Rinnovabili • Transizione ecologica: ecco l’American Jobs Plan di Biden

La transizione ecologica secondo Biden: ecco il piano

Il piano per le infrastrutture da 2.000 miliardi di dollari promette investimenti in ambiti cruciali per affrontare la crisi climatica. Ecco l’analisi del documento di Biden, punto per punto

Transizione ecologica: ecco l’American Jobs Plan di Biden
credits: Tibor Janosi Mozes da Pixabay

Misure importanti per innescare la transizione ecologica nell’American Jobs Plan

(Rinnovabili.it) – I piani di Joe Biden per il clima iniziano a prendere forma. Il 31 marzo il presidente americano ha presentato a grandi linee il suo piano per le infrastrutture in un discorso a Pittsburgh. Piano da 2.000 miliardi di dollari che rientra nel programma più vasto di ripresa post-Covid, ribattezzato ‘Build Back Better’. Come aveva promesso in campagna elettorale, Biden sta integrando le politiche climatiche all’interno di altri pacchetti di policy. Clima, emissioni e transizione ecologica diventano così temi trasversali, che innervano gran parte dell’azione della nuova presidenza.

Ecco la transizione ecologica secondo Biden

Migliorare le infrastrutture per creare posti di lavoro e contrastare il cambiamento climatico. L’obiettivo è “affrontare finalmente la crisi climatica come una nazione”, dice Biden. Il piano ha molti capitoli e contiene, tra le altre voci, investimenti in energia pulita, potenziamento della mobilità elettrica, retrofitting degli edifici con un occhio al climate change e all’efficienza energetica. E ancora, c’è uno sforzo per rendere la rete elettrica più resiliente. Ma anche la parte sulle infrastrutture vere e proprie tiene in considerazione la crisi climatica: il loro ripristino va eseguito per renderle in grado di resistere meglio agli eventi climatici estremi, continua il presidente. Che chiosa: il piano permetterà “progressi trasformativi nella nostra capacità di contrastare il cambiamento climatico”.

In un lunghissimo comunicato la Casa Bianca presenta in pompa magna la nuova iniziativa di Biden. Gli sforzi per dare il la alla transizione ecologica degli Stati Uniti vengono assimilati ai “grandi progetti del passato”: l’eco è chiara, il messaggio è che Biden ricostruirà l’America come fece 90 anni fa Roosevelt con il New Deal dopo la catastrofe della Grande Depressione. E ancora una volta, il clima figura come priorità insieme alla competizione con la Cina, con i due temi che si intrecciano sempre di più: “il piano del presidente unificherà e mobiliterà il paese per affrontare le grandi sfide del nostro tempo: la crisi climatica e le ambizioni di una Cina autocratica”.

Biden non perde l’occasione di sottolineare che sta mantenendo tutti gli impegni presi in campagna elettorale. Compreso sui temi più cari all’ala più radicale dei Democratici, che hanno pungolato da sinistra il presidente per alzare l’ambizione climatica e legarla a precise politiche di giustizia sociale. Il piano di Biden, continua il comunicato, “dà la priorità ad affrontare l’ingiustizia razziale di lunga data e persistente. Il piano mira al 40% dei benefici degli investimenti in infrastrutture pulite e sul clima alle comunità svantaggiate. Inoltre, il piano investe nelle comunità rurali e nelle comunità colpite dalla transizione basata sul mercato verso l’energia pulita”.

Vediamo capitolo per capitolo quali sono i punti più importanti del piano per le infrastrutture di Biden nell’ottica della transizione ecologica.

Il nodo trasporti

Sono 621 i miliardi di dollari messi a disposizione per rimettere a nuovo le infrastrutture dei trasporti americane. E innescare un cambiamento profondo nel modo in cui gli americani si muovono. Sul piatto della bilancia finiscono 115 miliardi per modernizzare autostrade, strade, ponti. Parte dei soldi saranno impiegati per soluzioni che migliorano la qualità dell’aria, riducono l’emissione di gas serra e diminuiscono la congestione delle arterie stradali. Ma soprattutto, ogni dollaro speso in infrastrutture sarà impiegato anche nell’ottica di “prevenire, ridurre e reggere gli impatti della crisi climatica”, visto che solo nel 2020 gli eventi climatici estremi e altri disastri climatici hanno provocato danni per oltre 100 miliardi di dollari.

Ma una cifra più alta Biden la destina alla mobilità elettrica. “La quota di mercato statunitense delle vendite di veicoli elettrici plug-in (EV) è solo un terzo delle dimensioni del mercato cinese dei veicoli elettrici. Il presidente ritiene che debba cambiare”. Una sobria introduzione all’iniezione di 174 miliardi di dollari per “vincere il mercato degli EV”. Primo tassello: stimolare l’industria. Il piano di Biden punta a permettere alle case automobilistiche di stimolare le catene di approvvigionamento nazionali dalle materie prime ai componenti, di riorganizzare le fabbriche per competere a livello globale e di supportare i lavoratori americani nella produzione di batterie e veicoli elettrici. Entro il 2030 saranno installati 500mila punti di ricarica per auto elettriche, anche grazie a sovvenzioni e incentivi. E ancora: elettrificare almeno il 20% della flotta di scuolabus e usare il procurement del governo centrale per elettrificare la flotta federale, incluso il servizio postale degli Stati Uniti.

Il ruolo delle infrastrutture nature-based

Sotto il capitolo infrastrutture, il piano di Biden inserisce anche degli interventi per ripristinare alcuni ecosistemi particolarmente preziosi nella prevenzione e nel contrasto dei disastri climatici. Di cosa stiamo parlando? “Il piano del presidente Biden proteggerà e, se necessario, ripristinerà le infrastrutture basate sulla natura: le nostre terre, foreste, zone umide, bacini idrografici e risorse costiere e oceaniche”.

Biden chiede al Congresso di investire nella protezione dagli incendi, nella resilienza delle coste all’innalzamento del livello del mare e agli uragani, nel sostegno alla gestione delle risorse agricole e nelle tecnologie intelligenti per il clima, e nella protezione e nel ripristino delle principali risorse idriche e terrestri come le Everglades della Florida e la regione dei grandi laghi.

Non mancano poi finanziamenti per la crisi legata alla siccità sulla costa occidentale del paese: qui gli investimenti vanno in programmi di efficientamento idrico e sicurezza delle dighe. Dando voce in capitolo anche a comunità svantaggiate e nativi.

Il capitolo energia

“Come hanno dimostrato le recenti interruzioni di corrente in Texas, la nostra vecchia rete elettrica necessita di un urgente ammodernamento”, si legge nel comunicato. A febbraio, i blackout causati da un’ondata di gelo artico senza precedenti, che si è spinta fino al confine meridionale con il Messico, ha messo in ginocchio uno Stato intero. Quindi prevede 100 miliardi di dollari per costruire un sistema di trasmissione elettrica più resistente.

Molto fumoso il passaggio sull’energia pulita. Qui si dice semplicemente che saranno mobilitati capitali privati per modernizzare il settore energetico. In più, il piano di Biden “utilizzerà l’incredibile potere d’acquisto del governo federale per promuovere la diffusione di energia pulita nel mercato, acquistando energia pulita 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per gli edifici federali”.

Nel frattempo ci si continua ad appoggiare alle fonti low-carbon esistenti. Che per Biden sono nucleare e idroelettrico. Resta comunque l’obiettivo di arrivare al 2035 con una generazione elettrica al 100% carbon-free. Altri 16 miliardi sono impegnati per mettere il tappo ai pozzi di petrolio e gas abbandonati. Un esercito di migliaia di siti, spesso assenti dalle mappe perché troppo antichi, che anche se dismessi continuano a contribuire al riscaldamento globale con emissioni di metano piuttosto copiose. La transizione ecologica sui combustibili fossili, per il momento, parte da qui. Senza toccare i grandi interessi.

Al massimo si pensa al retrofitting con inserimento di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Il piano prevede “dieci strutture pionieristiche” che dovrebbero dimostrare fattibilità e convenienza dell’operazione per “grandi impianti di produzione di acciaio, cemento e prodotti chimici”.

Infine, 10 miliardi sono destinati a un’iniziativa fortemente voluta dalla sinistra del Partito Democratico. Si tratta dei Civilian Climate Corps, in pratica una rete di sentinelle per la protezione dell’ambiente disseminate sull’intero territorio della nazione. L’idea è di qualche mese fa e oltre a far breccia nel piano di Biden è anche riuscita ad attraversare l’Atlantico. Approdando in Italia sotto forma di quel servizio civile ambientale che FacciamoEco ha appena proposto di integrare nel nostro PNRR.

Il parco edifici

Per rimettere in sesto lo stock immobiliare, Biden mette sul tavolo più di 210 miliardi. Obiettivo: costruire, preservare e riqualificare più di un milione di unità abitative in modo da renderle economiche, resilienti, accessibili, efficienti dal punto di vista energetico ed elettrificate. Come? “Attraverso crediti d’imposta mirati, finanziamenti in formula, sovvenzioni e assistenza per l’affitto basata su progetti”, in modo da offrire in affitto alloggi a prezzi accessibili anche “alle comunità svantaggiate a livello nazionale, comprese le aree rurali e tribali”.

Altri 100 miliardi vanno al ripristino dell’edilizia scolastica. La priorità è migliorare la qualità dell’aria e la ventilazione (il Covid-19 è pur sempre una realtà), ma c’è attenzione anche per aumentare l’efficienza energetica degli edifici. Interventi simili anche per gli edifici federali.

Le critiche al piano di Biden

Non è abbastanza per innescare davvero la transizione ecologica di cui c’è bisogno: questa la reazione da più parti del mondo ambientalista. Le voci critiche non mancano. Troppi pochi i soldi messi sul tavolo: “Abbiamo bisogno di un investimento maggiore di quello di cui si parla attualmente a causa delle dimensioni del bisogno, della crisi economica”, ha detto Keya Chatterjee, direttore esecutivo della US Climate Action Network, un gruppo di difesa ambientale. “Dobbiamo uscirne con una società reinventata”.

Per la democratica radicale Alexandria Ocasio-Cortez, che insieme a Bernie Sanders aveva proposto il Green New Deal ingaggiando una sfida con Biden, le risorse impegnate “non sono abbastanza”. Il piano mette 2.250 miliardi spalmati su 10 anni. Tutto ciò mentre “il pacchetto COVID era di 1.900 miliardi di dollari solo per quest’anno solo, con alcune disposizioni della durata di 2 anni. Deve essere molto più grande”, scrive su Twitter la deputata.

“Il piano infrastrutturale favorevole all’industria del presidente Biden spreca una delle nostre ultime e migliori possibilità di fermare l’emergenza climatica”, sostiene invece Brett Hartl, direttore degli affari governativi presso il Center for Biological Diversity. “Invece di un approccio da Piano Marshall che sposta la nostra economia verso l’energia rinnovabile, [il piano di Biden] include sovvenzioni ingannevoli per la cattura del carbonio, desidera fantasticamente che il libero mercato ci salverà e non riesce a compiere passi cruciali e ambiziosi verso l’eliminazione graduale dei combustibili fossili”.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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