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Economia circolare italiana, il nostro paese virtuoso in Europa: al 2° posto

Italia tra i paesi virtuosi in materia di economia circolare: siamo subito dopo i Paesi Bassi, ma ci sono margini per sfruttare meglio i passi in avanti

Economia circolare italiana, il nostro paese virtuoso in Europa: al 2° posto
Fonte immagine Pixabay

L’economia circolare italiana si conferma ai vertici europei, mantenendo il primato tra le principali economie dell’UE – Germania, Francia, Spagna – collocandosi al 2° posto dietro ai Paesi Bassi. Rimangono alcune criticità strutturali che rischiano di rallentarne la corsa, come evidenziato dal Rapporto 2025 sull’economia circolare italiana, presentato a Roma durante la settima Conferenza nazionale sull’economia circolare.

Secondo il rapporto elaborato dal Circular Economy Network, in collaborazione con ENEA, l’Italia ha aumentato del 20% la produttività delle risorse rispetto al 2019, raggiungendo i 4,3 euro di PIL per ogni kg di materiale utilizzato. Nonostante questi progressi, la dipendenza dalle importazioni di materie prime rimane elevata: nel 2023 l’Italia ha coperto il 48% del suo fabbisogno complessivo con importazioni, contro una media UE del 22%. Un dato aggravato dal costo crescente degli approvvigionamenti, salito a 568,7 miliardi di euro nel 2024. La Commissione europea stima in 45 miliardi di euro, per i 27 paesi UE, il risparmio annuo dei costi energetici adottando modelli di maggiore circolarità.

Italia leader nelle performance di circolarità

Dicevamo delle seconda posizione dell’Italia con 65,2 punti dietro ai Paesi Bassi (70,6 punti) e prima della Germania 60,6 punti, poi Francia e Spagna. E sono ottime anche le performance nella gestione dei rifiuti: il tasso di riciclaggio è cresciuto di 3,2 punti percentuali rispetto al 2019, attestandosi al 50,8% nel 2023. Solo la Germania fa meglio dell’Italia con un notevole 68,2%, invece il consumo dei materiali per abitante è minore della media europea, ma è in crescita.

Un modello industriale da rafforzare

L’economia circolare italiana rappresenta oggi una leva strategica per rilanciare la competitività del Made in Italy. Secondo Cassa Depositi e Prestiti, le pratiche circolari hanno già garantito un risparmio di 16,4 miliardi di euro alle imprese manifatturiere nel 2024, contribuendo alla decarbonizzazione e alla riduzione dei costi energetici.

Secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, “bisogna spostare l’attenzione dalla sola gestione dei rifiuti alle azioni a monte, come l’eco-design e il rafforzamento del mercato delle materie prime seconde”, mentre Claudia Brunori di ENEA ha ribadito la necessità di ridurre la dipendenza esterna attraverso innovazione di prodotto e tecnologie legate alle biotecnologie circolari, settore in cui l’economia circolare italiana può diventare un punto di riferimento.

Le sfide delle materie prime critiche

Nel contesto della transizione europea verso un’economia più circolare, l’Unione Europea punta a ridurre la dipendenza dall’importazione di materie prime critiche come alluminio, rame e fosforo, favorendo il riciclo e l’uso di materie prime seconde. Attualmente, l’Europa è fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di questi materiali, con un tasso di riciclo ancora insufficiente rispetto al potenziale, soprattutto per l’alluminio (21%) e il rame (32%). L’UE punta a cambiare rotta con il Circular Economy Act, previsto per il 2026, che rafforzerà le regole sull’utilizzo delle materie prime seconde.

Il fosforo, essenziale per fertilizzanti e batterie, è quasi totalmente importato, ma nuove tecnologie, tra cui quelle promosse dalla Piattaforma Italiana del Fosforo, stanno aprendo la strada al recupero da fonti non convenzionali, come acque reflue e fanghi di depurazione. Sebbene queste tecnologie siano ancora poco diffuse, l’Italia si pone in una posizione strategica grazie alle sue iniziative di ricerca e innovazione, contribuendo al rafforzamento dell’autonomia europea su materie prime critiche.

Verso il 2030: una corsa da accelerare

Secondo il Circular Economy Network, uno scenario più ambizioso di economia circolare italiana potrebbe garantire al 2030 benefici notevoli: riduzione del 14,5% nel consumo di materiali, 17 milioni di tonnellate in meno di rifiuti prodotti, un risparmio di oltre 82 miliardi di euro grazie alla minore dipendenza da importazioni e un contributo decisivo alla neutralità climatica.

Il Rapporto invita quindi a una rapida attuazione delle misure europee già adottate, evidenziando come il Clean Industrial Deal punti a raddoppiare il tasso di circolarità europeo, passando dall’11,8% del 2023 al 24% entro il 2030. Per l’economia circolare italiana, questa è una sfida che rappresenta non solo una necessità ambientale, ma un’opportunità concreta di innovazione industriale, resilienza economica e competitività internazionale. Con il Circular Economy Act, la cui presentazione è prevista nel 2026, si punterà ad accelerare ulteriormente la transizione. Al tempo stesso è necessaria una efficace politica industriale a sostegno degli investimenti delle imprese.

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About Author / Paolo Travisi

Ancora prima che giornalista, curioso per natura. Ha iniziato a scrivere per mestiere nel 2004, dapprima in tv, poi su giornali nazionali e web. Appassionato di scienza e tecnologia (ma non solo), ama scoprire nuovi argomenti di cui poter scrivere ed imparare. In questa avventura per Rinnovabili si occupa in particolare di economia circolare e mobilità sostenibile, e realizza i contenuti video per i social.