Rinnovabili • transizione verde

Symbola, la transizione verde non si raggiunge da soli

Il Seminario estivo di Fondazione Symbola offre una lettura del percorso verso la transizione verde che siamo obbligati a intraprendere per la sopravvivenza nostra e del Pianeta. Non sarà un cammino semplice, proprio per questo vanno messi da parte ideologie e pregiudizi e ragionare di futuro

transizione verde

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – “Transizione verde e gusto del futuro. Per una nuova Italia”. La XIX edizione del Seminario estivo 2021 di Fondazione Symbola è stata aperta dal presidente della Camera di Commercio della Regione Marche, Gino Sabatini, con una constatazione positiva: «Cinque anni fa si iniziava a parlare di transizione ecologica, oggi abbiamo la fortuna di avere Vittorio Colao e Roberto Cingolani alla guida di due Ministeri (rispettivamente Innovazione tecnologica e Transizione digitale, e Transizione ecologica) che possono chiudere il cerchio per avere una nuova e bella Italia».

Cambia il rapporto tra ricerca e impresa

Con Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si entra subito nel vivo del tema. «Senza scienza e ricerca saremmo in grande difficoltà, le partnership pubblico-privato hanno permesso di sviluppare vaccini e terapie utili per il controllo della pandemia. La transizione verde chiede un cambio di paradigma. Per la prima volta si parla di produrre senza inquinare, nella quarta rivoluzione industriale entra la sostenibilità: coniugare lo sviluppo con la sostenibilità e fare della sostenibilità un’occasione di sviluppo saranno la grande sfida per la ricerca. Il CNR ha 8700 ricercatori che si confrontano su ricerca fondamentale, leadership industriale e innovazione sociale. Molti si occupano dei grandi ecosistemi, di biodiversità, di idrogeno: temi attuali sui quali il CNR è pronto a collaborare con il PNRR».

Per anni si è discusso del rapporto tra ricerca e impresa, oggi lo scenario sembra diverso e più aperto. Infatti, spiega Carrozza, «il CNR collabora con grandi imprese, corporate e microimprese. Sicuramente le PMI avranno difficoltà ad adattarsi ai nuovi contesti, il CNR deve aiutarle a riconnettersi con le grandi corporate per fare dei network italiani ed europei che siano in grado di raccogliere le sfide del futuro».

La forza delle aziende green

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, delinea lo scenario della transizione verde nel contesto europeo: «L’Europa ha battuto un colpo. Prima della pandemia era partita con una scelta molto netta: puntare su coesione, transizione verde e digitale. Non è una scelta per rispondere ai pericoli ambientali o alle preoccupazioni dei giovani, è una scelta strategica in cui l’Italia ha molto da dire. Siamo la superpotenza europea dell’economia circolare: con il 79% di percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti si risparmiano ogni anno 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. L’economia sta cambiando, o si guida o si subisce; ci sono i rischi di non fare bene, ma ancora peggio è non fare niente».

La transizione verde pone sicuramente dei problemi, ma dobbiamo guardare agli esempi positivi delle aziende che, imboccando la strada green, sono diventate più forti. Realacci cita il caso di Enel: con la guida di Francesco Starace, Enel è diventata il più grande produttore al mondo di fonti rinnovabili, è l’azienda più quotata nella borsa europea, crea occupazione. Se Starace non avesse fatto questa scelta, quanti posti di lavoro sarebbero stati persi? «Affrontare con coraggio la crisi climatica è necessario, ma è anche l’occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e più capace di futuro, come è scritto nel Manifesto di Assisi». Sono parole che abbracciano un concetto nuovo di sviluppo, di economia gentile, che vanno oltre le politiche ambientali. Realacci cita Edison: «Se fossimo ciò che siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi», convinto che con le sue energie l’Italia può sbalordire l’Europa e il mondo, fondere storia e bellezza con l’innovazione e affrontare le sfide poste dalla crisi climatica.

La visione strategica della qualificazione urbana e del territorio

Regina De Albertis, presidente di Ance Giovani ritiene che il settore delle costruzioni abbia un ruolo chiave nella sostenibilità: «Siamo chiamati alla sfida di cogliere le opportunità del PNRR per innovare e cambiare passo guardando al futuro, ma è urgente dare risposte in tempi brevi. Il futuro è fatto di infrastrutture e città green. Il valore di un’impresa è connesso al valore che genera per il sistema e la collettività; la sostenibilità è un obiettivo congiunto, chi fa impresa sia protagonista del cambiamento. Le istituzioni, però, devono essere pronte a dialogare, non a creare ostacoli. Servono regole chiare, semplificazione e sburocratizzazione, digitalizzazione e innovazione dei processi: un Paese più semplice è possibile se risponde in tempi rapidi alle istanze del mercato. Le regole devono accompagnare il cambiamento ed essere più flessibili per favorire i processi di transizione verde che abbiano lo sviluppo sostenibile come valore fondamentale».

La parola d’ordine sia rigenerazione, in una nuova visione strategica della qualificazione urbana e del territorio, perché il degrado del territorio si accompagna al degrado sociale. Per essere artefici di un cambiamento sostenibile, le imprese che intervengono nel recupero delle aree degradate devono essere sostenute con incentivi e sconto degli oneri, ha sottolineato De Albertis. La filiera delle costruzioni è lunghissima, l’economia circolare può essere strategica anche in questo settore. Pubblico e privato siano alleati per raggiungere un obiettivo comune di sviluppo sostenibile in cui può essere determinante l’impiego di materiali innovativi che migliorano le performance tecniche.

La transizione verde è inevitabile

Francesco Starace, presidente e amministratore delegato di Enel è abituato a guardare avanti e parla del progetto per rendere la Sardegna prima isola a zero emissioni. «Portarci ora il gas è tardivo, bisogna andare avanti con le rinnovabili». Nessuno può fare da solo, ed Enel ha fatto un accordo con Terna. «La scelta della Sardegna è tra andare indietro di venti anni e poi trovarsi in difficoltà o andare avanti e aspettare che gli altri la raggiungano; nel Mediterraneo altre isole ci stanno pensando, come le Baleari. È in corso una trasformazione industriale profonda che trasforma l’economia mondiale con un cambio di utilizzo dei materiali e dell’energia che travolge tutto il sistema. La transizione verde è difficile e inevitabile, può avvenire in maniera turbolenta o ordinata, se imboccata bene può portare benefici, specie a chi si muove prima. Crea nuova occupazione, stimola l’imprenditoria, è una transizione sistemica che copre tutti i settori, è in corso in tutto il mondo, richiede grandi capitali all’inizio e pochi costi di gestione dopo».

L’economia cambia e dobbiamo accompagnare il cambiamento. La transizione verde impone decisioni, da come convertire le persone a fare altri lavori alle aziende che devono cambiare modelli di business. Eppure, in Italia, 432mila imprese hanno fatto il grande salto e investito nel green negli ultimi cinque anni: quelle che hanno creduto nell’ambiente esportano di più, innovano di più, creano più posti di lavoro e sono più resilienti. Nei green jobs ci sono 3,1 milioni di occupati (ovvero il 13,4%).

In una transizione giusta nessuno va lasciato indietro

Possiamo velocizzare la transizione verde? Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica, spiega che «stiamo giocando una partita sull’asse del tempo. Negli ultimi 150 anni di esplosione demografica siamo passati da 1 miliardo a 8 miliardi di persone, e a luglio cominciamo a usare le risorse dell’anno successivo. La nostra impronta ecologica è destinata ad aumentare con l’aumento della popolazione, molti paesi chiedono di crescere secondo modelli insostenibili, ma sembra che ce ne siamo accorti da poco. Il costo dei danni del cambiamento climatico in dieci anni è stato di 1200 miliardi di dollari e 400mila vite perdute, si è cominciato a contabilizzare qualcosa che era solo nell’aria. Sapiens è comparso 130mila anni fa e tutto si è mantenuto in equilibrio fino a 200 anni fa, con l’arrivo del motore a scoppio la CO2 è aumentata di 1000 volte».

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Impossibile tornare indietro, possiamo solo bloccare e mitigare. È importante agire in fretta, ma se vogliamo costruire un modello di crescita per il Pianeta in un tempo troppo breve il sistema non si può stabilizzare, è un sistema debole. «Dobbiamo cambiare le infrastrutture del Paese con le energie rinnovabili, dobbiamo fare dieci volte di più ogni anno di quanto abbiamo fatto finora (quindi passare da 0,8 GW di potenza elettrica a 8GW). Il problema è burocratico: per avere un permesso passano 1500 giorni, arriva quando ormai il PNRR è alle spalle e quindi perdiamo i soldi».

Il primo problema da risolvere sono le regole certe, la semplificazione burocratica, la capacità di fare sul serio. Il fatto che i soldi vengono dall’Europa dà regole stringenti che vanno rispettate. Non c’è spazio per le ideologie, ci sono indicatori precisi, è tutto misurabile, dobbiamo arrivare all’obiettivo percorrendo quella strada. La seconda sfida è che in dieci anni dobbiamo cambiare la mobilità, la manifattura, la gestione dell’ambiente. Siamo un paese avanzato, ma la transizione è complicata, perché sia giusta dal punto di vista sociale deve essere graduale. «Trasformazioni così radicali mettono in discussione un intero sistema sociale: per me è fondamentale che siano protette le categorie più deboli. È impensabile che decine di migliaia di persone perdano il lavoro perché certe transizioni nell’industria si fanno in fretta. In una transizione giusta nessuno va lasciato indietro». 

Al G20 su Clima, Ambiente, Energia è difficile raggiungere un documento unificato: i paesi emergenti faticano ad accettare il fatto che siano posti limiti alla loro crescita, spiega Cingolani. L’Europa pesa per il 9%, spendiamo tantissimo per cambiare società e modello produttivo, ma le emissioni dei paesi emergenti lo annulleranno in un attimo. «Ci troviamo di fronte a un problema geopolitico immenso, serve una giusta lettura della sostenibilità. La transizione verde ha un prezzo altissimo che si colloca tra due estremi, o si muore di fame o si muore di ambiente. La sostenibilità non è solo ambientale ma anche sociale, il punto è trovare modi e tempi per accompagnare quella sociale. Il tempo della transizione è ineccepibile dal punto di vista ambientale, ma ci sono difficoltà nella riconversione di certi comparti industriali: se non è fatta bene, nei tempi corretti, pagheranno un prezzo enorme. Si deve vincere lo scontro ideologico sulla transizione verde, c’è chi mette troppi veti sulle tecnologie indispensabili in un “menù completo”. Servono tecnologie che compensano la produzione di CO2, che comunque ci sarà. Lo sviluppo si misura sulle competenze, non sui veti. Non basta dire che una cosa non si vuole fare, bisogna fare i conti e arrivare a un compromesso».

La determinazione dell’Unione Europea

«Dal gennaio 2020 l’Unione Europea ha investito moltissimo sulla propria identità verde. È stato appena varato il pacchetto Fit for 55 che fa parte di una strategia costruita intorno al Green Deal: 12 proposte legislative che avranno un percorso sicuramente lungo e controverso e vogliono rendere possibile l’accelerazione sulla neutralità climatica», ha affermato Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia. Ci conforta sapere che altri Paesi si sono aggiunti a questo obiettivo UE, come Sudafrica, Corea del Sud, Cina, USA. «Se vogliamo gestire la transizione verde e non esserne travolti gli obiettivi devono essere ambiziosi ma devono fare i conti con la sfida sociale, che è fondamentale. La logica è di mitigazione dell’impatto e compensazione tra aree più o meno avanzate. Andare verso la transizione verde sarà duro, ma offre anche opportunità, a tutti spetterà capire come evitare le conseguenze sociali. L’Unione Europea avrà il gravoso compito di tenere insieme in equilibrio ambizione e collaborazione internazionale».

Una cosa è certa, nessuno può pensare di raggiungere la transizione verde da solo. «Servono valori e culture, empatia, tecnologia e bellezza. Servono le energie delle persone e quelle delle imprese. Serve coesione sociale: impossibile senza un ruolo forte del terzo settore, dei territori, delle comunità e delle istituzioni locali, a partire dai piccoli comuni» ha detto Ermete Realacci. E soprattutto nessuno potrà pensare di tirarsi indietro senza conseguenze, perché il costo di fare poco o nulla per la transizione verde sarà anch’esso sociale, e graverà sulle fasce più deboli dei singoli paesi e del Pianeta.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.