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Bilancio di sostenibilità: come eseguire il reporting

bilancio di sostenibilità

 

(Rinnovabili.it) – Mi occupo di Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR – Corporate Social Responsibility) dal 2003. In quegli anni la parola “Sostenibilità” non era assolutamente diffusa e il termine responsabilità sociale era interpretato dalla maggior parte delle persone come sinonimo di filantropia.

All’epoca lavoravo in un Gruppo che si occupava di Green Economy. Il mio Presidente, particolarmente illuminato, supportò la Fondazione Sviluppo Sostenibile nel suo start up e mi propose di creare la direzione CSR del Gruppo redigendo la prima rendicontazione sulle attività inerenti la mia funzione, report che all’epoca veniva chiamato Bilancio Sociale, una denominazione secondo me riduttiva in quanto non lasciava intravvedere la raccolta all’interno del gruppo di iniziative anche ambientali.

 

Da tempo avevo maturato una forte passione per questi temi, per cui accolsi con entusiasmo la sfida che mi si prospettava davanti. Allora erano assai poche le aziende che si erano dotate di una direzione CSR e ancor meno erano le aziende che redigevano una rendicontazione in quest’ambito. Quindi mi trovai da subito a confrontarmi in questo compito con le principali multinazionali del nostro Paese e con colossi come Eni, Enel ed Hera (un Gruppo che rimase negli anni il mio benchmark di riferimento, sia per il suo approccio sistemico che per la sua comunicazione efficace).

Dalla primitiva denominazione “Bilancio sociale” si passò poi al termine “Socio Ambientale”: anche in questo caso un cambio di nome ma non di sostanza…le aree rendicontate erano quelle sociali ma anche la governance e tutte le iniziative volte a diminuire l’impatto ambientale.

Infine, in modo naturale, si andò diffondendo sempre di più l’utilizzo del termine Sostenibilità,  un termine – oggi direi – non usato ma “ abusato”, e si iniziò a parlare di Bilancio di Sostenibilità.

 

LA RENDICONTAZIONE

Ad oggi, non esiste una definizione univoca di reporting di sostenibilità: il termine è genericamente utilizzato per descrivere il processo di rendicontazione delle performance economiche, sociali e ambientali dell’organizzazione.

Il Bilancio di Sostenibilità è uno strumento di reporting che prende in considerazione gli impatti non solo economici ma anche sociali e ambientali (sia positivi che negativi) dell’attività quotidiana di una organizzazione e contemporaneamente le aspettative dei propri stakeholder.

Come abbiamo raccontato nell’articolo del 26 marzo intitolato: “come la strategia di sostenibilità entra nel business”… non ha senso lavorare sulla rendicontazione se non si è partiti dalla integrazione della strategia di sostenibilità in quella di business.

Il processo di reporting deve quindi partire dalla definizione di un piano strategico – fatto di obiettivi misurabili legati alle diverse aree di interesse dell’azienda (materiali) – il cui raggiungimento potrà quindi essere “fotografato”nel tempo attraverso uno strumento di reporting.

 

GLI  STANDARD

Allo stato attuale, nella scelta della metodologia da seguire per la predisposizione di tale documento, si possono considerare i seguenti riferimenti:

  1. i GRI (Global Reporting Initiative) Standard;
  2. il D. Lgs. 254/2016 (che recepisce nell’ordinamento italiano la Direttiva Barnier sulla rendicontazione non finanziaria);
  3. il Framework dell’International Integrated Reporting Council (lo standard per la predisposizione di un Report Integrato)

 

Le linee guida sviluppate dal GRI rappresentano il framework più adottato sia a livello nazionale che internazionale.

Inoltre, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10/01/2017 del D.Lgs. 254/2016, è stata data attuazione alla Direttiva 2014/95/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 22/10/2014 recante modifiche alla Direttiva 2013/34/UE che afferiscono alla comunicazione che talune imprese e/o gruppi di grandi dimensioni dovranno fornire, a integrazione degli attuali contenuti del bilancio civilistico, in merito alle informazioni di carattere non finanziario (non-financial) e alla composizione degli organi di amministrazione.

 

Questo obbligo di legge ha certamente dato una forte accelerazione all’adozione del reporting di informazioni non finanziarie nelle grandi aziende le quali, dovendo rendicontare anche della propria responsabilità e tracciabilità di tutta la catena di fornitura, stanno inducendo anche le aziende più piccole a dare evidenza delle proprie informazioni di carattere ESG

 L’osservatorio sulla Dichiarazione non Finanziaria(DNF) pubblicata a ottobre 2018 da PWC e università Bocconi evidenzia come solo il 22% delle società con obbligo DNF ha svolto attività di stakeholder engagement.

  • Il 32% dichiara di aver avviato un percorso di miglioramento, definendo obiettivi di sviluppo rispetto alle modalità di gestione dei temi non finanziari.
  • Il 57% delle società non redigeva un bilancio di sostenibilità nel 2016.
  • Il 78% delle società ha pubblicato la DNF come documento distinto dalla relazione sulla gestione.
  • In particolare la maggioranza (77%) del campione ha utilizzato come standard di rendicontazione i “Global Reporting Initiative Sustainability Reporting Standards” (“GRI Standards”), mentre il 23% ha utilizzato la versione precedente delle linee guida “Sustainability Reporting Guidelines” versione G4 (“Linee Guida GRI G4”).

 

Un Raport di Sostenibilità compliance con gli Standard GRI descrive  l’organizzazionene la sua governance, le modalità di coinvolgimento dei portatori di interesse (stakeholder) ed i temi ritenuti più rilevanti (individuati tramite un’analisi fatta di interviste al management e agli stakholder che veine chiamta “di materialità”).

 

In riferimento ai temi materiali, tale documento racconta le performance ambientali, sociali ed economiche dell’organizzazione, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, dando evidenza degli scostamenti dei diversi KPI rispetto normalmente ai due anni precedenti e , a differenza di ciò che accade sul Bilancio di esercizio dove sono riporti solo i dati a consuntivo, vengono esplicitati gli obiettivi strategici e di miglioramento dei singoli KPI.

Il livello di conformità secondo gli standard può essere attestato da un organismo di certificazione indipendente ma tale verifica non è obbligatoria.

 

Oltre al GRI, un altro standard usato è il report integrato che – come dice la parola stessa – dovrebbe far diventare i dati e le informazioni non finanziarie parte integrante del reporting finanziario. A mio avviso, questa modalità di rappresentazione – pur essendo considerata la più evoluta perché appunto permette in un unico documento di vedere tutti gli aspetti dell’attività aziendale – ha un grande limite: rende il documento poco fruibile da parte degli stakeholder non finanziari. Un report di sostenibilità infatti può essere redatto pensando ai singoli target che lo leggeranno e inserendo quindi le informazioni secondo una modalità che permetta una lettura veloce ed esaustiva delle sole informazioni di interesse .

 

IL PROCESSO

Immagine

 

Le prime tre fasi sono le stesse descritte nell’articolo del 26 marzo, il cui output emerge dalle interviste al management e ai principali stakeholder, a cui si aggiunge la scelta degli indicatori, la raccolta dati e la redazione del documento in sé.

Affinché il report sia efficace e possa portare i benefici attesi in termini sia reputazionali che di reale coinvolgimento degli stakeholder è assolutamente indispensabile progettarne la forma grafica accattivante. Negli ultimi anni le società più “evolute” nel reporting stanno eliminando la versione cartacea per andare verso una versione online e forme short che abbiano un forte impatto grafico e siano facilmente fruibili a seconda dei target .

La comunicazione rimane quindi assolutamente un asset fondamentale del processo di rendicontazione: un report di sostenibilità non comunicato correttamente perde valore e si rischia di sprecare il lungo lavoro di redazione che coinvolge trasversalmente tutte le funzioni aziendali

Potrei farvi moltissimi esempi di bilanci di sostenibilità redatti secondo le linee guida GRI, qui mi limito  a segnalare come quello di Ratti Spa, esemplare perché ha saputo coniugare il rigore nella redazione con una forma grafica  accattivante.

 

 

di Alessandra Fornasiero – CSR Value

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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