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ONU: “Crisi climatica rappresenta la peggior minaccia per i Diritti umani”

Nel discorso di apertura del Consiglio ONU sui diritti umani, l'Alto Commissario, Michelle Bachelet ha identificato nel cambiamento climatico uno dei maggiori attori di disuguaglianze e ingiustizie nel mondo.

crisi climatica diritti umani
L’Alto Commissario per i Diritti Umani, Michelle Bachelet. Foto credit: Violaine Martin / flickr

In regioni aride come il Sahel, la crisi climatica è collegabile al 40% dei conflitti scoppiati negl’ultimi 60 anni

 

(Rinnovabili.it) – “Il mondo non ha mai visto una minaccia ai diritti umani di questa portata”: con queste parole, riferite alla crisi climatica, l’Alto Commissario della Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha aperto la 42 esima sessione del Consiglio ONU sui diritti umani a Ginevra, in Svizzera.

 

Un lungo intervento, quello di Michelle Bachelet, in cui ha ricordato le migliaia di attivisti attaccati, ostacolati e a volte persino uccisi in tutto il mondo a causa del loro impegno a tutela dell’ambiente, le decine di conflitti che nascono in territori con scarse risorse dove il cambiamento climatico esacerba la competizione tra etnie e nazioni confinanti, ma anche le aggressioni mediatiche ai più giovani (come quelle ricevute da Greta Thunberg) responsabili di aver chiesto a gran voce la “prevenzione del danno che la loro generazione potrebbe subire”.

 

“Il cambiamento climatico è una realtà che colpisce ogni regione del mondo. Le implicazioni umane del livello di riscaldamento globale attualmente previsto sono catastrofiche. Le tempeste stanno diventando più forti e le maree potrebbero sommergere intere nazioni insulari e città costiere – ha spiegato l’Alto Commissario della Nazioni Unite per i Diritti Umani – Gl’incendi infuriano nelle nostre foreste e il ghiaccio si sta sciogliendo. Stiamo bruciando il nostro futuro, letteralmente”. 

 

Il discorso di Michelle Bachelet ha poi virato fortemente sulle implicazioni sociali e umanitarie dei cambiamenti climatici: “L’emergenza climatica sta già determinando un forte aumento della fame globale, che secondo la FAO quest’anno è aumentato per la prima volta in un decennio. L’OMS si aspetta che i cambiamenti climatici causino circa 250 mila decessi in più ogni anno tra il 2030 e il 2050, a causa della malnutrizione, della malaria, della diarrea e dello stress da calore. In molte nazioni, i violenti fenomeni meteorologici e altre manifestazioni della nostra emergenza ambientale stanno già invertendo importanti progressi nello sviluppo; esacerbano i conflitti, gli sfollamenti e le tensioni sociali; ostacolane la crescita economica; e modellano disuguaglianze sempre più radicali”. 

 

Secondo un report delle Nazioni Unite, il 40% dei conflitti avvenuti nel Sahel negl’ultimi 60 anni sarenne connesso ai cambiamenti climatici della regione che ha visto una forte avanzata della desertificazione e il conseguente aumento della competizione per l’accaparramento delle risorse.

 

Il Consiglio si è aperto con un minuto di silenzio per ricordare le 50 vittime finora accertate del passaggio dell’uragano Dorian sulle isole Bahamas. Un fenomeno di straordinaria violenza probabilmente collegato alle nuove caratteristiche del clima: “La tempesta ha accelerato con una velocità senza precedenti su un oceano riscaldato dai cambiamenti climatici – ha spiegato Bachelet – diventando uno degli uragani atlantici più forti che abbiano mai colpito la terra”.

 

Tra gli argomenti di attualità, non poteva mancare un riferimento agl’incendi in Amazzonia: “I roghi che al momento infuriano attraverso la foresta pluviale possono avere un impatto catastrofico sull’umanità nel suo insieme, ma i loro effetti peggiori sono quelli subiti da donne, uomini e bambini che vivono in quelle aree – ha continuato Bachelet, che ha poi esortato i Governi di Brasile Paraguay e Bolivia a “garantire l’attuazione di politiche ambientali di lunga data evitando così future tragedie”.

 

Proprio all’America latina, l’Alto Commissario per i Diritti Umani ha riservato un lungo passaggio del proprio discorso, per ricordare i ripetuti attacchi a popolazioni indigene e attivisti che difendono l’ambiente.

 

Di qui, il riferimento alle giovani generazioni, anch’esse vittime di forme di aggressione, spesso attraverso i nuovi media: “Sono scoraggiata da questa violenza e anche dagli attacchi verbali a giovani attivisti come Greta Thunberg e altri, che galvanizzano il supporto per la prevenzione del danno che la loro generazione potrebbe arrecare – ha affermato Bachelet – Le richieste dei difensori e degli attivisti ambientali sono convincenti e dovremmo rispettare e proteggere i loro diritti”.

 

A due settimane dall’apertura, a New York, del summit sul clima delle Nazioni Unite, l’Alto Commissario per i Diritti Umani ha ribadito la necessità e le possibilità di azione in materia: “La finestra per agire potrebbe chiudersi, ma c’è ancora tempo. Viviamo in un’era di straordinaria innovazione. Approcci più ponderati al nostro uso delle risorse naturali e rinnovabili, politiche che proteggono e rafforzano le comunità emarginate, comprese varie iniziative di protezione sociale, e migliori strategie da parte delle imprese nelle loro catene di approvvigionamento possono rappresentare buone pratiche per l’ambiente e promuovere una maggiore dignità e diritti umani– ha concluso Bachelet – Questo Consiglio ha riconosciuto che ‘gli obblighi, le norme e i principi in materia di diritti umani hanno il potenziale per informare e rafforzare le politiche internazionali, regionali e nazionali nel settore dei cambiamenti climatici, promuovendo la coerenza delle politiche, la legittimità e risultati sostenibili’. Dobbiamo agire in accordo a questa potente affermazione. Abbiamo bisogno di forti impegni nazionali di azione, con particolare attenzione alla partecipazione dei difensori dei diritti umani ambientali, delle popolazioni indigene e dei gruppi della società civile che rappresentano le comunità più a rischio, nonché il sostegno di attori commerciali, città e altri soggetti attivi”.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.