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Come produrre idrogeno gassoso con acqua di mare, alluminio e caffeina

Sviluppato un metodo rapido e sostenibile per generare idrogeno che risulta economicamente competitivo con l'attuale produzione tramite elettrolisi

Come produrre idrogeno gassoso con acqua di mare, alluminio e caffeina
Immagine creata con IA

Un nuovo approccio per l’idrogeno a basse emissioni

Potrebbero bastare acqua di mare, qualche fondo di caffè e vecchie lattine in alluminio per produrre idrogeno gassoso in maniera veloce e soprattutto sostenibile. Lo ha scoperto nel 2024 un gruppo di ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT), negli Stati Uniti, confermando in questi giorni il basso impatto ambientale del nuovo metodo.

In uno studio su Cell Reports Sustainability, i ricercatori hanno pubblicato la prima valutazione del ciclo di vita, mostrando come la generazione accelerata di idrogeno da alluminio e acqua di mare vanti minori emissioni di quella tradizionale. Per la precisione per chilogrammo di H2 generato l’approccio del MIT  rilascerebbe 1,45 kg di anidride carbonica durante il suo intero ciclo di vita, contro gli 11 kg dei processi a base fossile.

 Ma per comprendere a pieno i vantaggi e le sfide della tecnologia è necessario partire dall’inizio.

Produrre idrogeno gassoso da alluminio ed acqua

Studi passati hanno scoperto che la reazione alluminio-acqua genera idrogeno e calore, a patto di riuscire ad attivare meccanochimicamente il metallo. Si tratta di un passaggio fondamentale. 

Immergere una vecchia lattina in acqua, infatti, non provoca alcuna reazione chimica significativa. Questo perché, normalmente quando l’alluminio entra in contatto con l’ossigeno, forma un strato di ossido sulla sua superficie che funge da scudo protettivo. Senza questo strato, il metallo esisterebbe nella sua forma pura e potrebbe reagire facilmente se miscelato con acqua, producendo ossido di alluminio e idrogeno puro.

Per innescare la reazione alluminio-acqua diventa quindi necessario interrompere lo strato di ossido. Come? Attraverso un processo chiamato attivazione. È stato dimostrato che impiegando una miscela di leghe metalliche a basso punto di fusione – come gallio e indio – è possibile “fragilizzare” la massa di alluminio e consentire all’acqua di penetrare attraverso lo strato di ossido.

Tuttavia pretrattate l’alluminio con una lega di metalli rari è un passaggio costoso ed economicamente insostenibile per una produzione su scala commerciale. È qui che entra in gioco la ricerca del MIT. Nel 2024 Aly Kombargi, dottorando presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, e alcuni colleghi hanno deciso di portare questo processo in mare.

Gli ioni presenti nell’acqua salata possono, infatti, attrarre e recuperare la lega, permettendone il riutilizzo in cicli successivi.

Non solo. Per velocizzare il processo (meno di 10 minuti), il team ha aggiunto l’imidazolo, un principio attivo della caffeina la cui struttura molecolare perfora l’alluminio (permettendo al materiale di continuare a reagire con l’acqua) ma lascia intatto lo scudo ionico del gallio-indio.

Quanto idrogeno si può ottenere in questo modo? Altri studi di settore hanno stimato che un 1 grammo di pellet di alluminio pretrattato genererebbe 1,3 litri di idrogeno in soli cinque minuti.

L’impatto ambientale dell’idrogeno da alluminio

Una volta confermata la fattibilità del processo, i ricercatori si sono chiesti se il metodo potesse essere applicato su scala industriale e a quale costo per il clima.

Ecco perché il gruppo ha calcolato le emissioni di carbonio associate all’acquisizione e alla lavorazione dell’alluminio, alla sua reazione con l’acqua di mare per produrre idrogeno gassoso e al trasporto del carburante alle stazioni di servizio.

Hanno scoperto che, durante l’intero ciclo di vita, il nuovo processo genererebbe appena 1,45 kg di CO2 equivalente per kg di H2. Un valore di emissioni paragonabile a quello di altri processi produttivi più sostenibili (es. elettrolisi).

Inoltre hanno calcolato che il costo del carburante così prodotto si aggirerebbe attorno ai 9 dollari al chilogrammo, paragonabile al prezzo dell’idrogeno verde. Ma con la possibilità di ridurre ulteriormente il costo. L’intero processo produce, infatti, come sottoprodotto la boemite, un minerale utilizzato nella fabbricazione di semiconduttori, componenti elettronici e numerosi prodotti industriali. Riuscendo a recuperare la boemite e rivendendola, la spesa iniziale si abbasserebbe.

Leggi l’articolo Life-cycle assessment and cost analysis of hydrogen production via aluminum-seawater reactions su Cell Reports Sustainability (2025).

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.