di sottrarre il metallo al rifiuto di partenza, senza pregiudicarne il recupero.
Il trucco è utilizzare una soluzione di acido acetico e un ossidante, che permette di sciogliere l’oro in appena 10 secondi e estrarlo dai circuiti stampati lasciando intatte le componenti in rame, nichel, ferro e altri metalli.
La tecnica può portare benefici economici incredibili: gli scienziati ritengono che, a fronte di un processo estrattivo tradizionale che costa 1.520 dollari per kg di oro, l’utilizzo dell’acido acetico abbatterebbe le spese fino a 66 dollari al kg.
Ogni anno il mondo produce oltre 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE). Una quota in rapida crescita a causa dell’incessante innovazione tecnologica e dell’obsolescenza programmata che la alimenta, accorciando il ciclo di vita dei dispositivi elettronici. Data la carenza di metodi di riciclo adeguati, oltre l’80% di questi rifiuti finisce in discarica, con gravi problemi ambientali che potrebbero, d’ora in poi, essere via via risolti con una buona dose di aceto.
Apprezzo l’arrivo di nuove tecnologie, ma è sicuramente di cattivo gusto ignorare o denigrare l’esistenza di ciò che esiste.
L’idrolisi ad alta temperatura (oltre i 1.000° C) ed in camera stagna (senza combustione, senza diossine, furani, fumi etc.) è stata inventata è brevettata già da diversi anni. L’oro viene separato per raffinazione dal residuo inerte che contiene i vari metalli presenti nelle schede: oro, argento, rame, stagno etc. Da una tonnellata di RAEE si estrae normalmente 12-14 grammi di oro, più altri metalli preziosi ed i metalli non ferrosi. La parte di plastica della scheda produce sufficiente energia chimica per produrre l’energia elettrica impiegata nel processo ed ancora vendere i due terzi della energia elettrica prodotta.
Alla fine del processo non ci sono scorie da mandare in discarica.
forse il sig.Nicola intendeva dire Pirolisi ,le scorie di abbattimento degli alogeni presenti in tanti materiali plastici in fase liquida devono essere smaltite.
bruno
Se davvero “nulla si distrugge” sono interessato al procedimento che descrive – puo’ indicarmi il brevetto o qualche pubblicazione? grazie.
Perché bruciare ad altissime temperature quando esistono strade alternative?
Bruciare plastica, poi, comporta sempre produzione di diossine
vorrei sapere realmente se sui connettori Wifi si trova tracce di oro
Buongiorno, vorrei conoscere di che ossidante si tratta in aggiunta ad acido acetico.
che tipo di acido?
magari ce lo dicessero…ch tipo di ossidante
Quale ossidante?
Ma a che serve pubblicare le domande se non rispondete?
Quando è possibile rispondiamo sempre alle domande, ma l’articolo in questione contiene un link (evidenziato in arancione) che porta direttamente alla pagina degli scienziati, con tanto di mail e numero di telefono, proprio per permettere a chiunque sia interessato di approfondire l’argomento.
La Redazione
Che tipo di antiossidante serve
dove trovo l’articolo dei ricercatori canadesi?