Dalla frazione liquida del digestato si possono estrarre nutrienti (azoto, fosforo e potassio) e sostanze organiche utilizzabili come fertilizzanti e ammendanti agricoli e acqua “purificata” per l’irrigazione. Al centro del processo è un innovativo processo di filtrazione a due stadi

Valorizzare gli scarti di produzione del biogas
Dalla frazione liquida del digestato si possono estrarre nutrienti (azoto, fosforo e potassio) e sostanze organiche utilizzabili come fertilizzanti e ammendanti agricoli e acqua “purificata” per l’irrigazione.
È il risultato di uno studio dei ricercatori dell’ENEA, raggiunto nell’ambito del progetto “BIOSOS – BIOgas SOStenibile” coordinato dall’Università di Camerino, che valorizza gli scarti di produzione del biogas.
Cosa si ottiene dalla frazione liquida del digestato
Al centro del progetto è un innovativo processo di filtrazione a due stadi che ha permesso di estrarre nutrienti (azoto, fosforo e potassio) e sostanze organiche utilizzabili come fertilizzanti e ammendanti agricoli dalla frazione liquida del digestato.
Daniele Pizzichini, ricercatore del Laboratorio di Bioeconomia Circolare dell’ENEA, illustra in maniera sintetica la particolare tecnologia di filtrazione alla quale la Divisione Sistemi Agroalimentari Sostenibili dell’ENEA sta lavorando da alcuni anni: «Si basa su un processo di separazione dei liquidi dove il fluido scorre parallelamente alla superficie della membrana che separa in modo efficiente l’acqua e i sali dalle sostanze organiche concentrate.
La stessa tecnologia è già utilizzata per estrarre molecole di interesse alimentare, nutraceutico e cosmetico, per recuperare proteine dai reflui lattiero-caseari (come il siero di caseificazione) e molecole antiossidanti come polifenoli e flavonoidi dalle acque di vegetazione olearie, nonché per la dissalazione di acque salmastre e marine ai fini dell’approvvigionamento idrico».
Recupero di acqua fino all’80%
Da “BIOSOS” è emerso anche un altro aspetto molto interessante, specie se letto nell’ottica dei cambiamenti climatici e degli eventi siccitosi che si susseguono con sempre maggiore intensità.
Infatti, i ricercatori dell’ENEA ritengono che questo sistema permetterebbe di recuperare fino all’80% dell’acqua che esce dal digestore.
L’acqua recuperata sarebbe riutilizzabile all’interno del processo di biogasificazione, per la diluizione dei concimi o per l’irrigazione dei campi.
«Grazie a prove eseguite in laboratorio e all’applicazione di metodologie rapide nei pressi dell’impianto abbiamo potuto verificare che il processo di digestione riduce in modo significativo la carica microbica nel digestato.
Tuttavia, è attraverso il ricorso al primo stadio di filtrazione che registriamo l’abbattimento quasi totale della carica batterica.
Questo rende possibile l’applicazione diretta della frazione trattata sul terreno o sulle colture, senza rischi per il consumo umano dei prodotti agricoli», precisa il prof. Luca Agostino Vitali dell’Università di Camerino.
Come si svolge il processo di filtrazione
Il processo di filtrazione per l’estrazione dei nutrienti si svolge in due fasi, come spiega Gian Paolo Leone del Laboratorio di Bioeconomia Circolare dell’ENEA: «Nel primo stadio di filtrazione, realizzato tramite microfiltrazione o ultrafiltrazione, tratteniamo batteri potenzialmente presenti, riduciamo la torbidità legata ai solidi sospesi abbattendo così il carico inquinante per le fasi successive del trattamento.
Nel secondo stadio otteniamo mediante nanofiltrazione o osmosi inversa un’acqua purificata da utilizzare per l’irrigazione delle colture e una concentrazione di macronutrienti, in particolare azoto ammoniacale, con caratteristiche diverse a seconda dello scarto organico (letame bovino o carcassa di trota iridea) ma del tutto simile ai concimi in commercio».
“BIOSOS” contribuisce al raggiungimento degli obiettivi europei
Gian Paolo Leone sottolinea l’importanza dei risultati del progetto “BIOSOS”: «Con questa innovazione vogliamo offrire il nostro contributo al raggiungimento degli obiettivi europei, in particolare della strategia Farm to Fork che prevede una riduzione del 20% nell’utilizzo di fertilizzanti di sintesi entro il 2030.
Questi ultimi sono ad alta intensità energetica, contribuiscono all’esaurimento di risorse minerali come il fosforo e generano maggiori emissioni di gas serra».
In sintesi, sostituire 1 tonnellata di fertilizzante artificiale con digestato consente di risparmiare 1 tonnellata di petrolio, 108 tonnellate di acqua e 7 tonnellate di emissioni di CO2 (fonte: Anaerobic Digestion and Bioresources Association, citata in Digestate factsheet, EBA).
I passi successivi
La ricerca è in fase di perfezionamento e si stanno facendo ulteriori verifiche sul sistema di filtrazione.
Sviluppi futuri potranno riguardare l’integrazione degli impianti di filtrazione al reattore per la produzione di biogas, così da trattare sul luogo gli scarti animali e le acque del digestato, rendendo il processo più efficiente ed economico.
Inoltre, si dovranno analizzare gli aspetti che riguardano la sostenibilità energetica della soluzione tecnologica – valutando, ad esempio, l’accoppiamento con fonti rinnovabili come il fotovoltaico – e verificare il possibile impiego dei concentrati come biostimolanti per sostenere il microbiota del suolo.
Cresce la produzione di digestato
La produzione di digestato, sottoprodotto del processo di biogasificazione, è aumentata con la diffusione dei digestori anaerobici per la produzione di biogas da biomassa e rifiuti organici.
Nel 2022, i volumi di digestato prodotti negli impianti europei hanno raggiunto quasi 31 milioni di tonnellate di sostanza secca; si prevede che potranno arrivare a 75 milioni di tonnellate nel 2030 e a 177 milioni di tonnellate nel 2050.
In Italia, la produzione annuale di digestato si attesta a circa 3 milioni di tonnellate. L’attenzione verso questo sottoprodotto è dovuta soprattutto alla presenza di nutrienti essenziali come azoto, fosforo e potassio, in particolare quando il digestato proviene dalla digestione di letame animale.
In linea con i principi dell’economia circolare, questi nutrienti si possono recuperare e utilizzare come concimi agricoli, con impatti positivi sia sul piano ambientale che economico.
Infatti il mercato globale dei fertilizzanti ha raggiunto nel 2023 un valore di 202 miliardi di dollari, con previsioni di crescita fino a 257 miliardi di dollari entro il 2032, trainato principalmente dall’aumento della popolazione globale e dalla crescente domanda di cibo.