Tra meno di 48 ore la Cop29 dovrebbe finire. Ma i negoziati sul dossier centrale del vertice, la finanza climatica, non hanno ancora fatto passi avanti significativi
Aggiornamento del 24 novembre 2024: tutti i risultati della COP29 sul clima di Baku
Aggiornamento del 22/11/2024 | Il 22 novembre è stata rilasciata una versione di accordo COP29 finanza clima più recente. Ne abbiamo parlato qui: Cop29 al rush finale: l’accordo su finanza per il clima parla di 250 e 1300 miliardi $
- Un accordo alla Cop29 sulla finanza per il clima sembra ancora lontano, mentre mancano meno di 48 ore alla fine dei negoziati
- Restano in discussione 2 grandi opzioni contrapposte, che sintetizzano le posizioni dei paesi sviluppati e dei paesi in via di sviluppo
- Manca un terreno comune tra le opzioni negoziali, il che rende ancora complicato fare progressi
- Ulteriore nuova bozza attesa nella serata del 21 novembre con una proposta di sintesi della presidenza azera della Cop29
- Corvaro (inviato speciale clima Italia): c’è una 3° opzione in discussione
Dopo 11 giorni di negoziato sulla finanza climatica alla Cop29 di Baku si torna (quasi) al punto di partenza: Nord globale contro Sud globale, paesi sviluppati contro paesi in via di sviluppo. Il nuovo testo presentato la mattina del 21 novembre ha 2 opzioni contrapposte. Con poco o nessun terreno comune. Manca il necessario lavoro di sintesi e di ricerca di compromesso, almeno sui nodi negoziali più scottanti. Anche se entrambe parlano (a modo loro) finalmente di trilioni di dollari, cioè migliaia di miliardi, come ordine di grandezza per il Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (NCQG) di finanza climatica.
Pichetto: Cop29, su bozza finanza climatica manca proposta di mediazione, “difficoltà notevoli”
I limiti dell’ultima bozza li ha fatti notare anche il ministro dell’Ambiente della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, in una conferenza stampa da Baku. “In questo momento non siamo difronte a una proposta di mediazione da parte della presidenza della Cop29. La presidenza ci ha mandato i documenti che sono il riepilogo delle tante posizioni che si sono espresse in questi giorni, tra l’altro con posizioni che sono estreme l’una rispetto all’altra. Le difficoltà sono notevoli, le posizioni sono molto articolate e molto distanti”, ha detto il titolare del MASE che guida la delegazione italiana al summit sul clima in Azerbaijan.
Nuova versione dell’accordo sul NCQG attesa nella serata del 21 novembre
Attesa solo per la serata una bozza ulteriore, contenente una proposta di sintesi preparata dalla presidenza azera di turno della conferenza sul clima di Baku. Lo apprende l’agenzia Ansa da “fonti diplomatiche”.
Cop29, Corvaro (inviato speciale Clima dell’Italia): c’è 3° opzione del testo su finanza climatica in discussione
“C’è una terza opzione che in questo momento è tenuta un po’ indietro, per mettere come sempre succede un po’ in pressione le parti. Per far capire che siamo molto distanti e convenga a tutti dialogare”. Lo ha detto nel pomeriggio del 21 novembre Francesco Corvaro, l’Inviato Speciale per il Cambiamento climatico dell’Italia, ai microfoni di SKY.
“‘L’auspicio è che si possa arrivare a una cifra ambiziosa, che poi sia una cifra effettivamente raggiungibile. E che la si possa raggiungere solo se mettiamo insieme tutta una serie di percorsi”, ha aggiunto, citando la composizione dei paesi contributori e la qualità di investimento.
Rispetto all’inizio della Cop29 “sono più fiducioso”, ha concluso.
Vediamo più da vicino a che punto è l’accordo alla Cop29 sulla finanza per il clima, quali sono le posizioni dei paesi più ricchi e dei paesi in via di sviluppo, quali sono le proposte sul tavolo su chi deve pagare, quanto, entro che data, con quali modalità di erogazione delle risorse.
Ma come siamo arrivati a questo punto? Abbiamo parlato qui di quali sono gli elementi principali del negoziato sul Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (NCQG) alla Cop29. Qui invece avevamo parlato dei risultati della Cop28 nei filoni negoziali sulla finanza climatica.
Come è stata costruita l’ultima bozza
L’ultima bozza di accordo Cop29 finanza clima è datata 3 del mattino del 21 novembre e arriva dopo diversi giorni di attesa. In ritardo di oltre 24 ore rispetto alla tabella di marcia iniziale. Perché?
Il ritardo è un riflesso di quanto si stiano rivelando complessi i negoziati a Baku sul punto più importante in agenda. Nonostante gli sforzi, non ci sono ancora delle vere posizioni di compromesso.
Rispetto alla precedente, l’ultima versione è molto più snella (è scesa da 25 a 10 pagine) e ha meno punti aperti da discutere (46 parentesi e 15 opzioni, la 1° versione ne aveva rispettivamente 180 e 90). Ma non è ancora una sintesi: è una semplificazione delle posizioni contrapposte.
Lo dice chiaramente l’intestazione della bozza: “Raccolta semplificata [streamlined] di proposte che fungono da transizione al testo della bozza di decisione della Presidenza, comprese le opzioni derivanti dalle consultazioni ministeriali”.
Il nuovo testo è il risultato del dialogo tecnico della 1° settimana di Cop29 dopo il vaglio delle consultazioni tra le delegazioni ministeriali. Da lunedì 18 novembre, a Baku sono presenti anche i ministri dell’Ambiente.
L’input politico ha sfrondato e semplificato le opzioni in discussione, riducendole a due grandi blocchi. Sono però due posizioni “estreme”, che riflettono i desideri dei paesi sviluppati e dei paesi in via di sviluppo ma non hanno un terreno comune.
L’unico passo avanti concreto è arrivato grazie al G20 di Rio di inizio settimana: adesso anche i paesi più ricchi parlano di trillions, migliaia di miliardi.
Vediamo nel dettaglio quali sono le opzioni su cui si discute in questo rush finale di Cop29 di Baku.
Le 2 opzioni di accordo alla Cop29 sulla finanza per il clima
Le 2 opzioni di accordo Cop29 sulla finanza per il clima differiscono ancora in modo significativo su tutti i punti principali.
Fonti di finanziamento
A partire dalla cifra complessiva che costituisce il NCQG. Entrambe le opzioni lasciano indeterminato il numero esatto ma parlano di migliaia di miliardi. Ma sulle fonti da cui devono arrivare queste risorse c’è una distanza siderale tra le due parti.
- I paesi in via di sviluppo vogliono specificare la quota annuale di risorse pubbliche che devono essere fornite (provided) dai paesi sviluppati, e una quota per le risorse mobilitate (mobilized), dove rientrano gli investimenti privati.
- I paesi più ricchi non vogliono obiettivi per quote e chiedono che siano conteggiate anche le “risorse domestiche”.
Chi paga per la finanza climatica?
Tra i nodi più difficili da sciogliere c’è la base contributiva.
- I paesi in via di sviluppo vogliono che sia mantenuto l’obbligo per i soli paesi più ricchi, senza cambiare l’impianto attuale né ridiscutere l’articolo 9 dell’Accordo di Parigi e la classificazione dei paesi stabilita nel 1992 dalla Convenzione Quadro Onu sul contrasto al cambiamento climatico (Unfccc).
- I paesi sviluppati hanno sempre chiesto che sia allargata anche a Stati come la Cina o l’Arabia Saudita perché hanno economie in grado di contribuire all’obiettivo ma sono ancora classificati come paesi in via di sviluppo. In questa bozza la richiesta c’è, anche se appena sfumata: non si citano esplicitamente questo tipo di paesi, ma si dice che tutti devono contribuire.
La Cina contribuirà alla finanza per il clima?
Inoltre, la proposta dei paesi sviluppati chiede più trasparenza e dice che chiunque contribuisca, anche in modo volontario, debba pubblicare un rapporto biennale dettagliato. È un modo per stanare paesi come la Cina. Oggi non sono obbligati a contribuire, sostengono di farlo già a titolo volontario, ma non si sa nulla di quante risorse forniscano e in quali forme. Nel caso della Cina, i paesi più ricchi vogliono evidenziare quanto Pechino giochi sul debito, rendendo pubblica la quota di risorsa fornita come prestiti, con i conseguenti interessi da ripagare.
Sintesi delle opzioni negoziali sulla finanza climatica
La tabella qui sotto riassume il contenuto delle due opzioni in tutti i dettagli.
Opzione 1: Paesi in via di sviluppo | Opzione 2: Paesi sviluppati | |
Quantum | Migliaia di miliardi l’anno (cifra esatta non specificata) | Migliaia di miliardi l’anno (cifra esatta non specificata) |
Fonti | Componenti: risorse fornite (provided) e risorse mobilitate (mobilized); obiettivo specifico per la componente fornita | Da “tutte le fonti”, incluse “risorse domestiche” (non necessariamente investimenti) |
Modalità di erogazione | Sovvenzioni (grants) o modalità equivalenti; le risorse non devono creare debito (non-debt inducing) | Non specificata; riconosciuta necessità di sovvenzioni per i paesi vulnerabili per l’adattamento |
Platea di riceventi | Tutti i paesi in via di sviluppo (non solo i più vulnerabili) | Priorità verso i paesi “particolarmente vulnerabili” |
Base contributiva | Solo i paesi sviluppati hanno obbligo di contribuire; contributi volontari dei paesi in via di sviluppo non contano | Allargata a chiunque possa contribuire; necessità di aumentare la finanza “verso e nei” paesi in via di sviluppo |
Contributi per paese | Quote nazionali per i paesi sviluppati, calcolate in base a emissioni storiche e PIL pro capite (burden sharing) | Nessuna quota specifica; totale nazionale definito liberamente dai singoli paesi |
Ambiti coperti | Include anche loss & damage (finora separato) | Equilibrio tra mitigazione e adattamento, senza citare i loss & damage |
Tempistica | 2025-2035; obiettivo da raggiungere l’anno prossimo (2025) per i successivi 10 anni | Entro il 2035 |
Altri punti di disaccordo
Al di là delle due opzioni sugli elementi chiave del quadro della finanza climatica post 2025, restano delle altre parti del testo su cui non c’è ancora un’intesa.
L’articolo 20 propone 2 versioni alternative riguardo l’obiettivo precedente di 100 mld $ l’anno entro il 2020 e fino al 2025.
- La 1° versione si limita a riconoscere che l’obiettivo è stato raggiunto e superato nel 2022, arrivando a 115,9 mld $. Non tocca il tema degli “arrestrati”, cioè i miliardi mancanti nel 2020-2021, quando bisognava già arrivare a quota 100.
- La 2° versione reclama gli arretrati e stabilisce che i paesi più ricchi li debbano saldare entro il 31 dicembre 2026.
Altro tema che resta conteso è quello delle fonti delle risorse e della loro modalità di erogazione, per come viene specificato in altri articoli della bozza.
L’art.29 parla di bilanciamento tra mitigazione e adattamento (che può andar bene a tutti) ma cita l’inclusione dei loss & damage, cui i paesi più ricchi sono contrari;
L’art.39 propone due alternative sulla ripartizione delle risorse tra i paesi riceventi. Entrambe sembrano proposte dei paesi in via di sviluppo. La 1° si limita a indicare i paesi più vulnerabili con limiti significativi nella capacità economica, “come LDC e AOSIS”. La 2° prevede 39 mld per i piccoli Stati insulari (AOSIS) e 220 mld per i paesi meno sviluppati (LDC).
Le reazioni alla nuova bozza di accordo Cop29 sulla finanza per il clima
Nessun plauso, solo critiche. Feroci, trancianti, costruttive: la plenaria del 21 novembre è stata una girandola di posizioni sull’ultima bozza di accordo Cop29 sulla finanza per il clima.
UE: inaccettabile
La posizione più netta l’ha espressa l’UE attraverso il commissario al Clima Wopke Hoekstra. Parlando in plenaria ha definito l’ultima bozza “squilibrata, inattuabile e inaccettabile”.
In ballo c’è anche il testo di accordo sul Mitigation Work Program. I paesi sviluppati vogliono dare seguito alla “transizione dalle fossili” decisa alla Cop28 e la presidenza azera ha riaperto il dossier – si era arenato settimana scorsa durante i negoziati tecnici – come “controfferta” per far digerire un accordo sulla finanza climatica. Più ambizione sulla mitigazione in cambio di concessioni sulla finanza, questi i termini dell’accordo non scritto. Il problema? Il testo del MWP non è giudicato minimamente adeguato dai paesi sviluppati. Che accusano la presidenza azera di aver incluso solo la prospettiva dei paesi arabi e del gruppo dei Like-Minded. Come? E’ scomparso il riferimento alla transizione dalle fossili.
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha provato a iniettare ottimismo dicendo che percepisce un “appetito per l’accordo” tra i corridoi della conferenza sul clima di Baku. Ma è l’unica voce del genere.
G77: no alla proposta dei paesi sviluppati
Anche il Gruppo dei 77 e la Cina, per voce dell’Uganda, in plenaria hanno criticato il testo sul NCQG. Sotto accusa finisce il riferimento alla “finanza domestica” proposto dai paesi sviluppati (che probabilmente annacquerebbe la quantità di risorse nuove e aggiuntive). Criticata anche l’idea di un obiettivo sugli investimenti.
La Cina si prepara a fare da pontiere: spazio alla mediazione
Dal canto suo, la Cina ha sì criticato la nuova bozza, ma ha anche lasciato qualche spiraglio per negoziare. “Il testo attuale contiene numerosi elementi che non sono soddisfacenti né accettabili per la Cina”, ha detto l’inviato per il Clima di Pechino, Xia Yingxian, durante la plenaria. Dito puntato contro l’obbligo per la Cina di contribuire alla finanza climatica, come vorrebbero i paesi più ricchi. Al tempo stesso, il 1° inquinatore mondiale ha esortato tutti i paesi a “trovarsi a metà strada”. E non ha ribadito la cifra di 1.300 miliardi di dollari, posizione ufficiale di Pechino: Yingxian ha solo auspicato che il quantum del NCQG “superi largamente i 100 miliardi di dollari all’anno“.
Paesi africani: i 1.300 miliardi non si discutono
Tuttavia, quanta poca disponibilità a cedere su alcuni aspetti ci sia lo dimostra ancora una volta il Gruppo dei paesi africani. In plenaria ha ribadito che non si discute la distinzione tra provisions e mobilization, e ha detto esplicitamente i numeri necessari: 1300 mld $ in tutto, di cui 600 mld $ l’anno in finanza pubblica (provisions) e in forma di sovvenzioni.
CAN: il quantum è ancora l’elefante nella stanza
Critiche in qualche modo supportate anche da organizzazioni osservatrici come Climate Action Network (CAN). In una conferenza stampa a margine della plenaria, Jacobo Ocharan di CAN ha detto: “Abbiamo un testo senza numeri. Il quantum mancante è l’elefante nella stanza: senza di esso, l’ambizione non è chiara”, aggiungendo che l’opzione favorita dai paesi sviluppati “rischia di trasformare l’NCQG in un obiettivo di finanza privata globale, mettendo da parte la giustizia per le nazioni in via di sviluppo”.