Impronta ecologica, l’umanità vive oltre i livelli di “un pianeta”

Il WWF, attraverso il suo rapporto Living Planet Report 2014, fornisce un’immagine puntuale dello stato di salute della ricchezza della vita sul pianeta

Impronta ecologica, l’umanità vive oltre i livelli di "un pianeta"

 

(Rinnovabili.it) – Se tutti gli abitanti della Terra  mantenessero il tenore di vita di un cittadino europeo medio, l’umanità avrebbe bisogno di 2,6 pianeti per sostenersi. L’impressionante deficit ecologico accumulato dagli Stati membri non occupa nei decisori politici lo stesso spazio della crisi economica-finanziaria; eppure come ricorda Marco Lambertini, Direttore generale del WWF Internazionale “la  natura costituisce  sia un’ancora di salvezza per la sopravvivenza che un trampolino di lancio verso la prosperità”. Ed è proprio l’associazione del Panda che attraverso il suo rapporto Living Planet Report 2014 fornisce un’immagine puntuale dello stato di salute della ricchezza della vita sul pianeta. La decima edizione della pubblicazione, edita ogni due anni dal WWF, ha aggiornato la metodologia del Living Planet Index, indicando nelle pagine anche le strategie per conservare, produrre e consumare più saggiamente, con esempi concreti di come molte comunità locali stiano già facendo le scelte migliori per ridurre l’impronta e la perdita di biodiversità.

 

L’indicatore mostra come, non solo tutti i Paesi dell’Unione europea vivano oltre i livelli di “un pianeta”, ma anche che il 50% dell’impronta ecologica comunitaria sia costituita  dalla carbon footprint, a causa dell’uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale. “L’impronta ecologica dell’UE è troppo grande”, spiega Gianfranco Bologna, direttore scientifico WWF Italia. “Le nostre attività economiche stanno contribuendo alla perdita di biodiversità e degli habitat, sia in patria che all’estero – questo mina i sistemi naturali dai quali dipendiamo per il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo e il clima stabile di cui abbiamo bisogno. Abbiamo un ruolo significativo, in questo periodo di presidenza italiana del semestre europeo, nell’indirizzare al meglio le politiche dell’Unione verso una reale economia verde e per promuovere il benessere dei cittadini europei”.

 

Il problema ovviamente non riguarda solo l’UE.  Secondo il rapporto la domanda di risorse naturali dell’umanità è oltre il 50% più grande di ciò che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare. Sarebbero necessarie una Terra e mezza  per produrre le risorse necessarie per sostenere la nostra attuale impronta ecologica. Questo superamento globale significa, in pratica, che stiamo tagliando legname più rapidamente di quanto gli alberi riescano a ricrescere, usando acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciando CO2 più velocemente di quanto la natura sia in grado di sequestrare. “L’Overshoot (il “sorpasso”) ecologico è la sfida che definisce il XXI secolo” conclude Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia. “Quasi tre quarti della popolazione mondiale vive in paesi in serie difficoltà, con  un deficit ecologico unito a un basso reddito. La crescita di domanda di risorse naturali chiede che ci concentriamo su come migliorare il benessere umano attraverso meccanismi diversi da quelli mirati alla  continua crescita”. 

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3 Commenti

  1. Non basta migliorare il benessere umano attraverso meccanismi diversi da quelli mirati alla continua crescita”.. Perché NON si parla mai di politiche di riduzione dell’incremento demografico nei continenti interessati da questo problema?

  2. Per quanto riguarda l’acqua, in attesa che ci si educhi a razionalizzarne l’uso ed a contenerne gli sprechi, dato che comunque per parecchio tempo l’emungimento dalla falda e dai fiumi non sarà ridotto, perché non si incoraggia il riuso delle acque reflue?
    Ci sono metodi molto efficaci e davvero poco costosi per il trattamento secondario delle acque provenienti da depuratori o da agglomerati urbani, che consentono di utilizzarle per tutti gli usi non potabili quali innaffiare parchi e giardini, lavare strade, alimentare sistemi antincendio, autolavaggi, attività agricole, attività industriali, ecc.
    Uno di questi metodi è la fitodepurazione, che ricrea le condizioni di naturale depurazione dell’acqua con sistemi di filtraggio attraverso le radici di alcune piante e la digestione dei componenti organici da parte della flora batterica sotterranea.
    L’acqua così trattata e perfettamente utilizzabile per gli scopi sopra indicati e limiterebbe il prelievo dalla falda al solo uso idropotabile, di gran lunga inferiore agli altri usi.
    In tal modo si darebbe tempo al naturale rifornimento delle fonti sotterranee e non si prosciugherebbero i corsi d’acqua di per se già poco alimentati..
    La U.E. ha dato specifiche indicazioni in proposito, speriamo che in Italia ci siano orecchie atte ad intendere.

    • La pratica del riuso delle acque reflue è certamente da valutare, comunque teniamo presente che l’acqua depurata (speriamo bene) ritorna comunque ai corpi idrici e quindi rientra nella risorsa idrica disponibile. Se invece riutilizzata per irrigare, o per attività che comunque dissipano acqua, la togliamo completamente dalla disponibilità, per cui il bilancio complessivo non varia sostanzialmente.
      Inoltre esistono problemi di accumulo o invaso, in quanto la produzione di acqua reflua è in genere continua, mentre l’uso irriguo è concentrato nel tempo, con richiesta anche di volumi notevoli.
      Per quanto riguarda invece il riutilizzo per usi come attività industriali, autolavaggi ecc. (in cui non si dovrebbe consumare tutta l’acqua), dopo sarà generalmente necessario un nuovo processo di depurazione, per cui in questi casi (come previsto anche a livello normativo) sarebbe opportuno parlare di riciclo delle acque utilizzate dagli stessi utenti, con la conseguente riduzione dei nuovi attingimenti da falda o da fiume ed una maggiore attenzione al processo depurativo, visto che poi l’acqua viene riutilizzata dallo stesso utente.

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