All’Agrifood Forum di Rinnovabili.it la visione sul futuro del cibo: produrre meglio e consumare meno

Hanno assistito all’evento più di 12mila persone, i post hanno raggiunto 60mila utenti. Questi i numeri dell’Agrifood Forum di Rinnovabili.it, il primo evento digitale dedicato all’alimentazione sostenibile italiana organizzato dalla nostra testata con la collaborazione del Santa Chiara Lab e i patrocini di ASVIS, Confagricoltura, Associazione Borghi autentici, Future food institute, Fondazione Symbola, Slow food Italia, Earth day Italia. Una giornata di intensi lavori in preparazione del Food Sistem Summit di settembre a New York. Tantissimi i relatori tra cui il vicedirettore della FAO, Maurizio Martina, ed il Ministro MIPAAF Stefano Patuanelli. Qui riportiamo i lavori della sessione mattina: l’impegno della politica, della ricerca e delle istituzioni.

Agrifood Forum: Produrre meglio e consumare meno

Innovazione e sostenibilità per il futuro del cibo

(Rinnovabili.it) – Produrre meglio e consumare meno. Questa la fotografia che, in una frase, emerge dalla prima sessione dell’Agrifood Forum di Rinnovabili.it, il primo evento digitale dedicato all’alimentazione sostenibile italiana organizato con la collaborazione del Santa Chiara Lab e i patrocini di ASVIS, Confagricoltura, Associazione Borghi autentici, Future food institute, Fondazione Symbola, Slow food Italia, Earth day Italia. Sul tavolo tanti elementi di discussione, dal Recovery plan alla Pac, dalle agro-energie alla formazione, dal giusto reddito da distribuire lungo la filiera agro-alimentare al tema forse centrale dei prossimi 10-15 anni, l’innovazione; fino, naturalmente, alla chiave che tiene insieme tutto: la sostenibilità. 

Il 2021 è un anno cruciale – ha ricordato il direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo, dando il via all’Agrifood Forum nella veste di moderatore – tra il Food System Summit, il G20 a presidenza italiana e la COP26. La sostenibilità alimentare è un tema che sta diventando centrale nelle linee guida della politica italiana e non solo, ed è anche un tema complesso che racchiude tanti sotto-aspetti da analizzare congiuntamente: la cultura del cibo, l’esigenza di creare nuove alleanze come quella tra produttori e consumatori, la riduzione degli sprechi, la povertà alimentare, l’innovazione“.

L’Italia gioca un ruolo di baricentro anche per la responsabilità che riveste in alcuni passaggi internazionali, per esempio la presidenza del G20 e la co-presidenza della Cop26″, osserva il vicedirettore generale della Fao Maurizio Martina. “Ma un passaggio fondamentale sarà il vertice che si terrà a Roma a luglio, il summit di preparazione al Food system summit previsto per settembre a New York”. Secondo Martina “la pandemia ha rappresentato un pauroso acceleratore di alcune dinamiche problematiche che da tempo sono sul tavolo. Abbiamo avuto un incrocio micidiale tra crisi sanitaria, climatica, e economica; un intreccio che ha proprio nei sistemi alimentari un perno centrale. Il sistema deve ora riorganizzarsi in base a queste tre sfide”.

In vista del pre-Food system summit – spiega l’ex ministro delle Politiche agricole – “noi stiamo lavorando ai principali elementi di resilienza dei sistemi agricoli e alimentari” sulla base di “cinque grandi linee di impegno” come indicate “dalle Nazioni Unite: garantire l’accesso al cibo sicuro e nutriente per tutti; nuovi modelli di consumo sostenibili; promozione di modelli produttivi più positivi e integrati con il sistema ecologico e la natura, in particolare affrontando fino in fondo la questione della tutela della biodiversità; l’equità all’interno del processo di trasformazione dei sistemi alimentari; la costruzione di azioni per la resilienza in ragione della nuova vulnerabilità dei sistemi alimentari e agricoli”.

“Siamo entrati in un’epoca in cui quello che fino a poco tempo fa consideravamo straordinario sta diventando una condizione ordinaria e strutturale – rileva Martina – questo deve cambiare con le giuste politiche. Questi summit devono servire per delineare un concetto: produrre meglio consumando meno. E noi siamo entrati in una stagione che deve insegnarci a disegnare i caratteri della nuova economia. Serve ambizione e coraggio per disegnare questo nuovo modello in modo più equilibrato”.

Una rappresentazione su cui si trova d’accordo l’attuale ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli; che aggiunge un pizzico di operatività: “Abbiamo sempre fissato obiettivi ma non abbiamo mai dato gli strumenti per raggiungerli. Oggi, quegli strumenti, li abbiamo a disposizione, in parte legati alla Pac e in parte legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”, definito “una chance che arriva in risposta alla pandemia. Abbiamo così la possibilità di incidere oggi e di sfruttare quel clima di avvicinamento alla sostenibilità”.

Alcuni argomenti saltano nelle parole del ministro: come la questione della “filiera” (tipo “dare esecuzione alla strategia Farm to fork per una nuova alleanza dal produttore al consumatore”) con “la creazione di valore aggiunto” e “la capacità di distribuirlo lungo la filiera”, della capacità innovativa, e l’implementazione di un “dibattito profondo con la società civile” affinché comprenda l’importanza di “un’alimentazione sana, che sappia valorizzare l’uso sano dei cibi e equilibrato dei nutrienti”.

La connessione tra ambiente e agricoltura viene evidenziata per esempio dalla “corretta gestione dell’acqua” che “non si può più rimandare”, quella energetica con il “biometano e in futuro abbastanza vicino l’idrogeno” dal momento che i “costi di produzione per le nostre aziende sono più alti della media europea”; ed è qui che si inserisce l’agri-solare e l’agri-voltaico. “L’agricoltura ha una grossa capacità di innovazione, dalla sensoristica, all’uso del satellite, al gps di precisione, la meccanizzazione e la sostituzione di macchine agricole”.

Il direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Maeci della Farnesina, Giorgio Marrapodi, si è invece soffermato sul fatto che questo è “l’anno dedicato ai sistemi alimentari” e che il “nostro sistema impreziosito dal cibo di qualità”, raccontando le iniziative avviate: “un tavolo con tutti gli attori coinvolti, i dialoghi con università, settore privato, produttori e associazioni, l’approccio attento ai diritti umani”.

Dobbiamo scegliere accuratamente il sistema con cui decidiamo di misurare la sostenibilità alimentare“, spiega nel suo intervento Filippo Gallinella, Presidente Commissione Agricoltura della Camera. “Sostenibilità non solo del prodotto, ma anche dell’azienda agricola visto che possiamo misurare l’impatto delle pratiche agricole sull’ambiente“.

L’evoluzione e la crescita demografica al centro del discorso del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: “Nel 2050 saremo quasi 10 miliardi di persone. Questo aumento della popolazione mondiale deve essere accompagnato anche dallo sviluppo di sistemi agricoli adeguati a saper rispondere alla domanda. Il futuro sarà caratterizzato da una parte dalla necessità di produrre cibo in quantità e dall’altra dal bisogno di offrire servizi ecosistemici. In questo ambito sarà fondamentale l’innovazione”.

Proprio su questo si concentra Angelo Riccaboni,  presidente del Santa Chiara Lab dell’università di Siena: “L’innovazione deve essere tecnologica ma anche organizzativa e sociale, e in grado di valorizzazione una delle caratteristiche dell’Italia: le filiere, la rete, e l’ingresso anche alle piccole aziende nel sistema della ricerca. Per farlo dobbiamo trovare dei meccanismi nuovi di co-creazione e co-costruzione. Inoltre è urgente valorizzare le buone pratiche, in modo da far vedere che l’innovazione si può fare. E puntare sulla comunicazione e l’educazione, formando i produttori e inviando i giusti messaggi ai consumatori”. Ma c’è anche un aspetto tanto romantico quanto economico, dice Riccaboni: “Per far fronte alla sfida della sostenibilità da una parte abbiamo bisogno di innovazione dall’altra dobbiamo valorizzare la dieta Mediterranea, che – osserva – vedo come uno strumento economico”.

Per Sara Roversi del Future food institute tutto parte dall’educazione. “È l’unico modo di pensare all’ecologia per tenere insieme le tante dimensioni che vengono toccate: ambientale, sociale, culturale, economica. Educazione e formazione sono tra i pilastri della transizione in atto nei sistemi alimentari: dobbiamo prima di tutto imparare un modo diverso di affrontare i problemi“.

Il presidente di Symbola Ermete Realacci ne fa un tema di desiderabilità sociale chiamando in causa e parafrasando Alex Langer: “Non vinceremo questa sfida se non sarà anche una sfida che la gente percepisce come una liberazione, se non dà l’idea alle persone che migliora la loro vita”; ecco perché non si deve “ragionare usando soltanto degli algoritmi astratti ma tenendo anche al cuore di quello che l’Italia può trasmettere al mondo”.

Le biotecnologie rappresentano un potenziale enorme di sviluppo per l’agricoltura, soprattutto oggi perché abbiamo le nuove tecniche di genome-editing“, commenta Massimo Iannetta, Responsabile Divisione Biotecnologie e Agroindustria di ENEA nel suo intervento. “Centrale è anche il tema della chiusura dei cicli. Su questo punto abbiamo attivato una piattaforma di stakeholder, IGEST, con l’obiettivo di fare innovazione non solo tecnologica ma anche di governance, verso nuovi modelli di sviluppo per creare nuovo valore aggiunto all’interno delle filiere“.

Il ruolo significativo del concetto di filiera che in Italia diventa “filiera locale del cibo, ci permette di costruire dei ponti tra comunità e tra ecosistemi estremamente diversi”, mette in evidenza Francesco Sottile di Slow food. Un concetto antico e moderno insieme che per Rosanna Mazzia, presidente di Borghi autentici, si declina con la vita nei borghi. “Chi ci vive sono eroi del nostro tempo – conclude Mazzia – sono resilienti per natura. I borghi si propongono come luoghi di sperimentazione; luoghi che sono dei piccoli custodi di filiere di nicchie che riescono a mantenere intatta l’identità dell’Italia”.

Agrifood Forum: Best practices tra visione e innovazione tecnologica

Non solo impegni da assumere e obiettivi da raggiungere. Quando si parla di sostenibilità alimentare l’Italia possiede un proprio bagaglio di esperienze e risultati da mostrare al resto del mondo. Quella che per molti è già la patria del buon cibo, sta progressivamente portando avanti una trasformazione di sistema in grado di fondere assieme istanze economiche, ambientali e sociali. Termometro di questo cambiamento, la seconda sessione dell’Agrifood Forum di Rinnovabili.it, che ha messo a confronto le buone pratiche delle grandi imprese alimentari italiane con le innovazioni delle giovani aziende. Seguendo un unico filo conduttore: la capacità di adattare il know-how nostrano alle sfide moderne tramite un nuovo approccio tecnologico e di business.

Come ricorda Isabella Ceccarini, giornalista di Rinnovabli.it e moderatrice della sessione pomeridiana “un’agricoltura innovativa è un’agricoltura che produce di più e inquina di meno”. Un concetto rimarcato anche Massimo Monti, AD di Alce Nero, celebre marchio del biologico italiano. “La prima cosa che l’agricoltura deve fare, è non essere più una causa del cambiamento climatico”. Come? Attraverso la ricerca, gli investimenti, la condivisione delle conoscenze e soprattutto la partecipazione degli agricoltori. “Il processo di innovazione sostenibile deve riguardare tutto il sistema”. Obiettivo su cui il biologico “è piuttosto avanti”, sottolinea Monti. Senza dimenticare l’utente finale. “Potremo avere una speranza di futuro sostenibile se i cittadini di questo mondo, almeno la maggior parte, consumeranno in maniera sostenibile”. Ciò significa anche ridare al cibo il giusto valore economico, educando a tale valore. E mirare all’equità nella distribuzione del reddito per permettere a tutte le famiglie di consumare in maniera sostenibile. 

L’attenzione alle esigenze dei consumatori unitamente a quelle ambientali è uno degli elementi trainanti della strategia di Granarolo, che in tempo di pandemia ha avviato uno spaccio digitale dove vendere prodotti vicini alla data di scadenza ad un prezzo ridotto. Uno strumento di lotta allo spreco alimentare che tende la mano al risparmio familiare. La trasformazione in chiave verde, spiega il Presidente del Gruppo Gianpiero Calzolari, si accompagna ad un processo di innovazione di prodotto e digitalizzazione aziendale. “Se vogliamo orientare il mondo agricolo verso una trasformazione ecologica, dobbiamo dare la certezza di aver avviato un processo che si concluda in un tempo certo”.

Un esempio concreto? “Abbiamo circa 600 soci allevatori, il 30% ha già attivato un impianto fotovoltaico, di produzione biogas o biometano”. Non solo. Robotica e ioT hanno già fatto il loro ingresso nelle stalle del Gruppo con l’obiettivo di migliorare la produzione anche sul fronte della sostenibilità. “Collegando il valore del made in Italy a quello del cibo sostenibile, aumentiamo la credibilità della nostra offerta soprattutto nei confronti delle nuove generazioni”.

Lara Ponti, AD di Ponti, abbraccia anche la questione sociale. L’azienda, che dal 2017 lavora su obiettivi allineati a quelli dell’Agenda 2030 dell’ONU, ha dato ampio spazio al lato umano, raggiungendo la parità di retribuzione fra generi e una distribuzione contrattuale omogenea. A ciò si associa un lavoro continuo sul fronte della transizione ecologica. Oggi tutta l’energia impiegata dall’azienda viene fonti rinnovabili; nel 2020 i consumi idrici sono stati tagliati del 10% e i rifiuti non riciclabili del 30%. “Complessivamente quello che stiamo facendo è utilizzare tecnologia e innovazione per ridurre la nostra impronta ambientale. Nel piano di sostenibilità che stiamo preparando ci daremo nuovi obiettivi”. Per Ponti si tratta di intraprendere un percorso di miglioramento continuo, che bilanci “ciò che l’azienda consuma con quanto può restituire ai territori in cui vive”.

La sostenibilità di sistema caratterizza anche l’approccio aziendale di illycaffè, la prima B- corp nel settore del caffè italiano, da anni impegnata sia a livello ambientale che sociale. “Nel 2033 festeggeremo il nostro 100° anniversario e vogliamo farlo avendo già raggiunto le zero emissioni nette”, spiega il presidente Andrea Illy. In tal senso, uno degli strumenti su cui sta puntando l’azienda per sostenere la decarbonizzazione è l’agricoltura rigenerativa applicata alle coltivazioni di caffè. Pratica agronomica classificata come “non convenzionale”, mira a nutrire il suolo con carbonio organico, aumentando il sequestro della CO2 dall’atmosfera. Nel contempo nutre il microbiota migliorando la resistenza e la fertilità delle piante, con benefici diretti anche per la salute umana. Questa “agricoltura virtuosa”, come la definisce Illy, è applicata oggi al caffè ma “verrà estesa anche agli altri prodotti dell’azienda”, quali tè, cacao, e vino.

 Si ricollega alla tutela del territorio anche l’intervento di Enrico GalassoAD di Birra Peroni. L’azienda ha avviato nel 2018, in collaborazione con il CREA, il Campus Peroni, centro per la promozione e la diffusione della sostenibilità in ambito cerealicolo; con lo scopo di “creare un punto di incontro e di ricerca che mettesse insieme azione e startup, coinvolgendo diverse università italiane”. Uno degli obiettivi del progetto è la coltivazione sostenibile dell’orzo distico da birra, migliorando anche le performance di reddittivà.  Su questo obiettivo “abbiamo più di 1500 agricoltori che lavorano con Birra Peroni […] il campus permette di tracciare e sapere come vengono coltivati i nostri ingredienti aiutando gli agricoltori a rendere ancora più sostenibile il loro raccolto la sostenibilità”. L’iniziativa è stata estesa anche a 130 agricoltori che coltivano il mais nostrano destinato alla Nastro Azzurro.

Nasce sul campo anche l’innovazione raccontata da Giovanni Tula, Responsabile Sostenibilità Enel Green Power. La società energetica ha aperto le porte all’agrifotovoltaicoun modello innovativo che nasce per conciliare produzione fotovoltaica con produzione agricola, con una forte connotazione circolare, perché permette di impiegare al meglio la risorsa suolo con un uso multiplo”. In questo contesto Enel sta sperimentando un preciso approccio: partire dagli impianti solari su scala utility già presenti sul territorio per integrarvi colture agricole negli spazi liberi tra le file dei moduli o sotto i pannelli.

La società sta testando questo modello in 9 siti dimostrati in Europa, di cui 2 in Italia. “A gennaio sono partiti i test in situ che coprono una trentina di ettari, 2-3 ettari a sito”, coltivando erbe da foraggio, cucurbitacee, leguminose, asparagi, zafferano. “Stiamo anche valutando se integrare colonie di api”. Un sistema win-to win per energia e agricoltura in gradi di assicurare anche benefici ambientali (ad esempio tramite miglioramento degli habitat) e sociali (nuove tipologie occupazionali come l’operatore “agrosolare”).

Anche Eni sta mettendo l’innovazione al servizio del comparto agricolo, come racconta Massimo Sabatini di SouthUp (Joule – la Scuola di Eni per l’Impresa). SouthUp è la prima call for startup a tema agritech-agroenergia lanciata dall’azienda in Basilicata. L’obiettivo è quello di individuare soluzioni tecnologiche innovative volte ad aumentare l’efficienza dei processi e la resilienza delle pratiche agricole in ottica di sostenibilità sociale e ambientale. “Stiamo cercando di coinvolgere le aziende agricole lucane in maniera che le startup collaborino direttamente con loro”. Un’iniziativa che guarda al Mezzogiorno con l’ambizione di “far diventare la Basilicata un hub per l’agricoltura 4.0″.

A chiudere il quadro giovani aziende italiane che hanno fatto dell’innovazione sostenibile la loro cifra distintiva. Parliamo di Biofarm, Planet Farms ed IoAgri: tre realtà diverse ma accumunate dalla voglia di rivoluzionare il settore agroalimentare italiano (e non solo).

Biofarm, come racconta il suo CEO e cofondatore Osvaldo De Falco, è un’azienda agricola digitale che, grazie alla creazione di un nutrito network di piccoli agricoltori bio, permette ad società e famiglie di adottare alberi da frutta, alveari, campi di grano o vigne, monitorarne la crescita e la resa, ottenendo direttamente a casa i frutti della raccolta. Si crea in questo modo una fiera cortissima di cui beneficia a livello economico sia il coltivatore che l’utente. “Oggi abbiamo una rete di 70 aziende agricole biologiche, in continua crescita, in 18 regioni d’Italia con oltre 200 produzioni”.

La filiera ultra corta caratteristica anche l’approccio di Planet Farms. L’azienda è uno dei nomi più noti quando si parla di agricoltura verticale, sistema multitecnologico che permette di coltivare a basso impatto ambientale e ad alta resa. Spiega Daniele Benatoff, co-fondatore e Co-CEO della startup “negli ultimi 50 anni abbiamo prodotto dove si poteva, quando si poteva. E consumato in centri urbanizzati sempre più densi e grandi”. E con le nuove generazioni si è progressivamente perso il consumo locale e stagionale. L’approccio delle verticale farm cambia questo paradigma “Produco quando serve e dove serve. Per 365 giorni l’anno, a ridosso dei centri urbani, senza chimica […] avendo una fiera molto corta permettiamo di consumare meglio, senza produrre sprechi”

Portare la digitalizzazione sul campo è l’obiettivo che si è data IoAgri. La startup ha creato un software gestionale a partire dalle esigenze espresse dagli stessi agricoltori. Il programma permette di tenere quotidianamente sotto controllo le attività colturali, analizzando nel contempo il quadro economico. “In questo modo – spiega Vito Sanitate, co-founder e CEO dell’azienda – tutto quello che viene fatto è rendicontato puntualmente tramite l’app IoAgri […] così l’azienda agricola può capire se una determinata coltura ha generato reale guadagno e come ottimizzare, se possibile, i processi”. L’azienda rilascerà a breve una soluzione per utilizzare l’applicazione direttamente sul campo.

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