L’editoriale del Direttore Mauro Spagnolo

Dalle ore 7.35 di ieri stiamo vivendo un immenso vuoto.
Di fronte alla morte di Papa Francesco, anche chi è abituato a pesare le parole con il professionale approccio giornalistico, si scopre orfano. Orfano di una voce coraggiosa e che non ha mai avuto paura di denunciare le ingiustizie, neanche quando queste avevano il volto truccato e ipocrita del potere. E in questi ultimi anni la sua voce si è davvero distinta nello squallido panorama delle politiche internazionali.
Da ieri il mondo ha perso più di un Papa. Ha perso il testimone più autentico di un cristianesimo che non si è mai rintanato dietro ai muri del conformismo, anche a costo di creare ostilità perfino a lui vicine. Ha perso il Pontefice che ha osato sfidare apertamente chi alimentava guerre folli e miopi, combattute per mantenere gli interessi di pochi, sacrificando la vita e la dignità di migliaia di civili innocenti.
Francesco non ha mai voltato le spalle agli ultimi. Li ha messi al centro del suo pontificato, con uno sguardo che sapeva accogliere e una voce che sapeva gridare, quando necessario, senza compromessi. Gli emarginati, gli emigranti, i poveri: li ha riconosciuti fratelli. E in loro ha visto il volto e la dignità che ogni uomo deve avere, là dove troppi vedevano solo fastidio o pericolo.
Ho ancora ben presente l’emozione tangibile nel volto dei detenuti che, appena qualche giorno fa e contro il parere dei medici, ha voluto incontrare in un carcere romano. E la sua frase pronunciata uscendo con un filo di voce “non so perché loro sono dentro ed io fuori!”.
Ma forse il suo vero testamento spirituale è quello contenuto nella Laudato Si’, promulgata esattamente dieci anni fa. Un’enciclica che ha fatto la storia, scuotendo le coscienze ben oltre i confini del mondo cattolico, evidenziando come il concetto di “ecologia integrale” dovesse diventare il baricentro della vita dell’uomo. Francesco ci ha chiesto di cambiare rotta, di rivalutare il nostro rapporto con la Terra, di fondare le nostre economie, le nostre scelte politiche e il nostro quotidiano sulla visione che unisce ambiente, giustizia sociale, spiritualità e responsabilità. Un richiamo potente e troppo spesso inascoltato. Anzi, gli ultimi avvenimenti legati a politiche scellerate, barriere commerciali, alla miopia della rivalutazione di fonti energetiche dannose alla qualità della vita dei cittadini, sembrano dimostrare quanto urgente e necessario sia seguire la strada indicata da Francesco.
Con chiarezza profetica infatti, aveva sposato le evidenze della comunità scientifica, affermando con forza che i cambiamenti climatici sono, in gran parte, conseguenza dell’azione dell’umano. E che negare questo significa condannare le generazioni future a un’esistenza precaria e sofferente.
Le sue parole suonano come un monito, ma anche come un invito a non perdere motivazioni e obiettivi.
Abbiamo perso un profeta del nostro tempo, un uomo che ci consegna un patrimonio che non meritiamo.
Ciao Francesco. Già ci manchi.