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LANDFEED, i rifiuti organici diventano fertilizzanti biologici

Trasformare i rifiuti organici in fertilizzanti di origine biologica. È questo l’obiettivo di LANDFEED, un progetto europeo che studia 6 tipologie di rifiuti organici per contribuire alla riduzione degli scarti, alla sicurezza alimentare e all’agricoltura sostenibile, ma anche alla creazione di un mercato europeo di biofertilizzanti, in gran parte importati dall’estero

LANDFEED trasforma i rifiuti organici in fertilizzanti biologici
Foto di Couleur da Pixabay

La trasformazione positiva dello spreco alimentare

LANDFEED è un progetto europeo per trasformare rifiuti organici in fertilizzanti di origine biologica.

Ogni anno, l’Europa genera circa 60 milioni di tonnellate di spreco alimentare: una sfida non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.

L’Unione Europea si prefigge un obiettivo ambizioso in linea con l’Agenda 2030: dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030 e ridurre le perdite lungo la filiera. LANDFEED sembra avere grandi potenzialità per ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni agricole e per la creazione di biofertilizzanti europei.

Creare biofertilizzanti europei

Spiega infatti Antonella Luciano, ricercatrice del Laboratorio Strumenti per la sostenibilità e circolarità di sistemi produttivi e territoriali e referente ENEA del progetto: «Il progetto LANDFEED punta a rispondere a questa sfida recuperando nutrienti preziosi dai rifiuti e sottoprodotti agricoli, forestali, industriali e urbani.

In questo modo contribuisce non solo alla riduzione degli scarti, alla sicurezza alimentare e all’agricoltura sostenibile, ma anche alla creazione di un mercato europeo di biofertilizzanti, considerato che gran parte di questi prodotti è importato dall’estero».

5 tipologie di rifiuti organici

L’azione di LANDFEED si concentra su 5 tipologie di rifiuti organici in altrettanti Paesi europei:

  • rifiuti Ho.Re.Ca. (Spagna), generati sia in cucina sia da quello che i clienti lasciano nel piatto;
  • rifiuti animali (Francia), ovvero scarti di carne e di pesce;
  • rifiuti dell’olio d’oliva (Grecia), ovvero scarti di frantoio come la sansa;
  • rifiuti misti (Italia), cioè da trattamento di acque reflue, da allevamenti ittici, da digestato da residui agricoli, residui della lavorazione delle arance, residui estratti dalle microalghe, cenere vulcanica;
  • rifiuti caseari (Polonia) derivati da siero di latte, fanghi di caseificazione, scarti idrici della mungitura.

Nuove tecnologie per migliorare la biodiversità e la salute dei suoli

Il trattamento di questi rifiuti si basa su una serie di nuove tecnologie che saranno testate in impianti pilota per la formulazione di nuovi prodotti.

Tra i nuovi prodotti si studia la realizzazione di rivestimenti biodegradabili a base di chitosano e microalghe a rilascio controllato di nutrienti per migliorare l’efficienza dei fertilizzanti, ottimizzare le rese e ridurre le emissioni di gas serra e l’impatto sulle risorse idriche.

Inoltre, migliorare la biodiversità renderà più facile ripristinare la salute del suolo.

ENEA e Università di Catania nel progetto italiano

L’Università di Catania condurrà il progetto pilota italiano, focalizzato sui rifiuti misti, in collaborazione con l’ENEA, che svilupperà una piattaforma web di simbiosi industriale utile a semplificare la gestione dei diversi residui e a favorirne l’utilizzo nella produzione di biofertilizzanti.

«Questi residui, seppure di natura diversa, saranno trattati attraverso un processo sostenibile che permetterà di trasformarli in un prodotto utile per l’agricoltura, all’interno di un sistema che ottimizza l’utilizzo delle risorse disponibili, riducendone l’impatto ambientale».

Simbiosi industriale e passaporto digitale

Ci sembra degno di nota il fatto che l’organizzazione di LANDFEED permetta di «coordinare l’intero processo produttivo, promuovendo la collaborazione e lo scambio di sottoprodotti e scarti tra aziende in un sistema di simbiosi industriale», sottolinea Luciano.

«Inoltre, daremo il nostro contributo per implementare un passaporto digitale del prodotto per i fertilizzanti biologici, in modo da garantire la tracciabilità lungo l’intera catena di approvvigionamento e produzione, ottimizzando quindi l’uso di diversi residui organici, in base ai principi dell’economia circolare».

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