Sanremo, non solo Festival. Con il caro energia muoiono i fiori

Parte da Sanremo, in coincidenza con l’inizio del Festival, l’allarme per il settore florovivaistico messo in ginocchio dai rincari dell’energia e delle materie prime. I fiori sono un esempio di bellezza e creatività, ma hanno anche un grande valore economico: il settore vale più di 2,57 miliardi di euro, 27mila aziende e 200mila occupati

Foto di schneeknirschen da Pixabay

Il settore florovivaistico italiano vale 2,57 mld di euro

Dire Sanremo e pensare Festival, specie in questi giorni, è un riflesso automatico. Ma Sanremo è una città famosa nel mondo soprattutto per la coltivazione di splendidi fiori. Il Festival è quindi una ulteriore vetrina per mostrare i fiori italiani.

Fiori: bellezza e valore economico

Anche se coltivano fiori bellissimi, i produttori sono messi in ginocchio dall’aumento dei costi dell’energia. Le serre hanno bisogno di energia per il riscaldamento e di carburante per la movimentazione dei macchinari; i costi delle materie prime come fertilizzanti, vasi e cartoni sono schizzati alle stelle. Tutti costi diventati insostenibili per i vivai italiani.

Per dare un’idea del valore dei fiori italiani nell’ambito dell’economia agricola nazionale, Coldiretti stima che il settore florovivaistico superi i 2,57 miliardi di euro: le 27mila aziende attive in Italia danno lavoro complessivamente a 200mila occupati. Numeri che danno la percezione della gravità di quello che sta accadendo e dei risvolti sociali ed economici.

Rincari e ritardi nelle consegne

Coldiretti fa un esame dettagliato del rincaro dell’energia. Per i fertilizzanti gli aumenti vanno dal +143% dell’urea, passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata, al +20% delle torbe; per quanto riguarda gli imballaggi, gli incrementi di prezzo vanno dalla plastica per i vasetti dei fiori (+72%) al vetro (+40%), fino alla carta (+31%). In questa situazione, tra l’altro, è diventato difficile reperire i materiali per i quali si allungano i tempi di consegna che in qualche caso addirittura quintuplicati.

Tutto il settore agricolo è in difficoltà, ma per quello florovivaistico la situazione è più grave. Per alcune pratiche agricole si può cercare di concentrare le operazioni colturali nelle ore in cui l’energia costa meno; le imprese florovivaistiche, al contrario, non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura. Le rose e le gerbere, ad esempio, riescono a fiorire solo se si trovano a una temperatura costante di almeno 15 gradi per fiorire; alle orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire e senza riscaldamento muoiono.

Riconvertire la produzione?

Non tutte le aziende ce la fanno ad andare avanti. Chi non riesce e far fronte agli aumenti è costretto a spegnere le sere e smettere la coltivazione di fiori: l’unica alternativa possibile è cercare di riconvertire la produzione, ma non è un’operazione priva di difficoltà.

Infine una considerazione di carattere economico con risvolti sociali non trascurabili. Se scompaiono i fiori italiani dai mercati, crescono le importazioni dall’estero. Da un’analisi di Coldiretti su dati Istat emerge che nei primi dieci mesi del 2021 le importazioni di fiori sono cresciute del 20%: fiori che hanno sullo sfondo il trattamento non sostenibile dei lavoratori. Le rose del Kenya sono coltivate da lavoratori sottopagati, i fiori che provengono dalla Colombia e dall’Ecuador portano con sé lo sfruttamento della manodopera femminile.

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