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Quinoa: dai campi delle Ande alle tavole mondiali

La maggior parte della produzione avviene in Boliva e Perù, nonostante il prodotto sia sempre più in ascesa sui mercati internazionali

quinoa
Foto di Susana Martins da Pixabay

Identikit di un superfood

Nome scientifico Chenopodium Quinoa

Varietà: pianta erbacea annuale 

Famiglia: Chenopodiaceae 

Modalità di consumo: semi di quinoa – farina di quinoa

Luogo di origine: America meridionale

No, non è un semplice elenco. Si ratta della carta d’identità di un alimento che è diventato il protagonista dei pasti “healthy” e che ha visto la propria ascesa sulle tavole italiane e mondiali nell’ultimo decennio. 

Parliamo della Quinoa, consumata prevalentemente nella variante dei famosi semi di Quinoa e della “farina” che da essi si ottiene. Per le caratteristiche che la rendono più simile a mais, amaranto e avena, la Quinoa viene classificata come uno pseudo cereale, pur non appartenendo alla categoria. Sue dirette congiunte infatti, sono le più ben note piante di spinaci e della barbabietola da zucchero, delle quali la Quinoa presenta il ricco apporto di minerali. 

Quinoa: origini e luoghi di produzione

La pianta della Quinoa o Chinoa è una varietà erbacea a presenza annuale o biennale che proviene dalla zona delle Ande, nel Sud America, dove tuttora è maggiormente coltivata e rappresenta l’equivalente del nostro frumento nella tradizione agricola di queste terre. 

I popoli antichi degli Incas la consideravano la “madre di tutti i semi” riconoscendone già all’epoca le proprietà benefiche. 

La pianta si presenta come un arbusto di colore rosso che produce estremità simili a “pannocchie”, le quali racchiudono migliaia di semi. Tali semi diventano edibili a seguito di un trattamento speciale di decorticamento, che ne elimina il rivestimento particolarmente amaro all’assaggio. 

La maggior parte della produzione di Quinoa avviene nelle terre di origine andina: Boliva e Perù ne sono le principali produttrici ancora oggi, nonostante il prodotto sia sempre più in ascesa sui mercati internazionali.

È una coltura che ha trovato fortuna in quei territori e che allo stato “selvaggio” non richiede particolare manutenzione. Molto spesso, infatti, cresce spontanea, seguendo le caratteristiche delle piante infestanti che si espandono anche in territori impervi. È molto rigorosa e non teme temperature più rigide. Proprio per questa ragione e per la generosa presenza su terreni nei quali non erano possibili colture più delicate come il mais o simili, la Quinoa ha costituito per lungo tempo il sostentamento alimentare delle popolazioni dell’America del sud. Ne esistono oltre 200 varietà, non tutte allo stesso modo pregiate e apprezzate a livello culinario.La sua coltivazione è apparentemente semplice: i semi gettati direttamente a dimora nel terreno germogliano in breve periodo e grazie al ridotto apporto di acqua di cui necessita per la sopravvivenza, la Quinoa è una delle colture considerate più sostenibili nell’epoca che viviamo. 

La quinoa italiana: dalla Toscana una nuova varietà a km zero 

Sostenibile e a basso costo ma con quotazioni di mercato così alte da dar vita alla corsa produttiva di numerose aree agricole, dal Nord America fino all’Europa. È questo il motivo per il quale sono sempre di più gli agricoltori che guardano con fiducia alle opportunità di guadagno che la produzione di Quinoa sembra offrire. 

Il nostro Paese ha la sua fetta di mercato della Quinoa e ne importa circa 2.500 tonnellate ogni anno, oltre il 2% della produzione mondiale. 

Non sono pochi gli agricoltori italiani che hanno scelto questa coltura inserendola in un regime di rotazione delle colture biologiche, a seguito di analisi approfondite su quale sia la varietà migliore e più rigogliosa per le nostre latitudini. 

Dalle prove e dagli studi portati avanti in questi anni anche in Italia si è finalmente giunti alla nascita della prima variante nostrana di quinoa, chiamata Quipu, che ha origine nell’aretino, in Toscana. Una varietà non ogm, ottenuta a seguito di numerosi studi e approfondimenti condotti dall’Università di Firenze, secondo le naturali regole degli incroci di genotipi selezionati in base alle migliori caratteristiche di adattabilità al clima italiano. 

Senz’altro la sua produzione rappresenta una sfida e uno sforzo reiterato negli anni alla ricerca delle modalità di coltivazione più favorevoli per ottenere un cibo che presenti le medesime proprietà nutritive della versione andina e che ben si adatti alla dieta mediterranea del nostro Paese. 

Chiunque pensi che la coltivazione della Quinoa sia cosa da poco, dunque, si sbaglia ma la sua coltivazione in Italia dimostra avere molteplici risvolti. 

Da un lato, rappresenta un’opportunità di penetrazione anche di altri settori differenti da quello alimentare, come il campo della nutraceutica, dell’erboristeria e l’ambito farmaceutico. Dall’altro risponde anche a questioni di carattere etico. 

A causa dell’elevata richiesta di prodotto per il consumo su scala mondiale, infatti, nelle terre delle Ande da cui deriva il maggior quantitativo di importazione, il costo dell’alimento è diventato insostenibile per la popolazione locale, che deve orientare le proprie esigenze alimentari su altri cibi a discapito delle qualità nutritive e della propria dieta. 

Quinoa e alimentazione: doti sensazionali in pochi semi

Scopriamo quali sono le proprietà e i benefici della quinoa nel campo dell’alimentazione.

Negli ultimi anni, è arrivata sulle nostre tavole come valido alimento alternativo nelle diete prive di glutine e nei regimi alimentari controllati, vegetariani e vegani. 

Dalla macinazione dei semi di quinoa si ottiene una farina ad alto contenuto di amido e di proteine (circa 14gr per 100gr), scarsamente calorica, e che apporta ai piatti un equilibrato quantitativo di fibre, proteine e minerali come fosforo, calcio, zinco e magnesio. 

La Quinoa, indipendentemente dalla modalità con cui viene consumata, è anche fonte di vitamine del gruppo B ( B1 – B2 – B5 – B6) e C, e di grassi amici come gli Omega 3 e 6. Tra i suoi plus si elencano anche una vasta gamma di aminoacidi essenziali.

Come agiscono tutte queste qualità positive sul nostro organismo? È presto detto: grazie alle sue componenti nutrizionali, il consumo bilanciato di Quinoa aiuta nella prevenzione di malattie cardiovascolari, contrasta ipertensione e aritmia, favorisce la digestione e combatte l’invecchiamento cellulare grazie all’elevata presenza di antiossidanti che limitano l’accumularsi di radicali liberi. Inoltre, gioca un ruolo favorevole contro l’emicrania. Per queste innumerevoli doti, la quinoa è sempre di più, considerata un super alimento che si presta a svariate preparazioni culinarie.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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