La rivoluzione della mobilità elettrica: i territori protagonisti a FuturEmobility

Il punto sulle infrastrutture di ricarica e le prospettive di sviluppo della rete elettrica in Italia di fronte al prossimo boom della mobilità elettrica. Il secondo panel di FuturEmobility, il 1° forum sulla mobilità sostenibile organizzato da Rinnovabili.it, dà la parola ai territori

Mobilità elettrica: a FuturEmobility la sfida della transizione parte dal territorio

V2G, battery swap e una nuova idea di città al centro del 2° appuntamento di FuturEmobility

(Rinnovabili.it) – Come si sta preparando alla sfida della mobilità elettrica il paese delle 100 città e dei 1000 campanili? Com’è fatta la transizione verso un modo differente di intendere la mobilità, urbana ed extraurbana, dal punto di vista dei territori? È su questo tema che oggi, 25 gennaio, si è concentrato il secondo panel di FuturEmobility, il 1° forum sulla mobilità sostenibile organizzato da Rinnovabili.it in collaborazione con Symbola, Earth Day Italia, WWF e Cluster BIG e con il patrocinio di MIMS, RSE ed ASVIS.

Costruire una città diversa

Rispondere a queste domande significa rimettere in discussione le fondamenta stesse del modo in cui abbiamo abitato (e concepito) lo spazio perlomeno negli ultimi secoli. Oggi la città è monocentrica, settorializzata, perché è stata concepita per scopi diversi da quelli odierni, mentre “servono città basate su un sistema policentrico, introduce Francesco Miceli, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC). Abbiamo bisogno di “ambiti urbani autosufficienti, dotati di tutti i servizi di prossimità”, perché il modello da perseguire è quello in cui possiamo “lavorare e vivere in luoghi non lontani tra loro”. Riducendo gli spostamenti (e le emissioni), ma anche migliorando la qualità della vita. Un obiettivo possibile, a patto di sapere dove si vuole andare, avverte Miceli. “Il paradosso di oggi è che abbiamo le risorse ma non abbiamo strategie e programmi. Mi piacerebbe sapere quanti dei 60 mld del PNRR destinati a Comuni grandi e piccoli saranno destinati a costruire una città diversa.

Ma i territori sono protagonisti attivi in questa transizione, non solo destinatari passivi di fondi UE. Le grandi città “hanno la responsabilità di sviluppare modelli che aiutino a riprodurre ciò che funziona e ad eliminare ciò che non funziona”, puntualizza Arianna Censi del coordinamento assessori alla mobilità di ANCI e assessora alla mobilità del Comune di Milano. Agire sullo spazio urbano significa plasmare anche un cambiamento culturale. Come? Ad esempio “trasformando le carreggiate per dare spazio a tutti i protagonisti della strada: auto, tpl, ciclisti, pedoni”, prosegue, possibilmente con strumenti che integrino diverse dimensioni come “il Piano Aria Clima di Milano, che coniuga clima, salute, mobilità”.

Il nodo infrastrutture

Stando al PNIEC – che è in fase di revisione per adeguarsi ai nuovi target europei sulle emissioni – al 2030 la previsione è di avere 6 milioni di auto elettriche sulle strade del Belpaese. Numeri che “portano conseguenze sulle infrastrutture energetiche”, ragiona l’ad di RSE Maurizio Delfanti, “per quanto siano cifre compatibili e coerenti con gli obiettivi e le traiettorie previste a livello di sistema energetico”. Sei milioni di auto elettriche, infatti, “consumano 12-14 Twh, circa il 4-5% del consumo nazionale”. La sfida principale, per chi come RSE supporta il decisore politico con l’elaborazione di scenari, è avere sempre una fotografia aggiornata e dettagliata della rete di ricarica. Per questo “è in fase di sviluppo la PUN, la piattaforma unica nazionale che raccoglie dati da tutta l’infrastruttura” e permette di pianificare al meglio il suo sviluppo.

Un altro punto su cui serve mantenere puntata l’attenzione è quello della potenza della rete. Se l’infrastruttura di ricarica non è ottimizzata, rischiamo di trovarci davanti a “uno tsunami del sistema elettrico”, come lo definisce Luca Marchisio, direttore Strategia di Sistema Terna, dal palco virtuale di FuturEmobility nel panel moderato dal giornalista del Tg1 Marco Frittella. Qui la pianificazione della rete incrocia il cambiamento delle abitudini e del modo di pensare che sarà necessario nella rivoluzione della mobilità elettrica. Immaginate questo scenario: milioni di italiani tornano a casa verso le 19, proprio mentre il sole sta tramontando e il fotovoltaico smette di produrre, e mettono tutti in ricarica la propria auto elettrica in una fascia oraria dove i consumi elettrici domestici salgono. “Servono comportamenti coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione”, specifica Marchisio, “come un’infrastruttura che permetta la ricarica nelle ore centrali della giornata quando c’è il picco di offerta del fotovoltaico”. Fermo restando che è altrettanto importante lo sviluppo di tecnologie di ricarica intelligente (V1G), che evita stress alla rete, e di vehicle-to-grid bidirezionale (V2G), che permette di impiegare le auto come punti di stoccaggio. “Un vantaggio enorme per il cittadino: cedere energia alla rete tramite la propria auto arriva quasi a compensare i costi sostenuti per la ricarica”, aggiunge Marchisio.

Due aspetti centrali anche nella visione di Enel, uno degli attori più impegnati nella sperimentazione di soluzioni per l’infrastruttura di ricarica. “La Sardegna sarà una delle prime regioni dove investiremo per un’infrastruttura V2G su suolo pubblico”, ricorda Federico Caleno, Country Manager Enel Global Mobility. Ma la sperimentazione, e ancor più la diffusione su larga scala di colonnine di ricarica (la rete Enel ne conta 14mila in Italia), incontra troppi ostacoli. Per Enel bisogna accelerare i processi autorizzativi, abbiamo situazioni dove le colonnine sono installate ma gli allacci alla rete non sono ancora autorizzati. Un dispendio di investimenti e un mancato servizio per gli utenti”.

Preoccupazione condivisa da Valerio Marra, presidente di Acea Innovation: nell’ottenere le autorizzazioni “non impieghiamo meno di 3 mesi e spesso andiamo oltre i 6 mesi”. Un nodo cruciale, questo, visto che “solo se c’è un’infrastruttura consistente si permette al mercato elettrico di svilupparsi”. D’altronde, la disparità dei tempi autorizzativi genera un rischio concreto: “creare una copertura a macchia di leopardo con concentrazioni in aree urbane e meno colonnine in aree meno interessanti dal punto di vista del ritorno degli investimenti”. Differente la visione di un attore energetico come Eni, che punta a riconvertire le tradizionali stazioni di rifornimento in hub della mobilità dove la ricarica elettrica affianca i distributori di idrogeno e le pompe di biocarburanti. “Entro il 2025 puntiamo a 1.000 stazioni dotate di colonnine elettriche fast e ultra-fast”. Spiega Giovanni Maffei, responsabile commerciale Eni Green/Traditional Refining & Marketing. Ma il colosso di San Donato Milanese è attivo anche nella mobilità elettrica e si muove lungo la frontiera del battery swapping, il cambio del pacco batteria per EV che promette tempi sui 5 minuti. “Entro marzo partiremo a Torino con 100 auto e il cambio batteria disponibile in 10 nostre stazioni, poi espanderemo il servizio a Bologna, Milano e Firenze”.

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