Ci sono oltre 40mila oggetti in orbita e sono minacciati da detriti anche di pochi millimetri. Le collisioni mettono a rischio missioni nello spazio

Rifiuti da gestire sulla Terra. E rifiuti da gestire anche nello Spazio. E’ una prerogativa umana, quella che ci porta prima a inquinare e poi a capire come risolvere il problema. Dati dell’Esa ci dicono che quest’anno si contino circa 40mila oggetti tracciati in orbita. Nel 2020 erano 34mila. Quindi in appena 5 anni sono cresciuti del 18% di cui solo 11mila satelliti attivi. D’altronde le nostre missioni nello spazio aumentano di anno in anno. Per ragioni scientifiche e commerciali. Una su tutte: le migliaia di satelliti per la connettività globale.
L’accumulo di detriti spaziali
Nello spazio ci sono una miriade di detriti che non sono tracciabili, o non lo sono facilmente, perché di dimensioni minuscole (tra 1 mm e 1 cm). Si stima che in orbita ce ne siano 130 milioni, mentre oltre 1,2 milioni sono frammenti più grandi di 1 cm. Sono oggetti che girano nell’orbita bassa – dove si trovano i satelliti – ed anche la collisione con un oggetto piccolissimo può compromettere il funzionamento di strumenti spaziali, quindi spegnere satelliti e mandare in fumo missioni.
Che cose la Space Situational Awareness?
Anzitutto una possibile soluzione ai rifiuti nello spazio. Monitoraggio e tracciamento in tempo reale dell’ambiente, grazie a reti di sensori terrestri e spaziali, consente di anticipare eventuali collisioni e supportare le manovre necessarie a proteggere le infrastrutture orbitali.
L’integrazione tra SSA e intelligenza artificiale di bordo apre la strada a satelliti capaci di evitare autonomamente i detriti, riducendo la necessità di continui interventi da Terra. Infatti, non sempre è possibile conoscere cosa sta avvenendo nello spazio, magari per latenza nella comunicazione oppure perché la manovra correttiva è impossibile da effettuare con un certo anticipo.
L’esperienza italiana nello spazio
Torino, insieme a Roma, è la città dello spazio, dove ci trovano importanti aziende aerospaziali ed esiste un contesto di Pmi innovative. Tra queste AIKO, scaleup che sviluppa software avanzati basati su Intelligenza Artificiale e automazione per applicazioni spaziali, in collaborazione con ESA, Università e partner internazionali della space industry.
Uno dei progetti a cui sta lavorando fa parte dell’iniziativa ESA – Zero Debris Approach – che intende ridurre in modo significativo la produzione di detriti entro il 2030 e consiste in una piattaforma che riduce i rischi di collisione e pianifica manovre correttive direttamente a bordo del satellite. Il progetto – che coinvolge diversi partner industriali – prevede lo sviluppo di una piattaforma per rendere più sicura la gestione della sicurezza orbitale dei CubeSat.
Cosa sono i CubeSat?
Sono piccoli satelliti a forma di cubo, progettati a moduli, che li rendono economici, leggeri e facilmente lanciabili. Questo progetto ha l’obiettivo di sviluppare un sistema autonomo per la prevenzione delle collisioni spaziali, integrando un propulsore a liquido ionico, un sistema di monitoraggio da terra e un software di bordo basato su AI in grado di prendere decisioni autonome, sviluppato da AIKO.
Un software che consente al CubeSat di valutare in tempo reale il rischio di collisione e, se necessario, eseguire manovre correttive automatiche.
Rifiuti nello spazio: gli scudi stellari
Il secondo progetto per contrastare i detriti spaziali, si chiama SHIELD, ed è stato ideato per supportare piattaforme satellitari intelligenti capaci di prevenire guasti, evitare autonomamente rischi di collisione e garantire un rientro sicuro della missione al termine del ciclo operativo.
A garantire il funzionamento c’è un sistema operativo intelligente che unisce il controllo a bordo con il supporto da terra: AIKO sta sviluppando un software di bordo in grado di monitorare costantemente lo stato di salute del satellite, individuare eventuali problemi e decidere in modo autonomo come intervenire.
A terra, invece si analizza lo stato di salute di tutte le componenti, per ottimizzarne le operazioni. L’innovativa fotocamera per CubeSat, sviluppata dall’Università di Torino, permette infine il rilevamento dei detriti direttamente in orbita.
“I satelliti di domani non saranno solo strumenti operativi, ma agenti autonomi capaci di adattarsi a un ambiente spaziale in continua evoluzione. Non più solo oggetti passivi da monitorare da terra”, le parole di Lorenzo Feruglio, CEO e Co-founder di AIKO., il cui obiettivo è “costruire un ecosistema orbitale più sicuro, sostenibile e intelligente, in cui ogni satellite possa contribuire attivamente alla protezione dello spazio”.