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Direttiva Efficienza, l’Italia manca la scadenza UE

L'11 ottobre è scaduto il termine ultimo per il recepimento da parte dei Paesi dell'UE delle disposizioni chiave della Direttiva sull'efficienza energetica (UE/2023/1791)

Direttiva Efficienza, l’Italia manca la scadenza UE

Nulla da fare (al momento) per il recepimento della Direttiva sull’efficienza energetica europea. L’Italia ha mancato la scadenza fissata dalla normativa l’11 ottobre 2025 e potrebbe ora meritarsi una nuova tirata d’orecchie da Bruxelles.

Direttiva Efficienza Energetica 2023, i punti chiave

Il provvedimento in questione, la Direttiva UE/2023/1791, ha rivisto molte delle norme in materia di efficienza e risparmio energetico del Blocco definendo un ambizioso e obbligatorio obiettivo a livello comunitario: ridurre complessivamente il consumo finale di energia dell’11,7% entro il 2030 rispetto alle proiezioni dello scenario di riferimento UE 2020. Proiezioni secondo le quali nel 2030 il consumo di energia primaria sarà di 1.124 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) e il consumo di energia finale di 864 Mtep.

Ciò si traduce in un obiettivo indicativo di consumo di energia primaria di 992,5 Mtep e in un obiettivo vincolante di consumo di energia finale di 763 Mtep a livello dell’Unione entro la fine del decennio.

Il principio dell’Energy Efficiency First

Come raggiungere il target? Seguendo il principio dell’Energy Efficiency First, soprattutto nel settore pubblico a cui è riconosciuto un ruolo guida in materia. Nel dettaglio, la PA dovrà dare il buon esempio impegnandosi a tagliare i propri consumi finali dell’1,9% l’anno (rispetto ai livelli del 2021) e ristrutturando almeno il 3% degli edifici pubblici con la stessa cadenza.

La direttiva sull’Efficienza Energetica, anche nota come EDD dall’acronimo inglese, chiede anche di rafforzare i requisiti per la cogenerazione ad alto rendimento e il teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti. In che modo? Ad esempio, aggiungendo requisiti di pianificazione che impongono ai gestori di tali sistemi con una potenza maggiore di 5 MW, di disporre di un piano di efficientamento.

Viene anche introdotto l’obbligo per gli Stati membri di garantire che i data center con potenza totale assorbita nominale superiore a 1 MW utilizzino il calore di scarto o altre applicazioni di recupero di tale calore.

E ancora. Il provvedimento tende una mano ai cittadini europei sia chiedendo l’istituzione di “sportelli unici” che forniscano consulenza gratuita, orientamento e supporto pratico per le ristrutturazioni energetiche, sia dando priorità al sostegno a coloro che si trovano in una situazione vulnerabile, assicurando che una quota dedicata di risparmi energetici annuali provenga da azioni mirate alle famiglie in povertà energetica e agli alloggi sociali.

Il recepimento italiano della Direttiva Efficienza Energetica

Sul fronte del recepimento italiano, però, l’iter è andato per le lunghe. Tramite la Legge di delegazione europea 2024 (Legge n. 91/2025) il Parlamento aveva autorizzato il Governo a legiferare in materia, così come su un’altra grande direttiva in materia energetica: la RED III. Ma mentre il Decreto legislativo di quest’ultima è stato approvato in prima lettura durante l’ultimo Consiglio dei Ministri, la EDD è stata lasciata fuori.

Non è la prima volta che il Belpaese è in ritardo e soprattutto è sempre in buona compagnia. Ma quali sono le cause? Lo ha spiegato Enrico Bonacci, membro della segreteria tecnica del dipartimento Energia del MASE in occasione del convegno “Quali azioni per il rilancio dell’efficienza energetica?” del Coordinamento Free. “Nel recepimento della direttiva EED, l’esecutivo ha valutato di volere un po’ più di tempo per analizzare i contenuti“, ha commentato Bonacci ricordando la complessità della materia.

“L’efficienza comporta sforzi e difficoltà diversi, molteplici e multisettoriali. Non bastano le tecnologie, serve l’iniziativa, serve la conoscenza, servono le competenze tecniche”, così come “politiche di incentivo e regolatorie”.

C’è bisogno in altre parole di un approccio olistico che tenga conto di tutti i fattori in gioco, usando come bussola gli obiettivi che la nazione si è data per il 2030. Il riferimento ovviamente è al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.

Il gap tra obiettivi UE e target italiani

“A livello nazionale ci troviamo in momento topico perché nel PNIEC 2024 abbiamo fatto uno sforzo importante in termini di efficienza energetica. Malgrado ciò per essere realisti abbiamo ritenuto di non riuscire, con le misure inserite, a raggiungere quelli che sono gli obiettivi auspicati dall’Unione Europea”. 

Il gap tra richieste comunitarie e sforzi nazionali non è di poco conto. In termini di consumo di energia primaria, l’Italia prevede di abbassare la domanda a 123,3 Mtep entro il 2030 dai 134,82 Mtep del 2023, mentre la direttiva europea indica 111,18 Mtep nello scenario di riferimento aggiornato.

Anche il contributo al consumo energetico finale dell’Italia pari a 101,70 Mtep risulta non in linea con il contributo nazionale di 93,05 Mtep fissato della Commissione UE.

“Lo sforzo che abbiamo messo in campo è comunque importante e ora stiamo cercando di tradurlo in fatti con il recepimento del pacchetto Fit-for-55. Abbiamo il decreto sullo sviluppo delle rinnovabili di recepimento della RED III passato in Consiglio dei Ministri e in cui vi sono molti aspetti connessi all’efficienza energetica al miglioramento delle prestazioni degli edifici, una delle nostre maggiori preoccupazioni”, ha sottolineato Bonacci.

Il decreto Efficienza energetica nazionale

Sul recepimento della direttiva EED, però, il lavoro è ancora lungo. “Cerchiamo di sfruttare, sia noi che voi operatori, questo rallentamento come un’opportunità. Nel testo ci sono iniziative rilevanti rispetto al passato. Per esempio, la creazione di un nuovo Fondo Nazionale […] che si propone di raccogliere le risorse per finanziare tutte le line o quasi di efficienza energetica che proponiamo, e che in alcuni casi sono state molto potenziate. A partire dal settore della pubblica amministrazione, dove abbiamo un target che si decuplica con l’ingresso della PA locale. Abbiamo risorse molto limitate e cerchiamo di sfruttarle al meglio”. 

O ancora: “c’è l’evoluzione della materia delle diagnosi energetiche obbligatorie. Come sapete si passerà da un obbligo basato sulla grandezza dell’impresa ad uno basato sul consumo della stessa, quindi più aderente alla necessità. E c’è il passaggio dalla semplice diagnosi energetica ai sistemi di gestione dell’energia“.

“Stiamo evolvendo e su alcune cose siamo già abbastanza avanti rispetto alle politiche europee. Quindi questo rallentamento può essere un’opportunità per voi e per noi per migliorare ancora di più il testo”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori seguendo l'evoluzione dei primi sistemi incentivanti italiani e internazionali e intervistando i pionieri del settore, da Bertrand Piccard a Michael Gratzel. Nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili, le rassegne regionali e le newsletter tecniche. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa della copertura quotidiana delle novità normative sulle fonti rinnovabili, delle politiche energetiche nazionali, europee ed asiatiche, e dei grandi temi connessi all'innovazione e al mercato. Segue da vicino i brevetti e le ricerche scientifiche sulle tecnologie, con un focus su sistemi di accumulo, fotovoltaico, eolico e geotermia. Ha pubblicato articoli legati all'hi-tech e alle rinnovabili su Repubblica.it. Dal 2025 è Vice Direttrice della testata.