Un nuovo metodo di rimozione del plancton dalle particelle, facilita il monitoraggio dell microplastiche nell’acqua di mare
Determinare la quantità e qualità delle microplastiche nell’acqua di mare è fondamentale
Metodi precisi per identificare le microplastiche nell’acqua di mare sono sempre più necessari, al fine di determinare la gravità dell’inquinamento. Ma la difficoltà sta nel separare queste particelle dal plancton che abita l’ambiente acquatico. Ci sono tecniche che riescono a rimuovere questi organismi dai corpuscoli polimerici, ma nell’operazione li degradano e impediscono una buona classificazione. Il monitoraggio, dunque, ne risente, e di conseguenza la qualità dei dati scientifici sulla quale basare scelte di policy.
In una nuova ricerca, la Flinders University di Adelaide (Australia), ha però fatto un passo avanti. Lo studio esamina l’efficacia di vari metodi chimici per digerire campioni di plancton senza danneggiare le microplastiche. I ricercatori hanno testato diversi agenti chimici digestivi (acido, alcalino, enzimatico e ossidativo) su una serie di plastiche comuni (polietilene, polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato, poliammide) presenti nei campioni.
Ciascun agente ha prodotto differenti effetti sulla struttura fisica e chimica delle microplastiche. Alcuni agenti digestivi sono stati più efficaci nel rimuovere materiale biologico senza compromettere l’integrità delle particelle. Altri hanno causato alterazioni significative alla loro composizione, rendendole difficili da identificare accuratamente. Ad esempio, i trattamenti acidi e ossidativi hanno mostrato una maggiore capacità di degradare il materiale organico, ma allo stesso tempo hanno danneggiato la superficie delle microplastiche, compromettendo la loro analisi successiva.
Il trattamento enzimatico con Proteinasi-K (prodotta dal fungo Tritirachium album Limber) ha dimostrato i risultati più promettenti. Circa il 75% del plancton è stato rimosso senza causare danni significativi alle microplastiche. Questo metodo si è rivelato il più efficace nel preservare l’integrità delle particelle, specialmente per PE e PP, che sono più suscettibili ai danni chimici.
La ricerca ha sottolineato l’importanza di scegliere il metodo chimico giusto per garantire che le microplastiche nell’acqua di mare possano essere recuperate intatte dai campioni ambientali. Tutto ciò è fondamentale per gli studi volti a determinare la concentrazione e la distribuzione delle microplastiche negli ecosistemi acquatici.