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La corsa ad ostacoli dell’economia circolare

Morandi, presidente di Cobat: “Serve un sistema per garantire l’universalità della raccolta, con regole per assicurare il servizio anche dove economicamente non conviene”

 La corsa ad ostacoli dell’economia circolare

(Rinnovabili.it) – Prodotti assorbenti per la persona, rifiuti da costruzione e demolizione, plastiche miste e carta da macero. Ma anche oli di frittura, rifiuti da spazzamento, gomma vulcanizzata granulare, ceneri di altoforno e scorie di fonderia.

Sono alcune tipologie dei 55 milioni di tonnellate di rifiuti, su un totale tra urbani, speciali e pericolosi di 165 milioni di tonnellate, pari quindi al 33% del totale complessivamente prodotto in Italia, che sono in attesa dei decreti End of waste (Eow) che semplificherebbero il loro riciclo e ridurrebbero il loro conferimento in discarica, negli inceneritori o il loro smaltimento illegale.

 

Investire sull’economia circolare conviene all’ambiente, alla salute dei cittadini e al bilancio dello Stato perché riduce le importazioni di materie prime, ma per arrivare a questo risultato è indispensabile rimuovere alcuni ostacoli normativi. Così Legambiente, nel corso del convegno “La corsa ad ostacoli dell’economia circolare in Italia” del 6 febbraio a Roma, ha lanciato una sfida al Governo e al Parlamento presentando le sue dieci proposte pratiche che mirano ad abbattere quelle barriere non tecnologiche ancora oggi presenti che stanno rallentando vistosamente la corsa dell’economia circolare”.  

 

Un convegno pensato per ribadire l’importanza dell’economia circolare, basata su riciclo, riuso e recupero dei rifiuti, e che comporta meno sprechi ed emissioni, e più occupazione. Un convegno per sottolineare anche il ruolo dei Consorzi e Morandi, presidente Cobat, ha aperto il suo intervento alla presenza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa facendo proiettare una clip video di difficili interventi di recupero di batterie al piombo esauste realizzati da Cobat in ambienti difficilmente raggiungibili, ponendo poi alla vasta platea un quesito: “Da quando la liberalizzazione del mercato ha aperto il recupero ad una pluralità di sistemi che operano legittimamente con ottica di profitto, quante batterie sono state recuperate in ambienti simili o comunque difficili secondo voi?”. Silenzio in sala. “Nessuna – ha proseguito Morandi – nessuno sistema ha l’obbligo per quella specifica batteria, a nessuno conviene. Chi perde è solo l’ambiente e la salute di tutti noi, a dimostrazione che le leggi del libero mercato non possono essere applicate in ambiti delicati come quelli della salvaguardia ambientale.”

 

Lo stesso tema è posto da Legambiente tra le dieci proposte presentate a Governo e Parlamento nel corso del convegno.

“Il 2018 – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – è stato l’anno dell’approvazione del pacchetto europeo sull’economia circolare, ma il 2019 dovrà essere un anno determinante per la sua attuazione. Perché questo avvenga è necessario però rimuovere gli ostacoli non tecnologici che nel nostro Paese sono ancora presenti. L’economia circolare non è solo un modo per uscire dalle tante emergenze rifiuti ancora dislocate in Italia, vuol dire creare investimenti, occupazione ed economia sul territorio, ma bisogna avere il coraggio di andare in questa direzione.”

 

Legambiente ricorda inoltre che con l’approvazione del pacchetto di direttive europee dell’economia circolare sono stati introdotti obiettivi di preparazione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti: 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035. Obiettivi ancora lontani come indica l’Ispra nel suo rapporto presentato a dicembre 2018: in Italia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 43,9%, considerando tutte le frazioni contenute nei rifiuti urbani.