Si ammorbidisce la riforma dei beni culturali immaginata dal ddl a firma della Lega. Se da un lato si riduce il perimetro del silenzio assenso, dall’altro sono confermate alcune limitazioni ai poteri della Soprintendenza

Il testo della delega al Governo per la riforma del codice dei Beni culturali è al momento all’esame della Commissione 7° del Senato
Il disegno di legge, originariamente proposto dalla Lega come una vera e propria riforma dei Beni culturali per ridurre i poteri delle Soprintendenze, è stato ammorbidito. Attualmente è all’esame della Commissione Ambiente del Senato ma, a seguito delle numerose audizioni degli scorsi giorni, dalle quali è emerso un diffuso scetticismo, il testo è stato modificato adottando un approccio più cauto e meno drastico. Permangono tuttavia alcuni punti che semplificano notevolmente le competenze della Soprintendenza.
Un passo indietro sulla riforma: come cambia silenzio assenso
Il disegno di legge recante “Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica” perde la connotazione di riforma dei Beni culturali, che non subisce più modifiche dirette.
Il testo nella sua prima versione limitava i poteri della Soprintendenza attribuendo maggiore autonomia ai Comuni, in particolare per gli interventi considerati di minore impatto.
Uno dei punti cardine del testo originario prevedeva l’introduzione del silenzio assenso in diverse circostanze: se trascorsi 45 giorni dalla richiesta di parere, la Soprintendenza non si fosse espressa, i Comuni avrebbero potuto procedere autonomamente con l’autorizzazione paesaggistica. Nel corso del dibattito parlamentare, diversi Senatori hanno manifestato perplessità sul rischio di eccessive semplificazioni, richiamando il ruolo imprescindibile delle Soprintendenze, soprattutto nei contesti municipali privi di competenze tecniche interne.
Le audizioni nelle Commissioni Ambiente e Cultura del Senato hanno ulteriormente rafforzato queste posizioni: molti dei soggetti ascoltati hanno infatti evidenziato come l’introduzione del silenzio assenso in materia paesaggistica sia in evidente contrasto con la normativa vigente, in particolare con la legge 241/1990, che ne esclude esplicitamente l’applicabilità ai procedimenti relativi alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico.
Il silenzio assenso non è più inserito in modo esplicito, ma viene solo richiamato tra le materie che il Governo sarà chiamato a trattare, in considerazione della delega, nell’ambito di un futuro decreto legislativo.
Autorizzazione paesaggistica: il Senato conferma le limitazioni
Nonostante il passo indietro su alcuni punti controversi di quella che fino a pochi mesi fa era stata dipinta come una “riforma dei Beni culturali”, resta confermata l’impostazione generale di semplificazione in materia di autorizzazioni paesaggistiche. Il nuovo testo prevede una serie di misure volte a razionalizzare e rendere più efficienti i procedimenti autorizzativi.
Tra i principali interventi:
- Esclusione del parere delle Soprintendenze per gli interventi di lieve entità, così come individuati nell’Allegato B del D.P.R. 31/2017. In questi casi, la competenza viene affidata esclusivamente agli enti territoriali, previa verifica di conformità con gli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico.
- Attribuzione del parere alla Direzione generale del Ministero della Cultura per le autorizzazioni paesaggistiche relative a infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale, in base all’articolo 39 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs 36/2023).
- Introduzione di una disciplina semplificata per interventi urgenti legati alla prevenzione del rischio idrogeologico, alla sicurezza del patrimonio culturale e al ripristino delle infrastrutture danneggiate da calamità naturali.
- Semplificazione delle procedure per attività stagionali o ripetitive, quando non si registrano variazioni rispetto all’autorizzazione precedentemente rilasciata.
- Rafforzamento del ruolo degli Sportelli Unici per l’edilizia (SUAPE), che dovranno garantire, senza nuovi oneri per la finanza pubblica, maggiore uniformità e digitalizzazione nelle pratiche paesaggistiche e urbanistiche.