Microplastiche nei mari “enormemente sottostimate”

Le ricerche più accreditate oggi sostengono che le microplastiche raggiungano i 5 mila miliardi di frammenti nel mare. Ma potrebbero essere molti di più

microplastiche

 

Preoccupazione nella scienza per gli effetti delle microplastiche

 

(Rinnovabili.it) – Tutte le stime sulle microplastiche negli oceani sono largamente conservative. Ne sono convinti alcuni ricercatori dell’Università di Manchester, che hanno pubblicato il loro studio studio su Nature Geoscience. Il lavoro rivela che l’inquinamento da frammenti di plastica ha raggiunto livelli mai visti in tutto il mondo. Per effettuare la generalizzazione, gli esperti sono partiti dall’analisi di dieci fiumi in un raggio di 20 km dalla città di Manchester, nel Regno Unito. Tutti i 40 siti di campionamento (tranne uno) hanno mostrato una contaminazione. Dopo le inondazioni invernali del 2015-16, il prelievo di nuovi campioni ha mostrato che il 70% delle microplastiche era stato spazzato via, per un totale di 43 miliardi di particelle del peso complessivo di oltre 800 kg. La gran parte è stata, con tutta probabilità, portata verso il mare dalle correnti.

 

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Proprio dalla scoperta di una così grande quantità di rifiuti in un piccolo bacino fluviale, gli scienziati sono approdati a conclusioni drastiche: i 5 mila miliardi di frammenti di plastica che oggi rappresentano il dato ufficiale dell’inquinamento marino, dicono, sono enormemente sottostimati.

Le microplastiche comprendono parti di oggetti più grandi come i sacchetti, oppure fibre sintetiche e piccolissime sfere che si trovano nei prodotti per l’igiene personale. Gli animali marini spesso li ingeriscono, scambiandoli per cibo, e in questo modo finiscono nella catena alimentare. Ma si possono ritrovare anche nell’acqua del rubinetto. Il rischio per le persone non è ancora noto, ma si teme che questi piccoli rifiuti possano essere vettori di sostanze chimiche tossiche, e che i più minuscoli possano entrare nel flusso sanguigno. Le particelle più piccole che potevano essere analizzate avevano un diametro di 63 micron, all’incirca la larghezza di un capello umano. Ma esistono frammenti molto più piccoli, e sono questi a preoccupare. perché possono attraversare le membrane dell’intestino.

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