Urgente investire nella protezione della biodiversità e nell'adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi africani esportatori di cacao.

di Erminia Voccia
La crisi europea del cioccolato diventa sempre più acuta a causa della perdita di biodiversità. Per tale ragione la sicurezza delle importazioni dell’Unione Europea risulta sempre più minacciata dai fattori ambientali. Più di due terzi delle scorte europee di cacao, caffè, soia, riso, grano e mais nel 2023 provenivano da Paesi non abbastanza preparati a gestire le conseguenze del surriscaldamento globale.
Gli studi finora conosciuti sull’argomento si erano soffermati unicamente sulla vulnerabilità delle importazioni di alimenti rispetto al clima. I ricercatori dell’organizzazione Foresight Transitions si sono chiesti, invece, quanto la perdita di biodiversità incida sui Paesi esportatori. Il quadro è tutt’altro che rassicurante e solleva non poche domande sulla capacità dell’Unione di rispondere a tali cambiamenti. Il cacao, il grano e il riso risentono in maniera significativa dell’impatto sulle colture causato dalla perdita costante di biodiversità, amplificando il rischio posto dal cambiamento del clima.
La perdita di biodiversità e la produzione di cioccolato
La scomparsa della biodiversità rende le aziende agricole e gli ecosistemi circostanti meno resilienti ai contraccolpi climatici. Un circolo vizioso molto pericoloso: le colture sono meno resistenti alle malattie e le malattie si diffondono più facilmente a causa della perdita di biodiversità. La resa dei terreni risente della distruzione della vegetazione autoctona, capace di modificare i microclimi locali. La pratica della monocultura, inoltre, impoverisce il suolo e danneggia gli ecosistemi biologici alla base della produzione di beni alimentari.
Camilla Hyslop, a capo della ricerca, ha avvertito: “Non stiamo parlando di minacce astratte. Gli effetti di tutto questo sono già ben evidenti“. La perdita di biodiversità danneggia le imprese, mette in pericolo moltissimi posti di lavoro e la sicurezza delle catene di approvvigionamento, con conseguenze dirette sul prezzo degli alimenti, che grava sui consumatori finali.
I ricercatori hanno mappato le rotte del commercio sulla base dei dati forniti da Eurostat e hanno ragionato su due criteri per calcolare il livello di esposizione di alcune importazioni. Il primo criterio è la classifica del Notre Dame Global Adaptation Index, che confronta la vulnerabilità ai danni climatici con i finanziamenti e il supporto delle istituzioni.
L’altro criterio adottato è il livello di integrità della biodiversità del Museo di Storia Naturale del Regno Unito, che paragona invece l’attuale abbondanza di specie selvatiche a quelle dei tempi premoderni.
Le importazioni europee di cacao provengono principalmente dall’Africa Occidentale: Costa d’Avorio, Ghana, Cameroon e Nigeria. Il 90% del cacao importato arriva da Paesi con livello di vulnerabilità climatica basso-medio o inferiore, mentre il 67% da Paesi con un punteggio medio o basso di integrità della biodiversità.
Il tema degli investimenti privati a difesa della biodiversità
Non è solo una questione di altruismo ma di sicurezza ambientale ed economica, il cioccolato sarà sempre più raro e costoso. The report suggerisce ai grandi produttori europei di cioccolato di investire nella protezione della biodiversità e nell’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi esportatori di cacao.
“Il cioccolato, così come il caffè, non è un bene che definiremmo di prima necessità eppure rappresenta un campanello di allarme dell’impatto della crisi climatica sull’agricoltura. – commentano Matteo Nardi e Letizia Palmisano, autori del libro 10 idee per salvare il pianeta prima che sparisca il cioccolato – Questi comfort food così amati sono prodotti per la maggior parte proprio nei Paesi più esposti ai cambiamenti climatici e ai fenomeni meteo estremi tra cui ondate di calore, siccità e inondazioni“.
“Come consumatori faremmo meglio a renderci conto che le nostre scelte quotidiane hanno tutte un impatto in termini climatici ed è quindi fondamentale acquistare i prodotti rispettosi delle persone e del pianeta, affidandoci alle principali certificazioni in materia. Soprattutto, dovremmo sostenere – a tutti i livelli – politiche volte ad una transizione ecologica rapida ed equa verso i territori più fragili. Un argomento, quest’ultimo, al centro anche delle ultime COP da quella di Baku a quella di Roma nel 2025, dove è stato affrontato il tema, altrettanto cruciale, degli investimenti privati a difesa della biodiversità”.
Leggi anche: Raggiunto accordo storico alla COP16 di Roma sulla finanza per la biodiversità