Plastica monouso, se ad inquinare gli oceani è una manciata di multinazionali

Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé sono responsabili da soli della maggior parte della plastica ritrovata negli oceani. Greenpeace avverte: riciclaggio, carta e bioplastiche non sono la soluzione.

Plastica monouso
CC0 Public Domain

 Le circa 1.800 organizzazioni aderenti a Break Free From Plastic chiedono alle aziende di ridurre velocemente la loro produzione di plastica monouso

(Rinnovabili.it) – Le centinaia di migliaia di pezzi di plastica monouso che inquinano il pianeta provengono da una manciata di multinazionali. Questo il “verdetto” emesso lo scorso mercoledì da Break Free from Plastics, gruppo di pressione ambientalista di cui fanno parte più di 1800 organizzazioni, tra cui Greenpeace. Durante la seconda “Giornata mondiale della pulizia”, coordinata lo scorso settembre in 51 paesi del mondo, i volontari della coalizione hanno raccolto quasi mezzo milione di rifiuti in plastica provenienti da circa una decina di multinazionali. 

 

Per il secondo anno consecutivo, evidenzia il rapporto, Coca-Cola è risultata la peggiore con 11.732 pezzi di plastica monouso raccolti in 37 paesi di quattro continenti. Al secondo e terzo posto si collocano invece PepsiCo e Nestle, seguiti, tra i primi 10, da Mondelez International, Unilever, Mars, P&G, Colgate-Palmolive, Philip Morris e Perfetti Van Mille.

 

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Sebbene Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam e Sri Lanka continuino a scaricare la maggior parte della plastica negli oceani, i veri responsabili dell’inquinamento da plastica monouso in Asia  – sottolinea il gruppo ambientalista – sono in realtà società multinazionali con sede in Europa e negli Stati Uniti.
Molti di questi produttori – si legge nel rapporto –  pur promettendo di impegnarsi per rendere i propri prodotti più sostenibili, continuano ad adottare un modello commerciale obsoleto e responsabile  della situazione in cui ci troviamo oggi. Promuovere la pratica del riciclaggio è solo un modo per scaricare le proprie responsabilità verso i consumatori”.

 

Il rapporto afferma che le aziende dovrebbero allontanarsi dalla promozione di “false soluzioni” – come il riciclaggio e le cosiddette “bioplastiche” – e passare invece ad una nuova economia slegata dalla pratica dell’usa e getta. “Questo lavoro conferma ancora una volta che le multinazionali devono fare molto di più per affrontare la crisi dell’inquinamento da plastica che hanno creato. La loro dipendenza dagli imballaggi in plastica monouso si traduce nell’immissione di quantità crescenti di plastica nell’ambiente, i cui impatti sono già oggi devastanti. Il riciclo da solo non è la soluzione, bisogna ridurre urgentemente la produzione di plastica usa e getta”, ha dichiarato Von Hernandez, coordinatore globale della coalizione Break Free From Plastic. 

 

Le aziende sopra nominate hanno assunto impegni pubblici per ridurre i rifiuti di plastica monouso e aumentare il riciclaggio: Coca-Cola e PepsiCo e Nestlè, in particolare,  si sono impegnate a rendere i loro imballaggi riciclabili, riutilizzabili o compostabili entro il 2025. Ma non basta: “i recenti impegni di multinazionali come Coca-Cola, Nestlé e PepsiCo promuovono come sostenibili alternative come la carta o le bioplastiche che rischiano di generare ulteriori impatti su risorse naturali già eccessivamente sfruttate, come le foreste e i terreni agricoli. Per risolvere il problema dell’inquinamento da plastica – ha detto Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace – le grandi aziende devono ridurre drasticamente la produzione di usa e getta, investendo in sistemi di consegna dei prodotti basati sul riuso e sulla ricarica e che non prevedano il ricorso a packaging monouso”.

 

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