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Eco-turismo e smart city vincono il concorso

E lo studio tedesco SBA ad aggiudicarsi il primo premio per la realizzazione del quartiere cinese sostenibile

Nel 2005 il governo cinese ha stabilito di ridurre entro il 2010 i consumi di energia per unità di P.I.L. del 20%, investendo ben 300 miliardi di euro a favore di un approccio più “green” alle risorse. Grazie ad un piano ben studiato, oggi questo obbiettivo è stato raggiunto. Inoltre, da qui al 2015 il “Chinese Climate Protection Program”, il piano quinquennale della Repubblica Popolare, prevede una riduzione ulteriore delle emissioni di biossido di carbonio, affidando la produzione maggiore di energia alle fonti rinnovabili.

Il raggiungimento di obiettivi così ambiziosi è stato possibile anche grazie all’aiuto di numerosi team di progettazione nazionali e non, che hanno saputo reinterpretare il territorio e le sue risorse. Tra questi sicuramente spicca lo studio tedesco SBA design, aggiudicatosi il primo premio per il progetto del master plan della “Future city” cinese, la prima città rinnovabile.

L’area scelta per il progetto copre una superficie di 42,8 chilometri quadrati e si identifica nella turistica isola di Hainan, tradizionalmente conosciuta per le sue numerose saline.

Purtroppo questa regione è da tempo oggetto delle più devastanti speculazioni edilizie, che oltre a danneggiare il contesto naturale, stanno seriamente mettendo alla prova l’economia locale. Di conseguenza, la possibilità di realizzare concretamente il progetto vincitore del concorso porrebbe delle basi alla pianificazione, fino ad oggi, sregolata di questa regione.

Le linee guida emanate dagli architetti, prevedono la creazione di una città autosufficiente dal punto di vista energetico, in cui la distribuzione dell’energia pulita avvenga in accordo alla domanda del singolo cittadino, generando una consapevolezza ecologica di gruppo che permetterebbe il rigenerarsi autonomo della città. Pur ritrovando in questa proposta molte delle idee ispiratrici della pioniera città di Masdar city, negli Emirati Arabi, la differenza tra questi due modelli rimane comunque notevole. Dimensioni e contesto sono un primo elemento di distacco: mentre Masdar sorge nel deserto, la città di Hainan è un’isola del Mar cinese meridionale; inoltre il modello edilizio promosso dagli Emirati Arabi è ispirato alla grande metropoli, con alti grattacieli e numerosi centri d’affari, completamente distinto dalla città giardino che proporrebbe Hainan.

Il masterplan cinese si orienta in direzione di una città con pochi edifici, ma ad alta densità, in grado di liberare terreno per parchi, aree verdi e canali.

Sfruttando il disegno delle saline, gli architetti prevedono la possibilità di precludere gli spazi abitati alle automobili, assicurando i collegamenti interni mediante piste ciclabili, percorsi pedonali e l’efficace sistema di trasporto pubblico PRT (Personal Rapid Transport) a connessione dei diversi distretti.

Per assicurare il futuro della città anche a seguito dell’eventuale richiesta di urbanizzazione delle aree limitrofe, i progettisti hanno concepito la città suddivisa in nove distinti distretti. Ciascun distretto avrà caratteristiche e funzioni indipendenti, come l’eco-turismo o l’industria ecologica, consentendo lo svolgersi delle attività quotidiane (lavorare, studiare, svagarsi) al pari delle attività energetiche e di sviluppo. La città di Hainen non sarà dunque prettamente residenziale, ma tenterà di portare avanti i criteri ecologici anche in campo industriale o finanziario.

Ma la componente più importante della Future city, la ritroviamo nel sistema di produzione dell’energia. In questa regione, infatti, si calcolano in medi ben 300 giorni di sole l’anno, che corrisponderebbero ad una potenziale energetico di 1861 kWh/mq.

Oltre all’energia solare la città sarà in grado di sfruttare l’energia eolica e la biomassa, riciclando l’acqua piovana e le risorse idriche precedentemente immesse nel sistema. Oltre a porsi come modello per le altre città cinesi in materia di produzione energetica, Hainen porterebbe avanti una politica ecologica di eco-turismo, essendo già oggi meta di numerosi visitatori per le sue ricchezze naturali.

Il panorama che verrebbe a crearsi è quello di una città compatta, una “smart city”, dove il paesaggio rurale entra nel contesto urbano, un organismo in grado di rigenerarsi autonomamente tramite le risorse naturali, assicurando ai suoi abitanti un’ottima qualità di vita. Questo progetto entra quindi a far parte del piano, si spera, ben congegnato del Governo di Pechino per risollevare una situazione insostenibile venutasi a creare ultimi decenni nelle metropoli cinesi, tentando di ridurre consumi ed inquinamento ormai arrivati a livelli altissimi.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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