I ghiacciai alpini si sono ridotti del 60% negli ultimi 150 anni

Il nuovo rapporto di Legambiente e del Comitato glaciologico italiano. La situazione peggiore per le Alpi orientali, e in particolare preoccupa il ghiacciaio della Marmolada che in base agli ultimi dati potrebbe scomparire nell’arco di 15-20 anni

ghiacciai alpini
Foto di kordula vahle da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – I ghiacciai alpini in Italia sono sempre più a rischio per colpa dei cambiamenti climatici: dalla perdita di neve e di ghiaccio alla degradazione del permafrost, viene stimato che la superficie di ghiaccio dell’arco alpino si sia ridotta del 60% negli ultimi 150 anni; con punte soprattutto nelle Alpi Orientali. È questa la fotografia scattata da Legambiente, in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano (CGI), e contenuta nel nuovo rapporto sui ghiacciai alpini ‘Carovana dei ghiacciai’, presentato nel corso di un evento on-line in occasione della Giornata internazionale della montagna. Un appuntamento in cui Legambiente lancia anche un pacchetto di 12 proposte per affrontare in modo adeguato il pericolo causato dai cambiamenti climatici sulle vette, chiedendo al governo l’approvazione urgente del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici.

Nelle Alpi Orientali “preoccupa la situazione del ghiacciaio della Marmolada” che in base agli ultimi dati “potrebbe scomparire nell’arco di 15-20 anni”. Secondo l’analisi sui ghiacciai “dalla fine del decennio del 1980 la contrazione dei ghiacciai si è notevolmente accelerata e i delicati equilibri degli ambienti glaciali d’alta quota sono stati sconvolti dal progredire del riscaldamento” globale.

Nel settore delle Alpi centrali, monitorato con il contributo del Servizio glaciologico lombardo, “procede incessante da numerosi anni la contrazione delle fronti, particolarmente marcata nel 2018. La contrazione dei ghiacciai lombardi è sottolineata da numerosi apparati che sono scarsamente alimentati o addirittura quasi completamente privi di neve residua”. Tra i gruppi montuosi più esposti, “il Gruppo Ortles – Cevedale, il Gruppo Badile – Disgrazia e il Gruppo Bernina e anche il Gruppo Adamello”.

Nelle Alpi occidentali sulla base dei censimenti più recenti sono presenti 300 ghiacciai che occupano una superficie complessiva di 160 chilometri quadrati. I ritiri frontali sono di solito “valori a due cifre, ma in alcuni casi possono raggiungere le centinaia di metri (meno 335 metri al Ghiacciaio del Gran Paradiso nel 2019). L’arretramento delle fronti rappresenta solo in parte la drammatica perdita di massa glaciale documentata dai bilanci di massa: il Ghiacciaio del Grand Etrèt (Gran Paradiso) ha perso negli ultimi 20 anni quasi 20 metri di spessore”. Secondo i dati del Comitato glaciologico italiano negli ultimi 150 anni “i ghiacciai delle Alpi Giulie hanno visto ridursi il proprio volume del 96% e la propria area dell’82%. Situazione non buona anche per i ghiacciai delle Alpi Occidentali e Centrali: sulle prime sono praticamente scomparsi i ghiacciai delle Alpi Marittime; sulle Alpi Centrali preoccupa lo stato di salute del grande ghiacciaio dei Forni che, con un’estensione areale di circa 11 kmq, è il più esteso in Italia dopo quello dell’Adamello. Il ghiacciaio dei Forni mostra oggi una fronte appiattita e coperta di detrito, con fenomeni di collasso e cavità in ghiaccio”.

Alla luce di questi dati Legambiente propone un pacchetto di 12 punti. E chiede per esempio che si approfondiscano le ricerche sulle variazioni dei ghiacciai alpini e del permafrost, di affrontare le conseguenze economiche del riscaldamento globale come quelle sull’industria del turismo invernale riconoscendo la necessità di convertire progressivamente quei modelli di sviluppo che espongono i territori alla continua incertezza stagionale; e ancora di individuare opzioni di adattamento a breve e a lungo termine partendo dall’esame di buone pratiche e misure già esistenti e promuovendo percorsi di pianificazione partecipata tra le popolazioni interessate per una “governance integrata” del territorio che consideri l’insieme delle risorse e dei rischi che lo contraddistinguono. Al Governo poi rivolge un appello affinché approvi al più presto il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e metta in campo politiche ambiziose sul clima per arrivare a emissioni zero al 2040.

“Abbiamo voluto evidenziare in maniera concreta e tangibile gli effetti che il riscaldamento climatico sta già avendo anche sul nostro Paese e sui ghiacciai alpini – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – per questo occorre agire adesso e al più presto, senza perdere altro tempo, se non vogliamo che il riscaldamento climatico produca effetti devastanti e irreversibili sui territori alpini. Un appello che rilanciamo nuovamente al Governo a pochi giorni dal quinto anniversario dalla firma degli Accordi di Parigi”.

“Attraverso la Carovana dei ghiacciai – dichiara Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano – abbiamo iniziato un’opera di comunicazione per trasformare queste evidenze scientifiche in un patrimonio di conoscenza condiviso con la società; infatti solo attraverso una diffusa consapevolezza della dimensione del ritiro glaciale vi può essere una chiara percezione della gravità delle sue conseguenze. Passi indispensabili per giungere eventualmente alla messa in atto di adeguate misure di adattamento”.

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