Le buone rese dei raccolti e il sequestro di carbonio non sempre vanno di pari passo. Una ricerca ha scoperto che la maggior parte delle pratiche di agricoltura rigenerativa in molti casi riduce le rese dei raccolti

Qual è il mix di pratiche migliori?
Finora si è ipotizzato che il sequestro di carbonio fosse una buona soluzione anche per le rese dei raccolti, ma un nuovo studio mette in discussione questa teoria.
La maggior parte delle pratiche di agricoltura rigenerativa – ad esempio, le colture di copertura, lasciare foglie e steli sul terreno, non lavorare il terreno – in molti casi riducono le rese dei raccolti. A questa conclusione è giunto Managing for climate production goals on croplands, uno studio della Cornell University (Stati Uniti) pubblicato in “Nature Climate Change”.
Benefici limitati
Analizzando modelli computerizzati, i ricercatori hanno scoperto che adottare misure per migliorare la salute del suolo può ridurre l’impatto dei gas serra (come il carbonio) o migliorare la resa delle colture, ma raramente porta benefici in entrambe le situazioni.
I modelli dello studio statunitense possono essere utili a vari livelli – per gli agricoltori, per i decisori politici, per quanti si occupano di sostenibilità a livello professionale – tenendo presente che sarà necessario costruire i piani di gestione in base alle diverse condizioni dei luoghi, che influiscono sul risultato finale.
Mitigazione del carbonio e resa dei raccolti
Ad esempio, il modello messo a punto dai ricercatori prevede che si raggiungano i risultati migliori in termini di mitigazione del carbonio e di contemporanea resa dei raccolti si ottengono quando i terreni sono ricchi di argilla o hanno poche sostanze nutritive.
Pertanto, il modello presentato nella ricerca fornisce informazioni contestualizzate sul mix di pratiche che possono migliorare la resa dei raccolti e contemporaneamente diminuire l’impatto dei cambiamenti climatici.
Fra le strategie di mitigazione del clima, gli agricoltori ricorrono alla semina di colture di copertura che poi lasciano sul campo.
I vantaggi delle colture di copertura
Le colture di copertura, infatti, aggiungono carbonio organico al suolo e apportano diversi vantaggi:
- migliorano la salute del suolo
- riducono l’erosione del suolo
- riciclano i nutrienti e convertono l’azoto in forme utilizzabili dalle piante (se si piantano le leguminose)
- proteggono la qualità delle acque di superficie.
Inoltre, lavorare meno i terreni riduce l’erosione del suolo e l’alterazione della sua struttura.
Quando si riduce la resa dei raccolti
Il modello ha messo a confronto le variazioni di carbonio organico nel suolo, il rilascio di gas serra e i risultati in termini di resa con la gestione convenzionale delle coltivazioni.
Gli studiosi hanno poi simulato una serie di scenari da qui alla fine del secolo con quattro pratiche di gestione:
- colture di copertura erbacee
- colture di copertura di leguminose
- assenza di lavorazione del terreno
- abbandono dei residui colturali nei campi.
Le colture di copertura erbacee combinate con l’assenza di lavorazione del terreno hanno limitato sensibilmente i gas serra, ma hanno ridotto la resa delle colture.
Le colture di copertura di leguminose senza lavorazione del terreno dato rese più elevate, ma benefici climatici inferiori di quasi il 70%. È più probabile che le rese siano ridotte nei climi più secchi, perché in queste condizioni le colture di copertura competono per l’acqua disponibile.
Aumento del protossido di azoto
Inoltre, in alcune regioni, le pratiche di mitigazione del clima hanno portato a emissioni di gas serra più elevate rispetto all’agricoltura convenzionale, dovute all’aumento di protossido di azoto nel suolo, un gas serra è 273 volte più potente della CO2.
I ricercatori hanno notato che combinando le colture di copertura con l’assenza di lavorazione del terreno, in molti casi aumenta il carbonio organico del suolo che così compensa gli effetti negativi delle emissioni di protossido di azoto.
In sintesi, per mantenere le rese dei raccolti la mitigazione massima dei gas serra fino al 2100 sarebbe inferiore di circa l’85% rispetto al caso in cui non si tenesse conto delle rese e si incentrassero le pratiche agricole solo sulle strategie mitigazione del clima.