Il prezzo del gas torna ai massimi da aprile, sospinto dalle tensioni tra Iran e Israele. L’Europa teme ripercussioni sul traffico energetico nello Stretto di Hormuz.

L’inasprirsi del conflitto tra Israele e Iran sta influenzando in modo diretto l’andamento del prezzo del gas sui mercati europei. A farne le spese è il TTF, il principale indice di riferimento continentale, che ha raggiunto quota 42,44 euro al megawattora, il livello più alto da inizio aprile, prima di assestarsi intorno ai 41,53 euro.
In parallelo, in Italia, il Gestore dei Mercati Energetici ha rilevato per il 23 giugno un IGI (Italian Gas Index) pari a 43,61 €/MWh, in rialzo rispetto ai 42,31 €/MWh del giorno precedente. Il divario tra il valore italiano e quello olandese segnala una maggiore vulnerabilità del mercato nazionale, che sconta l’assenza di forniture russe e una dipendenza più marcata dal GNL importato. I rincari registrati in questi giorni sono l’effetto diretto di un clima geopolitico instabile e della paura che l’area del Golfo possa trasformarsi in una zona ad alto rischio per i flussi energetici.
Stretto di Hormuz sotto osservazione
Il timore di una possibile chiusura dello Stretto di Hormuz, paventata da Teheran, è il nodo centrale di questa nuova fiammata del prezzo del gas. Da questo passaggio strategico transitano ogni giorno oltre 20 milioni di barili di petrolio e una quota significativa di GNL, pari al 20% del commercio globale. Il Qatar, tra i principali esportatori al mondo, dipende quasi interamente da questa rotta. Il vicepresidente americano JD Vance ha definito l’eventuale blocco “una mossa suicida per l’Iran”, poiché l’economia del Paese transita anch’essa da Hormuz.
Anche Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ridimensiona i timori ricordando che “da decenni si parla di chiusure, ma non è mai successo”. Tuttavia, le conseguenze di un’interruzione sarebbero enormi: il petrolio potrebbe superare i 200 dollari al barile secondo Tabarelli, mentre JP Morgan stima un range tra i 120 e i 170 dollari. Il gas, intanto, potrebbe salire “a 45-50 €/MWh già nei prossimi giorni”, sempre secondo Nomisma, in uno scenario che resta fortemente influenzato dall’emotività dei mercati.
Prezzo del gas in crescita, ma le forniture restano stabili
Per ora, nonostante le minacce, non si registrano tagli o blocchi effettivi. La produzione resta regolare e le navi continuano a transitare senza ostacoli. Tuttavia, il solo rischio di un’escalation militare è sufficiente a far aumentare il prezzo del gas, in un contesto in cui la sicurezza degli approvvigionamenti è già precaria. Il petrolio Brent resta sotto i 78 dollari, mentre il WTI si attesta a 73,68 dollari, ma i mercati stanno già scontando il potenziale impatto di una crisi prolungata.
Gli analisti osservano che siamo saliti di 10 dollari al barile dall’inizio della guerra, a conferma di come le aspettative contino quanto i fatti. Il mercato europeo del gas, privo di margini di flessibilità, è particolarmente reattivo. I volumi di opzioni in aumento e la curva dei future in tensione indicano una forte preoccupazione per le prossime settimane. In mancanza di segnali di distensione, il prezzo del gas potrebbe restare elevato, con effetti a catena su inflazione, costi industriali e bollette.