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I consumi della Pubblica Amministrazione, verso edifici più efficienti

L’efficientamento degli immobili della PA è uno degli elementi imprescindibili per il raggiungimento degli obiettivi energetico-climatici nazionali. Come garantire che il processo sia anche sostenibile per le finanze pubbliche? Risponde la monografia realizzata da RSE “I consumi della Pubblica Amministrazione. Soluzioni e impatti economici per edifici pubblici più efficienti”

I consumi della Pubblica Amministrazione, verso edifici più efficienti

Il ruolo della Pubblica amministrazione nella transizione energetica

Oltre 280 milioni di metri quadrati occupati da edifici diversi per età, tipologia e localizzazione, e in molti casi legati a vincoli architettonici e paesaggistici. Con consumi annuali stimati nell’ordine di 4,6 Mtep l’anno – di cui oltre la metà (64%) per il riscaldamento – e contratti di fornitura energetica spesso esternalizzati. Questa in estrema sintesi come si presenta oggi il parco immobiliare della Pubblica Amministrazione (PA) italiana, intesa nel senso più ampio. Vale a dire l’amministrazione centrale (Ministeri) e locale (Regioni, Province e Comuni), i servizi collettivi e tutti gli enti pubblici afferenti ai macro settori dell’Istruzione, della Sanità e delle Attività artistiche, sportive e di intrattenimento.

Un attore complesso e per alcuni versi difficile da incasellare, che al pari dei comparti civile, commerciale ed industriale oggi è chiamato a prendere parte alla transizione energetica. Non solo rispettando gli obblighi comunitari in materia di emissioni ed energia ma anche dando il buon esempio. 

Una delle grandi sfide che il settore dovrà affrontare è contenuta nella Direttiva comunitaria 2023/1791, meglio nota come Direttiva sull’Efficienza Energetica o EED. Il provvedimento riconosce agli enti pubblici a livello nazionale, regionale e locale un ruolo di primo piano nel percorso di decarbonizzazione ed efficientamento energetico. E impone agli Stati membri di garantire che “almeno il 3% della superficie coperta utile totale degli edifici riscaldati e/o raffrescati di proprietà dei loro enti pubblici sia ristrutturato ogni anno per trasformarli in edifici a emissioni zero o quanto meno in edifici a energia quasi zero [NZEB-Nearly Zero Energy Building]”.

Impresa non da poco per la PA italiana, tra vincoli e specificità del patrimonio edilizio, e un perimetro così ampio da rendere arduo persino il censimento della domanda energetica.

A dare una mano è oggi RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) attraverso la monografia intitolata “I consumi della Pubblica Amministrazione. Soluzioni e impatti economici per edifici pubblici più efficienti”. Il documento, realizzato grazie anche alla collaborazione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Regione Piemonte, riassume i principali studi in materia condotti da RSE, offrendo un’analisi delle possibili strategie per ridurre il fabbisogno energetico degli edifici pubblici.

Il lavoro svolto da RSE è partito da una grande opera di raccolta dati e analisi. Una volta censito il patrimonio immobiliare della PA – 707.261 unità catastali per una superficie complessiva di 282.013 m2 – i ricercatori hanno dovuto stimarne i consumi energetici. Compito complesso e articolato. 

Il risultato? Come anticipato all’inizio per le quattro unità istituzionali della Pubblica Amministrazione, il valore dovrebbe aggirarsi intorno ai 4,6 Mtep l’anno, di cui 2,9 Mtep per il fabbisogno termico e 1,6 per quello elettrico.

Non tutto il patrimonio pubblico rientra però nell’ambito di intervento della direttiva europea. Secondo la stima di RSE a dover rispondere dei nuovi obblighi di efficientamento dovrebbe essere circa il 70% di questo parco edilizio. Vale a dire 200 milioni di m2 corrispondenti a un consumo energetico di circa 3,2 Mtep.

In questo contesto il 3% annuo di superficie su cui intervenire ammonterebbe a circa 5,4-6,0 milioni di m2, corrispondenti a 86-95 ktep di consumi finali. Una riqualificazione energetica di tale patrimonio permetterebbe di ottenere un risparmio di energia finale di circa 72 ktep l’anno.

Tuttavia, efficientare  il settore allineandolo ai target comunitari, rappresenta una sfida per l’Italia e per più di un motivo. In primo luogo, gli interventi di retrofit, in quanto a carico del bilancio pubblico con i suoi limiti di spesa, devono essere economicamente sostenibili. 

In secondo luogo, l’azione deve seguire una precisa tabella di marcia per rispettare le scadenze della EED. Entro la fine di questo decennio il Belpaese dovrebbe aver riqualificato circa il 30% della superficie della PA eleggibile ai sensi della Direttiva, per arrivare al 60% entro il 2040.

L’obiettivo è sfidante ma anche una grande occasione per far fare un passo in avanti al Paese. Le condizioni ideali ci sono tutte: la dimensione della superficie in gioco, le ampie potenzialità di efficientamento, la proprietà e la disponibilità di importanti risorse pubbliche. Per raggiungere tale risultato è importante però scegliere dove e come intervenire, definendo delle priorità di intervento, auspicabilmente sulla base di criteri di costo-beneficio e sulla realizzabilità degli interventi stessi. Abbiamo un’importante eredità data dal contesto italiano e sta a noi valorizzarla al meglio”, ha dichiarato Marco Borgarello, Direttore dell’Unità Tecnica “Uso efficiente dell’energia per gli usi finali e territorio” di RSE.

Efficienza energetica nella PA, come ridurre i consumi degli edifici

Come conseguire, dunque, i 72 ktep l’anno di risparmio annuali nei consumi della pubblica amministrazione? Per rispondere alla domanda RSE ha valutato tre approcci e tre scenari differenti.

Nel dettaglio in base al sotto-comparto su cui intervenire RSE distingue:

Approccio A: Considerando tutti gli edifici della PA (200 milioni di m2), inclusi scuole, uffici e ospedali, con interventi diversificati in base alle opportunità del territorio.

Approccio B: Escludendo gli ospedali (170 milioni di m2) a causa della complessità e dei costi elevati degli interventi ma richiede un efficientamento maggiore delle altre unità edilizie per raggiungere il target di risparmio energetico.

Approccio C: Escludendo ospedali ed edifici pubblici residenziali (130 milioni di m2). 

I tre scenari di intervento sono suddivisi, invece, sulla base del grado di pervasività delle misure di riqualificazione energetica.

  • Scenario 1: NZEB – comporterebbe una riqualificazione totale degli edifici esistenti tramite una ristrutturazione pesante al 100% (cappotto, sostituzione infissi, schermature solari, ventilazione meccanica) e interventi impiantistici (pompa di calore, fotovoltaico, regolazione dell’impianto termico).
  • Scenario 2: IMP – comporterebbe una riqualificazione solo a livello di impianti prevedendo l’installazione di un sistema fotovoltaico e di una pompa di calore .
  • Scenario 3: MIX- in questo caso la strategia sarebbe quella di optare per una soluzione combinata attraverso un 10% di interventi di ristrutturazione pesante e un 90% di interventi sugli impianti.

Per ognuno di questi approcci RSE ha stimato un costo, entrando nel dettaglio dei singoli comparti.

Da un punto di vista prettamente  economico, concentrarsi principalmente sugli interventi impiantistici risulta l’opzione più vantaggiosa. In particolare, RSE evidenzia come lo Scenario MIX costituisca la scelta ottimale consentendo il rapporto costi-benefici più favorevole. Questo perlomeno in una prima fase. 

Un altro fattore cruciale è la scelta dei comparti su cui intervenire. L’analisi mostra come la soluzione meno favorevole sia quella che esclude il coinvolgimento del settore della sanità (fortemente energivoro); la più favorevole quella che compensa l’esclusione degli edifici del settore sanitario, non considerando neanche il residenziale (poco energivoro). 

La scelta più economica risulterebbe dunque l’approccio C con lo Scenario MIX che comporterebbe a fronte di una superficie di 12.092 m2 l’anno da riqualificare una spesa 5,11 miliardi di euro per le casse dello Stato.

La scelta più cara sarebbe invece quella risultante dall’approccio B con lo Scenario NZEB, con un costo stimato di 9,29 miliardi di euro l’anno.

Tuttavia, la questione economica dovrà passare in secondo piano dopo il 2040. A quel punto sottolinea la Monografia, sarà necessario puntare sulla riqualificazione completa in NZEB con interventi su edifici già efficientati dal momento che l’intera superficie disponibile sarà stata utilizzata.

In collaborazione con RSE

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