Il danno stimato al pil mondiale pro capite passa da una riduzione dell'11% nei modelli tradizionali a un tondo -40% se si considerano l'interconnessione degli effetti climatici globali

Un aumento della temperatura globale superiore ai 3°C entro la fine del secolo potrebbe rendere la persona media il 40% più povera. Un danno quasi 4 volte superiore rispetto alle stime più accreditate finora (che battono intorno all’11%). Il motivo? I modelli economici tradizionali hanno sistematicamente sottovalutato l’impatto del riscaldamento globale sulla ricchezza mondiale.
Ad affermarlo è uno studio pubblicato su Environmental Research Letters.
Un cambiamento radicale nei modelli economici
Gli autori dello studio, coordinati dall’Università del New South Wales, hanno lavorato su un “difetto strutturale” dei modelli economici più usati. Quelli tradizionali assumono che gli effetti economici del cambiamento climatico riguardino solo il paese direttamente colpito dagli eventi meteorologici estremi. Ma il commercio internazionale e le interconnessioni economiche globali rendono ogni paese vulnerabile agli impatti climatici che si verificano altrove.
Per correggere questo difetto, gli scienziati hanno integrato nei modelli econometrici 3 approcci principali, includendo anche i dati sulle condizioni meteorologiche globali. Utilizzando le proiezioni climatiche del modello SSP5-8.5 (lo scenario IPCC con alte emissioni), hanno quindi calcolato l’impatto del riscaldamento globale sulla crescita economica globale.
I risultati? Il danno stimato al pil mondiale pro capite passa da una riduzione dell’11% nei modelli tradizionali a un tondo -40% se si considerano gli effetti climatici globali.
Come il riscaldamento globale colpisce l’economia globale
Lo studio scardina anche un’altra certezza che deriva dalle analisi dell’impatto economico del cambiamento climatico nei prossimi decenni. Il riscaldamento globale oltre i 3°C non sarebbe una catastrofe per tutti. Alcuni paesi vedrebbero crollare i fondamentali della loro economia. Ma altri, soprattutto i paesi con climi più freddi, secondo i modelli correnti riuscirebbero a mitigare il colpo. E anche a trarne alcuni benefici.
Non è così, sottolinea il nuovo studio. Che dimostra che l’impatto negativo sul pil globale è così significativo da colpire duramente anche queste nazioni.
C’è poi un risultato importante che deriva dal ricalcolo dell’impatto economico del climate change. Includendo gli effetti climatici globali nei modelli economici, la “temperatura ottimale per il benessere” scende da 2,7°C a 1,7°C. In linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Questo indicatore si riferisce al livello di riscaldamento globale che massimizza il benessere tenendo conto dei costi e dei benefici del cambiamento climatico.