Infrastrutture di mitigazione: come renderle più semplici e sicure?

Incorporando l’incertezza e integrando le informazioni oceanografiche e finanziarie, arriva un nuovo modello per individuare strategie di adattamento più semplici ed efficaci all’innalzamento dei livelli del mare.

Dall’Università di Princeton, arriva un modello per pianificare nuove infrastrutture di mitigazione

(Rinnovabili.it) – La comunità scientifica concorda sul fatto che i livelli del mare continueranno a salire in questo secolo, ma le proiezioni oltre il 2050 sono molto incerte, soprattutto per quanto riguarda l’altezza dei livelli degli oceani entro il 2100. Mentre la realizzazione delle infrastrutture di mitigazione contro l’innalzamento del livello del mare nel 2050 ha una base scientifica sicura, le stime per la fine del secolo rendono difficile per le comunità costiere pianificare le proprie strategie di adattamento a lungo termine.

Per questa ragione, i ricercatori del Center for Policy Research on Energy and the Environment dell’Università di Princeton hanno sviluppato un modello che consente a pianificatori e responsabili politici di valutare con maggior cognizione di causa le variabili dell’innalzamento del livello del mare, cercando di misurare la tolleranza del rischio e le perdite finanziarie legate alle attuali e future infrastrutture di mitigazione (ad esempio argini, barriere, elevazione di edifici, etc.).

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Secondo lo studio, pubblicato su Earth’s Future, negli ultimi 100 anni il livello del mare relativo a The Battery, lo storico parco ubicato all’estremità meridionale dell’isola di Manhattan, New York, è aumentato di 0,285 metri. A causa del riscaldamento globale, gli scienziati prevedono che questo tasso di innalzamento accelererà nei prossimi decenni. Tuttavia, non vi è certezza riguardo a quanta parte dell’Antartide si scioglierà in risposta ad un clima più caldo. Le prospettive scientifiche definiscono diverse proiezioni: ad esempio, si prevede che i livelli del mare presso The Battery saliranno tra 0,6 e 1,8 metri entro il 2100.

Tuttavia, i quadri esistenti per calcolare l’altezza delle infrastrutture di mitigazione, così da evitare future inondazioni, considerano solo i livelli estremi e, soprattutto, non tengono conto dei danni che le inondazioni possono causare. Ciò può portare a stime inferiori o eccessive. Per questo motivo, il team di ricercatori, guidato da Michael Oppenheimer, propone un nuovo approccio di “indennità per danni da alluvione”, che collega i livelli estremi delle acque ai danni previsti, incorporando sia l’incertezza sull’innalzamento del livello del mare, sia la tolleranza individuale del rischio delle persone.

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In altre parole, il quadro di indennità per danni prende in considerazione sia gli orizzonti di pianificazione dei decisori politici, sia i costi finanziari, sia le diverse stime sulla stabilità dei ghiacciai. In questo modo, rende possibile identificare e calcolare una gamma di indennità per danni sulla base di molteplici scenari plausibili di innalzamento del mare. Utilizzando Manhattan come esempio, il modello dei ricercatori di Princeton può quindi identificare strategie più semplici e promettenti prima che i pianificatori investano in ulteriori infrastrutture di mitigazione più complesse e costose.

Ad esempio, sulla scia dell’uragano Sandy, si sta attualmente esplorando l’uso di barriere anti-tempesta per proteggere New York City dalle inondazioni costiere più frequenti. Ma una domanda chiave è: quanto in alto bisogna costruire queste barriere? Il nuovo modello aiuta a calcolare le diverse stime, consentendo di valutare l’impatto di molteplici fattori sulle diverse altezze delle infrastrutture di mitigazione. “Mentre le città e le comunità costiere si preparano ai cambiamenti climatici, strumenti come questo – che incorporano l’incertezza e integrano le informazioni oceanografiche e finanziarie – aiuteranno i pianificatori a sviluppare un’analisi più approfondita delle loro migliori opzioni di difesa”, hanno dichiarato i ricercatori.

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