L’IMO approva il 1° quadro normativo internazionale per la decarbonizzazione marittima. Obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni combinati con un sistema di scambio crediti

Un passo storico, ma non privo di critiche, verso la decarbonizzazione del trasporto navale internazionale. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha approvato, durante la 83ª sessione del Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC 83), un pacchetto di regolamenti che introduce, per la 1° volta a livello globale, un sistema vincolante che combina limiti obbligatori alle emissioni navi e un meccanismo di prezzo per i gas serra nel settore dello shipping.
Se confermato nella sessione straordinaria di ottobre 2025, l’accordo, entrerà in vigore nel 2027 e imporrà dal 2028 una tassa sulla CO2 emessa dalle navi più inquinanti.
Emissioni navi, finalmente un quadro normativo per il trasporto marittimo
Il nuovo IMO Net-Zero Framework mira a raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, in linea con la strategia IMO del 2023, e sarà integrato nel nuovo Capitolo 5 dell’Allegato VI della Convenzione MARPOL. Le regole si applicheranno alle grandi navi da oltre 5.000 tonnellate di stazza lorda. Complessivamente, sono responsabili dell’85% delle emissioni totali del trasporto marittimo internazionale.
Due sono i pilastri del pacchetto:
- Standard globale sui carburanti: le navi dovranno ridurre nel tempo l’intensità di gas serra dei carburanti utilizzati (GHG Fuel Intensity, GFI), calcolata con un approccio well-to-wake, cioè considerando l’intero ciclo di vita del combustibile.
- Meccanismo di scambio crediti: chi supererà i limiti fissati dovrà acquistare unità compensative (“remedial units”), mentre chi si avvicinerà allo zero potrà ricevere incentivi economici sotto forma di “surplus units”.
I crediti surplus potranno essere trasferiti ad altre navi, utilizzati successivamente o ceduti in cambio di contributi al Fondo IMO Net-Zero. Il Fondo finanzierà:
- incentivi per le navi a basse emissioni,
- ricerca, innovazione e infrastrutture per combustibili alternativi,
- formazione e cooperazione tecnologica nei paesi in via di sviluppo,
- mitigazione degli impatti negativi nei paesi più vulnerabili, come gli Stati insulari e i paesi meno sviluppati.
La tassa sulla CO2 per lo shipping: quanto si pagherà
A partire dal 2028, le navi che supereranno le soglie previste per l’intensità emissiva saranno soggette a due livelli di tassazione:
- 380 dollari per tonnellata di CO2 equivalente emessa oltre il limite principale;
- 100 dollari aggiuntivi per tonnellata emessa oltre un secondo limite, più ambizioso.
Il sistema, secondo le stime, potrebbe generare fino a 40 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Saranno destinati alla transizione energetica del comparto shipping.
Nel dettaglio, gli obiettivi di riduzione delle emissioni navi sono strutturati in modo progressivo secondo questa tabella di marcia:
- -8% di intensità emissiva nel 2030, rispetto ai livelli del 2008;
- -21% nel 2030, secondo il limite più ambizioso;
- -30% nel 2035 per il limite principale;
- -43% nel 2035 per il limite più ambizioso.
Le critiche all’accordo: ambizione limitata e troppi compromessi
Nonostante l’approvazione sia stata accolta come “un passo significativo” dall’IMO (e dalla Commissione UE), le reazioni internazionali sono state contrastanti. Il ministro dei Trasporti britannico ha definito l’accordo “un incentivo allo sviluppo dei carburanti puliti”, ma le critiche di diversi Stati insulari e ONG ambientali hanno sollevato dubbi sull’effettiva compatibilità del piano con l’Accordo di Parigi.
In particolare, i paesi del Pacifico vulnerabili ai cambiamenti climatici, insieme all’UE e al Regno Unito, avevano sostenuto una proposta di tassa più alta e universale, poi ritirata a causa dell’opposizione di Cina, Brasile e Arabia Saudita. “È mancato il coraggio per un piano che avrebbe mantenuto lo shipping sulla traiettoria dei +1,5°C”, ha dichiarato il ministro del clima di Vanuatu, Ralph Regenvanu.
Anche dal fronte ambientalista non mancano perplessità. L’ONG Transport & Environment (T&E) ritiene che l’accordo IMO “porterà probabilmente alla distruzione delle foreste pluviali promuovendo i biocarburanti di prima generazione. La misura non riesce inoltre a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’IMO solo due anni fa”.