Rinnovabili • COP27 di Sharm el-Sheikh: l’Africa vuole il gas e più impegno sulla finanza climatica

COP27, l’ultima bozza di accordo delude su phase out fossili e finanza

Alle 9 del mattino la presidenza del vertice di Sharm el-Sheikh rilascia l’ultima versione dell’accordo finale. Manca ancora ogni decisione sul capitolo loss & damage. Buoni i riferimenti a biodiversità e work programme sulla transizione giusta. Non si parla di gas e petrolio nonostante l’insistenza di India, Europa e Stati Uniti

COP27 di Sharm el-Sheikh: l’Africa vuole il gas e più impegno sulla finanza climatica
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Il capitolo perdite e danni sarà lo scoglio su cui naufraga la COP27?

(Rinnovabili.it) – Il fallimento o successo della COP27 è appeso in gran parte a un segnaposto. Quello al punto 42 della nuova bozza di cover decision rilasciata stamattina alle 9. Dove sarà inserito un paragrafo con l’esito dei negoziati sulle compensazioni per perdite e danni (loss & damage). Sempre che i delegati riescano a trovare un accordo, cosa tutt’altro che scontata visto che le posizioni sono ancora molto polarizzate.

Perdite e danni, lo scoglio su cui naufraga la COP27?

Il documento pubblicato stamattina è finalmente una bozza ordinata e organica, più avanzata rispetto alla semplice lista di elementi fatta circolare ieri dalla presidenza egiziana della COP27. Ma è anche un testo scarno, molte parti sono ancora mancanti e c’è soprattutto ben poca ambizione. La novità più grande sono i punti sui loss & damage, cioè le compensazioni per i danni della crisi climatica che i paesi ricchi dovrebbero garantire ai paesi più vulnerabili.

Per la prima volta il tema delle compensazioni per perdite e danni conquista un capitoletto dedicato, e questa è una buona notizia. Forse questo tema non è ancora, davvero, diventato la terza gamba dell’accordo di Parigi (dopo mitigazione e adattamento) ma sicuramente ha fatto irruzione nel processo delle COP e resterà al centro dell’agenda per i prossimi due anni.

La bozza di decisione finale, però, tradisce ancora l’enorme distanza che separa le parti. Non è scontato che si riesca a trovare una formula che soddisfi tutti e che non sia, semplicemente, una serie di frasi vaghe senza sostanza, nelle poche ore che mancano alla fine ufficiale della COP27. Che per questo motivo può prolungarsi nel fine settimana, come già accaduto in molte occasioni passate.

Il punto 42, l’ultimo del capitoletto su perdite e danni, è ancora occupato dal solo placeholder. Nei negoziati si usa mettere un segnaposto per indicare il punto in cui andrà inserita la decisione finale i cui dettagli sono ancora in discussione. Se non si arriverà a un testo condiviso, questo capitolo resterà vuoto di sostanza, un semplice appello alla necessità di occuparsi del tema.

I punti precedenti, intanto, rivelano che il tentativo della Cina di forzare la mano sul perimetro del loss & damage sembra aver aperto qualche breccia. Il punto 39 inserisce sotto l’etichetta perdite e danni sia “gli eventi a lenta insorgenza” (slow onset events), come l’aumento del livello dei mari, sia le “perdite economiche e non economiche”. Erano elementi inseriti nella bozza di testo preparata l’altro ieri da Pechino per mettere spalle al muro Europa, Stati Uniti e altri paesi a economia avanzata.

Non si parla delle fossili (tutte)

L’altra grande occasione sfumata alla COP27 – se non ci saranno variazioni di rotta – riguarda le fonti fossili. La nuova bozza di cover decision infatti non ha cambiato una virgola rispetto a quella di 24 ore prima. Continua a chiedere la riduzione (phase down) del solo carbone, senza citare anche petrolio e gas. Un allargamento che era stato chiesto da India, Europa, Stati Uniti e altri paesi. Ma che evidentemente si è infranto contro il muro alzato da altri paesi produttori.

Il fatto che nel 2022, dopo 30 anni di processi COP, non si riesca ancora a nominare tutti gli idrocarburi come parte del problema, rivela quanto la risposta alla crisi climatica cammini sempre su un confine molto sottile tra successo e fallimento. E sempre al punto 15 continua a esserci il riferimento alla razionalizzazione, a fianco dell’eliminazione (phase out), dei “sussidi inefficienti ai combustibili fossili”. Un passo indietro rispetto alla COP26.

Finanza per il clima: numeri e appelli

Per il resto, la bozza di accordo della COP27 riserva qualche buon avanzamento e molti punti dove l’ambizione è minima o invariata rispetto a 12 mesi fa. Al punto 1 si cita espressamente il “bisogno urgente” di affrontare le “crisi globali intrecciate” del climate change e della perdita di biodiversità. Non è scontato legare così i due temi. Ma è indispensabile farlo per avere successo. Il punto 7 mantiene il target degli 1,5°C dopo che per giorni si era temuto che venisse cancellato in favore del più blando 2°C.

Il punto 8 richiede riduzioni nelle emissioni di gas serra che siano “immediate, profonde e continuative”, dove l’accento su “immediate” è certamente positivo (sempre che sopravviva): nei comunicati G20 del 2021 e di quest’anno questo aggettivo non ha mai trovato posto nonostante i tentativi dei paesi più ambiziosi. Collegato a questo è il punto 19 dove si chiede ai paesi che non l’hanno fatto di aggiornare i loro NDC entro la COP28. Presentare nuovi contributi nazionali volontari con piani climatici più ambiziosi entro quest’anno era la soluzione trovata a Glasgow per salvare il salvabile. Un ritardo di almeno 2 anni non è certo positivo.

Ma va letto insieme al punto 49, dove si fa riferimento alla cifra di 5.600 mld $ entro il 2030 come ammontare necessario perché i paesi meno sviluppati possano allineare agli 1,5°C i loro NDC. Ancora una volta, la finanza per il clima è il punto cruciale della diplomazia climatica. Su questo versante, però, la COP27 per ora non va oltre il notare che i flussi del 2019-2020 sono stati 803 mld $, circa il 31-32% del totale necessario. Altri numeri, che potrebbero essere usati per definire i target durante le prossime COP. Un passaggio positivo è quello in cui si chiede alle banche multilaterali per lo sviluppo e alle istituzioni finanziarie internazionali di triplicare il denaro mobilitato entro il 2025. Un punto, il 55, che riecheggia i tentativi di riformare l’architettura della finanza internazionale su cui si è spesa soprattutto la premier di Barbados, Mia Mottley.

C’è infine un passaggio interessante al punto 46, dove si “decide di istituire un programma di lavoro sulla transizione giusta” a complemento di quello su mitigazione.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.