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Comunità energetiche, protagoniste della transizione verde

Le comunità energetiche rinnovabili sono uno strumento formidabile per accelerare la transizione verde, rendere l’Italia più libera dai ricatti energetici, abbassare le bollette. Decisivo colmare i vuoti legislativi, snellire il sistema delle autorizzazioni e non permettere che il rifiuto di pochi comprometta una scelta che ha impatto su tutta la comunità

Comunità energetiche
Foto di Oimheidi da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Le comunità energetiche rinnovabili (CER) possono essere una risposta reale alla crisi energetica e ambientale che stiamo vivendo? Il Rapporto “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”, promosso da Fondazione Symbola, IPSOS e Gruppo TEA – presentato a Mantova – ha dato una risposta pienamente affermativa a questa domanda.

I problemi, semmai, vengono dai ritardi della politica con i suoi vuoti legislativi, dalla burocrazia che con tenace perversione blocca le migliori iniziative, dai rifiuti di principio di chi non sa nemmeno bene di cosa siano le comunità energetiche.

Comunità energetiche, una soluzione possibile

Siamo nel mezzo di una crisi climatica, energetica e sociale globale. Una situazione descritta dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres durante la COP 27: siamo come un pilota che guida verso l’inferno con il piede che spinge sull’acceleratore”. Il tempo scarseggia e i problemi sono sempre più drammatici, ma cercando il bicchiere mezzo pieno troviamo nelle comunità energetiche una soluzione possibile. Sono state introdotte in Europa nel 2019 con il Clean Energy Package e rappresentano un fenomeno in crescita.

È un tema che coinvolge le comunità locali e suscita grandi aspettative, sono uno strumento fondamentale per la transizione energetica e soprattutto contrastano la povertà energetica (ovvero l’impossibilità di pagare le bollette che affligge tante famiglie). Le comunità energetiche sono in grado di ricostruire le relazioni sul territorio: dopo la pandemia si sente un grande bisogno di ritrovare una dimensione sociale oltre che una soluzione ai problemi energetici e ambientali.

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La novità è che i cittadini sono parte attiva

Nella crisi attuale sarà difficile fornire servizi ai cittadini senza aiuti dello Stato, ha fatto notare Carlo Bottani, presidente della provincia di Mantova, sottolineando un elemento particolarmente innovativo: i cittadini sono parte attiva. «Dobbiamo utilizzare al massimo tutte le energie rinnovabili, in trent’anni sono stati detti troppi no. Le nuove realtà e le evoluzioni in campo energetico devono portare a fare scelte non secondo la pancia dei cittadini ma per lo sviluppo del territorio e con attenzione alla tutela ambientale. Serve un lavoro di squadra, in Italia e in Europa».

Le CER sono una grande opportunità, seppure in un contesto complicato, ma sono anche una preziosa occasione per ricostruire l’alleanza tra lo Stato e i cittadini. La guerra ha accelerato la ricerca di nuove soluzioni alla scarsità di fonti fossili, ma il punto è fare scelte di medio-lungo periodo: la politica energetica è un tema strategico, semplificare le autorizzazioni è un dovere.

Troppi progetti bloccati da veti e ricorsi

Come ha dichiarato il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, «le rinnovabili da sole non risolvono il problema energetico, vanno promosse nell’ambito di un mix energetico tra rinnovabili, fossili e nucleare di ultima generazione, con approccio pragmatico. Due terzi dei progetti sono bloccati da veti e ricorsi: c’è una schizofrenia tra l’incentivare le rinnovabili e poi bloccarle anche in contesti non di pregio».

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«Le CER non sono un argomento astratto», ha detto Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola. Lo prova il Rapporto GreenItaly che censisce le aziende che investono sul green: sono più resilienti, hanno fatturati migliori e creano più occupazione. Non a caso il 40% delle competenze richieste oggi dal mercato hanno forti connotazioni ambientali.

Il valore sociale delle comunità energetiche

Le comunità energetiche realizzano un concetto di coesione, non si lascia indietro nessuno. A questo proposito Realacci fa riferimento al Manifesto di Assisi, impegno per l’ambiente e la coesione sociale sottoscritto da più di 4mila: «Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro».

Le comunità energetiche, sottolinea Realacci, «sono uno strumento formidabile per affrontare la crisi climatica, abbassare le bollette e rendere l’Italia libera dai ricatti energetici muovendosi sulla linea indicata dall’Europa con Next Generation EU. L’Italia può essere protagonista della transizione verde con un’alleanza tra cittadini, imprese, associazioni, istituzioni che fonde empatia e tecnologia e può rendere più forte la nostra economia».

Realacci sostiene che un sistema energetico con più rinnovabili è meno pericoloso, meno aggredibile – pensiamo alle bombe russe vicino alle centrali nucleari ucraine – e più competitivo economicamente: «Chi ha centrali che funzionano e sono sicure le usi, chi non ce l’ha punti ad altro per il futuro. Il nucleare attuale costa troppo, ma è importante continuare a fare ricerca. Puntiamo su chi innova ed è un traino positivo».

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Conoscenza superficiale

Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS, ha presentato il Rapporto “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”. La ricerca, svolta tra ottobre e novembre, ha coinvolto 200 imprese di piccole e medie dimensioni, 80 diocesi e un campione di popolazione composto da 800 italiani maggiorenni, rappresentativo della popolazione per area geografica, genere, età, titolo di studio, condizione occupazionale.

Il Rapporto è di grande interesse è accuratezza. L’obiettivo è comprendere il livello di conoscenza delle comunità energetiche e l’esperienza diretta; delineare i bisogni che queste comunità possono coprire e le aspettative; far emergere le opportunità e le barriere relative all’implementazione di una comunità energetica. Apparentemente tutti conoscono l’esistenza delle comunità energetiche, ma pochi sanno davvero di cosa si tratta.

Foto di andreas160578 da Pixabay

Timore per la complessità normativa

Diverse le aspettative: se per le diocesi sono l’accelerazione nella transizione ecologica, il rafforzamento dei legami con il territorio e il vantaggio economico; per la popolazione risparmio sulla bolletta e sicurezza energetica.

Tutti auspicano la promozione delle CER da parte delle amministrazioni locali nella convinzione che siano di aiuto per superare la crisi energetica, anche se permane un certo scetticismo sul loro effettivo decollo.

Diviso il mondo delle imprese: il 40% ha già in corso progetti o strategie di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili, il 60% dichiara che non intraprenderà questa strada pur nell’evidenza che la crisi ha agito da acceleratore della transizione energetica e che le comunità energetiche possono dare anche un ritorno in termini di immagine e creare un legame con la comunità locale.

Le imprese sono convinte del ritorno economico generato dalle CER ma sono preoccupate dagli investimenti economici e dalla complessità normativa.

Nuove tecnologie per le imprese

Qualcuno ancora sostiene che le rinnovabili non vanno bene perché legate all’intermittenza del sole e del vento? Letizia Magaldi, vicepresidente di Magaldi Green Energy, smentisce con i fatti: esistono infrastrutture in grado di renderle continue. Magaldi, ad esempio, ha sviluppato l’accumulo termico con una batteria che conserva l’energia nella sabbia, e quindi ecocompatibile.

Le comunità energetiche sono una sfida per filiera tecnologica italiana, che si può vincere. Si possono produrre 70GW al 2030 con infrastrutture e storage. «Prendiamo energia elettrica e rilasciamo energia termica per le industrie, raccogliamo energia in eccesso e la rilasciamo per altre industrie o comunità: Il grande supporta il piccolo, si sa cosa si produce sul territorio e chi lo consuma».

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Urgente definire le regole attuative

«È urgente definire le regole attuative necessarie a dare avvio definitivo alle CER. Nel bel mezzo di una crisi energetica, sussiste un vuoto normativo ingiustificabile, che speriamo si colmi entro il mese, che rallenta i tanti progetti in essere nel nostro Paese. Il processo verso la transizione energetica è avviato, urgente e trasversale, e le CER rappresentano senz’altro una soluzione concreta. In questo processo sono molti gli attori coinvolti, le multiutility come Tea, già impegnata in questo settore, sono chiamate a supportare gli enti locali nell’abbracciare al meglio queste opportunità di sviluppo ambientale, economico e sociale, e a svolgere un ruolo attivo nel promuovere un cambiamento culturale nelle rispettive comunità», ha commentato il presidente di Gruppo Tea, Massimiliano Ghizzi.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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