Innovazione nel settore trasporti: 2,3 mld alla ricerca low emissions

Il nuovo rapporto pubblicato di recente dal Centro comune di ricerca della Commissione europea analizza la ricerca e l’innovazione nel campo trasporti a basse emissioni

Innovazione nel settore trasporti
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Tra il 2007 e il 2020, in Europa, sono stati investiti circa 2,3 miliardi di euro in ricerca e innovazione nel settore trasporti “a basse emissioni”. O più precisamente in fonti d’alimentazione alterative ai combustibili tradizionali con cui abbassare l’impronta di carbonio dal serbatoio alla ruota (il cosiddetto tank-to-wheel). A far chiarezza su fondi e tecnologie è il Centro comune di ricerca della Commissione europea in un nuovo rapporto dedicato.

Il documento si focalizza su gruppo di progetti finanziati dall’UE e selezionati tramite TRIMIS. Di cosa si tratta? Della piattaforma comunitaria che monitora l’implementazione e l’efficacia del piano di azione della Strategic Transport Research and Innovation Agenda (STRIA). Nel dettaglio, TRIMIS analizza le tendenze tecnologiche, le capacità di ricerca e innovazione e gli sviluppi nel settore dei trasporti europei, fornendo informazioni accessibili a tutti.

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Tra le tecnologie studiate con il più alto livello di investimenti il primo posto va alle stazioni di rifornimento di gas naturale liquefatto (GNL) con 25 progetti dal 2007 al 2020. Seguono i biocarburanti per il trasporto su strada (31 progetti) e dai carburanti alternativi per l’aviazione (10 progetti). La quota maggiore di iniziative rientra invece in tema idrogeno con 67 progetti per un valore totale di 1,2 miliardi di euro. Seguono i combustibili a base di metano (es. Gas naturale compresso e GNL) con un toltale di 60 iniziative di ricerca per 944 milioni di euro. Chiudono il quadro: alcoli, esteri ed eteri (31 progetti e 241 milioni di euro in totale) e i combustibili sintetici paraffinici e aromatici (35 progetti e 305 milioni di euro).

“I combustibili con il più alto potenziale economico  – scrive il Centro nel suo rapporto – sono già presenti sul mercato (es. carburanti a metano e GPL), ma hanno un vantaggio ambientale complessivo limitato rispetto ai combustibili convenzionali (benzina e gasolio). D’altro canto, i combustibili rinnovabili con un maggiore potenziale di decarbonizzazione non sono disponibili in quantità sufficienti (ad es. biocarburanti convenzionali a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso. Oppure non sono ancora commercialmente redditizi (ad es. biocarburanti avanzati, idrogeno e combustibili paraffinici sintetici), e non c’è abbastanza infrastruttura per la loro diffusione in tutta Europa”.

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