Elettronica: l’impatto climatico dell’obsolescenza programmata

Secondo gli esperti prolungare di 5 anni la vita di cellulari, notebook, lavatrici e aspirapolvere, consentirebbe all’Europa di risparmiare 10 milioni di tonnellate di CO2

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Credit: Drapplesi – GNU Free Documentation License

La produzione di smartphone ha il maggiore impatto sul clima tra i prodotti dell’elettronica

(Rinnovabili.it) – Tra obsolescenza programmata e acceso consumismo, l’elettronica sta facendo incetta di dispositivi al limite dell’usa e getta, apparecchi dalla vita limitata destinati a diventare vecchi e obsoleti a pochi anni dall’uscita sul mercato. È il caso, ad esempio, degli smartphone la cui durata media in Europa è di appena tre anni. I portatili e le aspirapolvere vivono leggermente di più (circa sei anni), mentre le lavatrici raggiungono quasi un record in questo contesto, con 11,4 anni di vita media. Questa ‘sopravvivenza’ così limitata ha spesso un peso non indifferente sulle tasche dei consumatori ma oggi c’è anche chi si chiede quanto costi all’ambiente. A rispondere è l’European Environmental Bureau (EEB) per conto delle campagne Coolproducts e Right to Repair. In nuovo rapporto, dal titolo Coolproducts don’t cost the Earth, EBB ha stimato l’impatto climatico dei principali prodotti di elettronica domestica in base al loro utilizzo e all’energia consumata per realizzarli.

 

I nostri dispositivi elettrici non durano quanto prima. La loro vita utile sta diminuendo e sta diventando sempre più difficile e costoso ripararli o sostituire parti chiave come uno schermo rotto. Qualunque sia la ragione, fabbricare ripetutamente nuovi prodotti per sostituire quelli vecchi non è solo una brutta notizia per i portafogli dei consumatori, ma sta aumentando drasticamente la minaccia del cambiamento climatico”, spiegano gli autori.

 

Il documento mostra come allungare la durata dei principali apparecchi di un solo anno rispetto all’attuale media, consentirebbe all’UE di risparmiare le emissioni di carbonio di 2 milioni di automobili ogni anno. Se gli anni di vita in più fossero 5 si eviterebbero quasi 10 milioni di tonnellate di CO2eq l’anno entro il 2030 (o le emissioni di 5 milioni di auto). Queste cifre elevate sono dovute alla grande quantità di energia e risorse coinvolte nella produzione e distribuzione di nuovi prodotti e nello smaltimento di quelli vecchi.

 

L’impatto climatico delle cosiddette fasi di non utilizzo è spesso trascurato a livello normativo, preferendo focalizzarsi sull’energia necessaria per alimentare i dispositivi piuttosto che su quella usata per fabbricarli. Ad esempio, la produzione di smartphone europei risulta quella con il maggiore impatto sul clima tra i prodotti analizzati, ma se si include l’intero ciclo di vita, quindi anche l’energia d’alimentazione, le lavatrici  svettano in cima alla classifica delle maggiori emissioni.

 

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“In questo rapporto facciamo luce sul vero costo dell’obsolescenza programmata e forniamo raccomandazioni per aumentare la riparabilità dei prodotti di tutti i giorni e garantire che durino più a lungo”. Sebbene sia difficile valutare se le aziende stiano accorciando intenzionalmente la durata dell’elettronica – spiega EBB -, la percentuale di dispositivi difettosi è cresciuta dal 3,5% del 2004 all’8,3% del 2012. Recentemente le ONG sono riuscite a spingere per una regolamentazione a livello comunitario che estendesse la durata di vita di un piccolo gruppo di prodotti tra cui televisori, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie e prodotti per l’illuminazione. A partire dal 2021, i produttori dovranno garantire che questi prodotti possano essere facilmente smontati e dovranno mettere parti di ricambio e informazioni di riparazione a disposizione dei riparatori professionisti. Le nuove norme dovrebbero essere adottate ufficialmente dalla Commissione europea a settembre o ottobre 2019.

 

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